Baretta: verso un nuovo patto aziende-dipendenti

Pier Paolo Baretta, Sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze del Governo Renzi
Pier Paolo Baretta, Sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze del Governo Renzi
Pier Paolo Baretta, Sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze del Governo Renzi

Pier Paolo Baretta nasce a Venezia nel 1949. La sua formazione all’impegno sociale e politico comincia negli anni sessanta ed è fortemente segnata dall’impegno nel mondo dell’associazionismo, nei movimenti studenteschi giovanili, e nel sindacato. È stato Segretario generale aggiunto della Cisl e ha partecipato al negoziato con il governo Prodi per la riforma previdenziale del 2007. È stato riconfermato sottosegretario al Ministero dell’economia e delle Finanze con il Governo Renzi. Oggi, con questa intervista, grazie alla sua grande esperienza, ci spiega cosa sta facendo e cosa intende fare il Governo per uscire dalla crisi più dura che la storia italiana abbia mai dovuto affrontare dal dopoguerra ad oggi. Investimenti, privatizzazioni, piani di azionariato diffuso, il ruolo dei dipendenti all’interno dei contesti aziendali, questione IRAP: questi sono alcuni dei temi affrontati da Pier Paolo Baretta, sottosegretario di stato al ministero dell’economia e delle finanze.

Sottosegretario Baretta dopo questi primi mesi di Governo come giudica l’operato dell’esecutivo?
Positivo. Abbiamo preso in mano una situazione complicata e per di più gli ultimi dati indicano che l’intera area euro sta ancora soffrendo. In ogni caso, ci sono dei segnali positivi in quanto stiamo portando avanti delle riforme economiche come quella sul lavoro che starà al centro del dibattito politico nelle prossime settimane. Ulteriori interventi a sostegno dell’economia come la riduzione del 10% dell’IRAP che speriamo di aumentare e la stabilizzazione degli 80 euro.

I prossimi 1.000 giorni saranno molto importanti. L’Italia ha bisogno di crescere senza sforare il Patto di stabilità. Quali saranno le priorità del Ministero dell’economia?
Confermo innanzitutto che non sforeremo il patto di stabilità il quale resta un obiettivo importante per la credibilità del nostro paese anche se questo renderà ancora più urgente la politica di riforme. La prima riforma che abbiamo in mente è quella del mercato del lavoro, la seconda è quella della giustizia perché i tempi, soprattutto quelli della giustizia amministrativa, sono un problema per gli investitori internazionali. In contemporanea andiamo avanti con le riforme istituzionali. Inoltre, stiamo lavorando a una grande riforma del fisco collegata alla delega fiscale. L’obiettivo sarà quello di creare un’Italia più moderna e attenta alle esigenze delle persone e delle imprese.

In questi mesi si è parlato molto di privatizzazioni. A che punto siamo e quali difficoltà avete dovuto affrontare?
Il piano di privatizzazioni stabilito va avanti e deve essere incentivato e ampliato tenendo conto che la cessione delle imprese di stato al mercato privato determina dei rischi che vanno tenuti sotto controllo. Bisogna poi evitare alcuni errori fatti nel passato dove le privatizzazioni non hanno portato ad una espansione del mercato in cui operavano. A queste difficoltà di ordine economico si aggiungono quelle di ordine amministrativo che si possono risolvere semplificando le procedure. Infine è importante aprirsi anche ai mercati internazionali che vede partner interessanti come la Cina.

C’è qualche progetto più avanti degli altri?
I progetti di Poste ed Enav sono stati già discussi dal Parlamento. Per le altre grandi società come Eni ed Enel non c’è un contrasto teorico tra il controllo da parte pubblica, alla quale non vorremmo naturalmente rinunciare, e la riduzione del pacchetto complessivo di azioni del tesoro. Però è un tema che va affrontato con molta oculatezza e deve entrare nel programma dei 1000 giorni.

Lei non ritiene che un modo per rilanciare il sistema industriale italiano sia quello di siglare un nuovo patto, soprattutto culturale, tra azienda e dipendenti?
Assolutamente si. È ormai dimostrato che in un’economia complessa una delle forme di competizione è sui costi. Allo stato attuale competere con le nazioni energenti è molto difficile date le differenze riguardanti il costo del lavoro. Quindi, i paesi più industrializzati come il nostro reggono la competitività se accettati i diritti civili e collaborando con i dipendenti, si ottengono prodotti di elevata qualità che determinano un sistema industriale più efficiente. Un esempio è il modello tedesco il quale può essere considerato come un punto di riferimento.

