5 regole per vendere di più con il visual merchandising

Le informazioni che elaboriamo sono all’83% visive, per questo l’ottimizzazione estetico-narrativa in store è il primo driver su cui fare leva.

L’abito fa, almeno in gran parte, il monaco, soprattutto quando si tratta di vendita in store. Se si considera che l’83% delle informazioni elaborate dal nostro cervello derivano dalla vista, il valore del visual merchandising nel retail appare immediatamente chiaro.

Ottimizzare ogni centimetro del nostro negozio a livello estetico diventa allora un must per implementare la shopping experience e, parallelamente, dare vita a un format distintivo e riconoscibile. Per riuscire a farlo, oltre al ricorso alla creatività personale, esistono alcuni principi guida fondamentali.

  1. La teoria della luce
    Sono tre le tecniche principali d’illuminazione: primaria, d’accento e ambientale. La prima attiene all’illuminazione generale dello store, la seconda alla messa in mostra di specifiche aree o percorsi, la terza alla creazione dell’atmosfera.
    Una ricerca di Cqm conferma che i clienti in negozio passano più tempo nelle zone dove l’illuminazione è calda e che la spesa media del cliente aumenta dell’1,93% quando si introducono impianti di illuminazione dinamica. Anche in questo caso, inoltre, il contrasto stimola la percezione ed evita l’effetto appiattimento.
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  1. La costruzione dello storytelling
    Esporre i prodotti all’interno di un racconto visivo è molto più efficace del posizionamento didascalico. L’idea può essere quella di usare piccoli o medi raggruppamenti di oggetti contestualizzandoli o presentandoli con abbinamenti inusuali, inserendo elementi di stupore che catturino l’occhio ad un primo sguardo e lo portino a soffermarsi sull’insieme.
    Questo principio vale anche per il commercio elettronico ed è stato ad esempio adottato da Dalani, piattaforma che vende arredamento e design ma che è concepita a livello architettonico come un magazine online.
    storytelling visual
  1. La dinamica dei colori.
    Come riportato da Brain Based Biz, un recente studio rivela che gli shopper effettuano la loro decisione d’acquisto entro 90 secondi dall’interazione con il prodotto e che il 60% della valutazione si basa sul colore.
    Le emozioni associate a determinate tonalità, sempre secondo i dati, tendono ad essere standard, con il blu e il verde che risultano ad esempio calmanti, mentre il rosso e l’arancione appaiono provocatori e adrenalinici.
    L’effetto contrasto è molto efficace per far risaltare un prodotto, ma nel caso delle vetrine, ad esempio, va considerato all’interno del contesto ambientale e degli edifici circostanti, così da evitare l’effetto “stordimento e rumore di fondo”.
    Louis Vuitton vetrina visual merchandising
  2. Il linguaggio dei segnali.
    Gli elementi segnaletici possono essere di tipo direzionale, informativo o promozionale. Utilizzarle come sorta di brand extension o per arricchire il percorso in store può risultare particolarmente efficace, mentre all'esterno sono utili per attirare l’attenzione del consumatore e, negli 8 secondi di attenzione che mediamente vi concede, condurlo in negozio. L’errore più comune è il ricorso a grafiche troppo complesse e di lettura non immediata.
    centauro_concept_store_08
  1. Un ingresso trionfale
    L’analisi effettuata da Russell R. Mueller rileva che le vetrine possono incrementare le vendite del 540% , mentre un ingresso ben valorizzato del 229%. Sembrerà banale, ma se l’allestimento in vetrina è tendenzialmente curato, il punto di accesso stesso è molto meno sfruttato nel suo potenziale di biglietto da visita e “retino per passanti”. Un fattore chiave al riguardo? Aggiornamento e modifiche da apportare tutti i mesi.
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