Gentrificazione responsabile

L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Mark Up n. 269)

Quando parliamo di responsabilità d’impresa, non possiamo dimenticare il territorio e, con esso, le molteplici possibilità di influenza che il mondo delle imprese può esprimere. In Italia si parla ancora poco di gentrificazione ... Intanto, che cos’è? Quando la distanza tra il valore reale di spazi, terreni o edifici è molto lontano dal suo potenziale e questo “rent gap” attira investimenti importanti e trasferimento di residenti più abbienti di quelli che vivono nell’area, possiamo parlare di processo di gentrificazione. Un fenomeno in cui il retail può essere un grande protagonista senza gli eccessi che negli Stati Uniti hanno dato al termine un fenomeno negativo, con affitti triplicati in pochi anni, sfratti massivi e chiusura dei piccoli negozi di vicinato a favore di boutique, gallerie d’arte e negozi gourmet lontani dalle tasche degli abitanti originari.

In Italia, la gentrificazione, invece, sembra avere valenze positive. Milano certamente è un ottimo esempio; basti pensare al complesso di Citylife, dove il connubio residenze, uffici e retail ha dato vita a un nuovo centro, o come l’area di Gae Aulenti, che ha dato al quartiere Isola limitrofo nuovo ossigeno (oltre ad una migliore accessibilità con l’arrivo del passante prima e della metro dopo). In particolare, il food retail può giocare un grande ruolo in tutto questo perché fortemente interconnesso con il mercato immobiliare. Uno studio negli Stati Uniti ha rilevato che un supermarket con servizi come macellaio, panetteria e fiorista genera maggiori introiti della media (fino al 17,5%). Questa tendenza, chiamata “Whole Foods Effect”, contribuisce alla gentrificazione. Un altro studio, del sito web immobiliare Zillow, ha rilevato che la casa tipica vicino a Whole Foods o Trader Joe vale il doppio rispetto alla media di una casa Usa.

Ma come “fare la cosa giusta” in un processo di gentrificazione? In sintesi potremmo dire: cavalcare i trend in atto con una logica “inclusiva”, operazione possibile se aziende e istituzioni collaborano. Ecco qualche esempio.

Foodies. Aprire negozi con un feeling locale e una scala prezzi che non escluda gli abitanti. Insomma, foodies sì ma con misura.

Localismo. Quando si apre un punto di vendita gourmet sarebbe opportuno includere i vendor della zona, “adottando” il panettiere locale o il macellaio.

Ricreare autenticità. Il mix di offerta retail deve dare spazio e nuovo significato ai vendor “caratteristici”, favorendo la loro presenza anche grazie ad affitti calmierati per i negozi storici o artigianali.

Spazi comunitari. Giardini e orti non possono esser spazzati via per costruire a tutti i costi, anzi devono essere valorizzati come parte della “gestione caratteristica” del quartiere.

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