Oggi a Milano si è presentata al pubblico, per la prima volta dalla sua recentissima costituzione, la Adcc, Associazione direttori centri commerciali, nuovo interlocutore istituzionale (ma senza obiettivi di natura sindacale, come ci tiene a sottolineare Stefano Pessina, presidente di Adcc), che si propone quale interfaccia tra le proprietà, che tendono sempre più a limitare l'autonomia e i budget, massimizzando, invece, la standardizzazione, e i direttori stessi dei centri commerciali, "quelli che devono esercitare moltissime funzioni in una: siamo un po' psicologi, un po' amministratori condominiali, un po' comandanti di vascello, un po' gestori, un po' di tutto", commenta Pessina.
Le proprietà sono sempre più rappresentate da fondi stranieri: "Otto centri commerciali su 10 sono oggi in mano a grandi fondi internazionali -precisa Marco De Vincenzi, Presidente retail di Assoimmobiliare e membro del board del Consiglio nazionale dei centri commerciali-. Considerate che in Italia ci sono 975 centri commerciali, per una superficie complessiva di quasi 16 milioni di mq di Gla: è un'industria che genera 400.000 occupati stabili e un giro d'affari al consumo di 51 miliardi di euro. E in questa industria di tutto rispetto il direttore del centro commerciale è una figura chiave che gestisce un'impresa tutt'altro che piccola per le metriche italiane".
"Il direttore -aggiunge e conferma Pessina- gestisce una macchina da 80-100 milioni di fatturato che diventano 100-150 con l'ipermercato; e stiamo parlando di valori medi".

Anche per questo (ma non solo), i direttori chiedono un maggior riconoscimento della loro figura professionale. Non stiamo parlando soltanto di remunerazioni: né di bonus né di benefit (anche se il tema retribuzioni non è estraneo alle istanze più urgenti), ma del rispetto di criteri basilari sul piano professionale e umano che impediscano di ridurre o far scadere la figura dei direttori a meri passacarte delle proprietà interessate solo ai report in excell.

Da sin. Marco De Vincenzi, Stefano Pessina, Ethel Brezzo

Competenze obbligatorie
Anche se "nel foglio di excell i grandi disastri non entrano", come suona l'apoftegma (che faremo nostro, citandolo) di Stefano Pessina, nessuno nega l'importanza del report; gli è che quella del direttore del centro commerciale è una professione multi-strato, multi-competenza e soprattutto fortemente diversificata in rapporto alle condizioni territoriali complessive della location; e dev'essere così: "ci sono oggi competenze necessarie -conferma Ethel Brezzo, human resources manager di Gallerie commerciali Italia (Gruppo Auchan), ma con una lunghissima esperienza nella formazione all'interno di società di gestione leader come Cogest Retail oggi assorbita da Cushman&Wakefield- e fra queste conoscenze c'è senz'altro l'uso di excell; ma ancor più premianti, oltre che obbligatorie, sono le competenze linguistiche, per non parlare del mondo internet e dei social network in particolare: oggi non esiste al mondo che un direttore di un centro commerciale, di qualunque centro commerciale, non sappia l'inglese e non conosca Facebook o Twitter. La formazione e l'aggiornamento professionale sono alla base di questo mestiere".

Evoluzione della professione
Certo, "times are a-changing" anche per i direttori dei centri commerciali. Un tempo -cioè, fino allo scoppio della grande crisi- "ci si contendeva i direttori dei centri in un gioco al rialzo anche retributivo -racconta Ethel Brezzo-. Con la crisi il ruolo ha subito un ridimensionamento: c'è più offerta che domanda e questo ha portato le proprietà a sfruttare un po' la situazione".
È dunque per questo che le società cercano i giovani? "Perché -come dice Brezzo- sono neolaureati, non di rado dotati di master, e perché sanno le lingue, conoscono internet, e sono, o possono essere, più flessibili? O perché possono pagarli poco, spesso meno delle loro competenze?
Bisogna dire che non tutti i direttori dei centri commerciali sono uguali di fronte al mercato: "Non è la stessa cosa gestire un centro da 200 milioni di euro di fatturato e una piccola galleria da 50 milioni di euro -precisa Marco De Vincenzi- e le situazioni in Italia sono davvero diversificate perché solo il 6% dei centri commerciali è grandissimo, il 18% regionale, il resto piccolo o medio".
La neonata Associazione dei direttori dei centri (compresi i Foc) riconosce la necessità di una visione più flessibile e moderna del direttore, soprattutto dal punto di vista delle capacità relazionali, linguistiche e digitali, ma reclama un maggior rispetto delle specificità territoriali insite nel ruolo di direttore e della location da lui gestita, e quindi di una maggiore autonomia anche di budget. Ritorneremo su questo tema. Perché se è vero che la crisi ha accorciato la coperta, a volte è il diavolo a metterci le forbici....

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