Barbie fa giocare i papà e ci insegna il marketing della realtà

Dopo il lancio nel 2016 delle nuove bambole con silohuettes non più stereotipanti il brand prosegue nell'estensione della propria identità verso orizzonti inclusivi. Riuscirà la pubblicità, un giorno, a colmare questo eterno gap?

BarbieAmmettiamolo. Non dovrebbe essere un fatto innovativo, agli esordi del 2017, che in una pubblicità dei padri giochino con le loro figlie "alle Barbie". Insomma, l'immagine dell'uomo "che non deve chiedere mai", completamente mancante di autoironia e fermamente impegnato a difendere la propria virilità, ormai risulta convincente davvero di rado.

BarbieEppure, il nuovo spot statunitense di Barbie rappresenta un passo avanti sia nell'evoluzione del brand, sia in termini di marketing a livello più ampio. Questo, naturalmente, perché l'advertising, non ci stancheremo mai di ripeterlo, fatica a tenere il passo con i cambiamenti sociali e di ruolo all'interno dei nuclei familiari, in Italia ancor più che altrove.

Vittima di rappresentazioni stereotipanti e conservatrici sono tanto le donne quanto gli uomini, il target senior (un approfondimento in proposito qui) quanto quello giovane. Così, la scelta di Barbie di lanciare su You Tube un video dove sono i papà a intrattenere le loro bambine, facendo muovere e parlare i giocattoli con vocine pittoresche, risulta nel suo piccolo significativa. E si badi che non parliamo di uomini effeminati e con l'aria rassegnata all'ingrato compito.

Dopo il lancio a inizio 2016 delle prime bambole con silouhettes non convenzionali (basse, rotondette, multietniche...), il marchio prosegue così all'insegna di un marketing sempre più inclusivo e agganciato a dinamiche della realtà. Del resto, se le donne, come già approfondito qui, stanno diventando il target di riferimento dei tradizionali comparti maschili, ha senso coinvolgere l'uomo nell'acquisto di categorie merceologiche di obsoleta proprietà femminile.

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