In Europa i PAD sono una pratica molto diffusa, non solo in Germania ma anche in Francia, Polonia, e Svizzera. Lei ritiene che i piani di azionariato diffuso possano trovare una reale applicazione anche in Italia?
Ritengo di si perché corrispondono ad una precisa esigenza non più legata ad un sistema di relazioni industriali che nel tempo si è logorato. Il vecchio antagonismo che vedeva contrapposti i lavoratori e gli imprenditori si è svuotato di significato. Oggi però siamo in mezzo al guado: non c’è più quell’antagonismo di un tempo ma non ci sono ancora la collaborazione e la partecipazione che aiuterebbero il sistema industriale italiano. L’Italia deve investire anche su innovazione e tecnologia eliminando le resistenze sia ideologiche e organizzative. Noi abbiamo introdotto nella legge di stabilità 2014 una norma che favorisce in maniera diretta e concreta la diffusione dei piani di azionariato (PAD) dopo aver considerato tutte le iniziative di carattere europeo. Questa norma incentivante si sviluppa attraverso un processo di libera adesione da parte delle aziende.

Ritieni che questo modello potrebbe essere applicato alle PMI o essendo tali avrebbero maggiori problemi?
Non vedo necessariamente una distinzione di dimensione, forse ci potrebbe essere una distinzione di strumenti e modalità. In ogni caso nelle PMI, proprio a causa delle dimensioni più ridotte, il clima di collaborazione è molto più forte.

Nei giorni scorsi lei è intervenuto ad una tavola rotonda che ha affrontato il tema dei piani di azionariato. Durante il confronto è sorto il problema della mancata attuazione del decreto attuativo del comma 180 della legge di stabilità 2014 che incentiva i PAD. Quali soluzioni sono state indicate e quali saranno le prossime mosse del MEF per la promozione dei piani di azionariato.
È vero, è un ritardo che va recuperato rapidamente applicando innanzitutto quel decreto. Inoltre grazie all’imminente legge di stabilità potremo fare dei passi in avanti soprattutto nella dimensione degli incentivi. L’anno scorso abbiamo varato degli incentivi modesti perché siamo in una fase sperimentale e già da adesso si può immaginare un loro ampliamento oltre a rendere operative le norme che abbiamo approvato. Devo aggiungere però che mi aspettavo un interesse maggiore da parte delle imprese. Finora i casi nei quali abbiamo riscontrato una vera attenzione riguardano il settore della grande distribuzione come Auchan ma, sostanzialmente, sono pochi. Ancora non c’è una coscienza diffusa del tema nel mondo industriale italiano e per questo dobbiamo fare tutti insieme un lavoro di moral suasion.

Lei non ritiene che con l’approvazione del comma 180, la moral suasion, avverrebbe in modo più naturale?
Penso di si. Considero che ci debba essere una reciprocità di intenti tra gli attori coinvolti: dobbiamo evitare di rendere applicabile la norma per poi svuotarla nella pratica, poiché sarebbe un insuccesso ancora più grave. Andrebbe valorizzato un confronto non più limitato ad azienda e lavoratori o sindacati, ma allargato anche alle istituzioni. Ad esempio nella riforma delle municipalizzate sarebbe importante coinvolgere i dipendenti per ridurle e ottimizzarle.

Quali sono le priorità del Ministero dell’Economia nei confronti della distribuzione moderna?
La richiesta principale che ci viene fatta dagli attori economici è quella di essere messi nelle condizioni di operare. Nel corso degli anni, sono stati portati avanti processi di liberalizzazione come il caso degli orari di apertura dei negozi, ma il vero problema è la semplificazione delle norme e delle regole. Infatti, il Ministero dell’economia e delle finanze sta lavorando ad un sistema fiscale più semplice e si sta impegnando per superare il problema dell’Irap. Infine bisogna favorire l’equilibrio tra grande e piccola distribuzione tema sensibile soprattutto nei grandi centri urbani.

Sottosegretario Barretta in alcune apparizioni pubbliche ha parlato della possibilità di rivedere la normativa sulle cooperative ed ampliare la loro formula ad altri secondo nuove logiche. A che punto siamo? Quali le logiche di base?
Esiste una direttiva europea in materia sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e si sta lavorando su quella. Sicuramente il mondo delle cooperative si inserisce nel ragionamento della partecipazione dei dipendenti all’azionariato. Favorire la diffusione dei PAD è importante e fa parte di un’idea generale di economia. Molto spesso quando si parla di cooperazione si pensa a una nicchia del mondo produttivo. L’esperienza economica ci dice che non è così, anche le forme di coinvolgimento e partecipazione possono rappresentare un’opportunità per il rilancio della produttività.
I retailer tradizionali stanno soffrendo i concorrenti “digitali” come Amazon e stanno cercando di aggiornarsi puntando molto sul web. A che punto è l’Agenda digitale del Governo e quanto questa potrà influire positivamente sulla produttività del settore.
Il premier parlando alle Camere durante la presentazione del suo programma “I 1000 giorni” ha dato molto spazio all’urgenza della digitalizzazione del paese. Lo ha fatto anche a Venezia in un summit con i principali rappresentanti delle aziende di informatica mondiale chiedendo addirittura che le spese per la digitalizzazione fossero non contemplate dal patto di stabilità. Il governo intende impegnarsi fortemente su questo tema. Infatti di recente sono stati rinnovati i vertici dell’agenzia digitale e ci sono persone nuove, giovani e competenti che consentiranno il salto di qualità al Paese in tempi brevi.

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