Bloccati dal burosauro e dall’inferiority complex

Urbanistica, Real Estate & CCI – Il mercato retail real estate chiude il 2013 a -4,2% con un fatturato di 2,3 miliardi di euro, secondo Scenari Immobiliari (da MARKUP 224)

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All'estero ci amano più di quanto ci amiamo noi. Mario Resca, presidente di Confimprese, è convinto che l'Italia sia soffocata dall'abbraccio mortifero di due fattori esiziali: autocommiserazione e distimia e soffocante sistema burocratico. Bernardo Caprotti, presidente di Esselunga, la catena di supermercati e superstore più efficiente d'Italia, che dalla copertina di Espansione dichiara di bloccare tutti i cantieri in Italia perché "è impossibile lavorare in questo paese", è il segnale di un malessere che non tocca solo il ceto imprenditoriale e professionale: obiettivamente in Italia non si riesce più a fare una vita normale, in tutti i sensi. Ci stiamo bruciando anche gli asset storici grazie ai quali l'Italia era un faro in tutto e per tutto il mondo. E poi aggiunge Resca "Stiamo perdendo terreno nella capacità di attrarre turisti, settore nel quale stiamo scivolando dal quinto al settimo posto". Il convegno Confimprese ha permesso di fare il punto della situazione dell'immobiliare commerciale nelle sue principali declinazioni dimensionali, dal commercio urbano ai centri commerciali, granzie anche all'apporto tecnico-statistico della ricerca presentata da Scenari Immobiliari.
A livello di scenario, non sembrerebbe del tutto vero che l'Italia è completamente negletta, la Cenerentola dell'immobiliare commerciale europeo: non siamo al top nelle preferenze degli investitori, ma, come ha notato Marco Recalcati, responsabile area centro-nord della divisione Real Estate di Unicredit, "si registra un sempre più forte interesse alle operazioni di M&B dall'estero in Italia, con particolare focus su alberghiero di fascia alta e retail".

Grandi città
Roma e Milano concentrano il più alto numero di esercizi commerciali rispettivamente con 35.484 e 15.814 negozi (2° semestre 2012). La realtà e le dinamiche della domanda e dell'offerta soprattutto di molte vie commerciali nelle grandi città italiane variano moltissimo, con scostamenti rilevanti anche per segmenti di numeri civici: uno degli esempi più rappresentativi a livello nazionale è C.so Buenos Aires a Milano, la via con la più altra concentrazione di negozi della città, una delle più importanti shopping street europee (la più lunga in metri lineari), con un flusso di 80.000/100.000 persone al giorno (il 70% stranieri) che alterna tratti forti (canoni che tengono, full occupancy o scarso vacancy) ad aree con forti problemi, caratterizzate da sfitti (dovuti spesso alle richieste dei proprietari ritenute troppo alte). Ma - aggiungiamo noi - anche nei tratti più vivi, in termini di flusso veicolare e soprattutto pedonale, cominciano a esserci casi di retailer che chiudono per trasferirsi nei centri commerciali.
In linea generale, "sono sempre più diffusi contratti che richiedono per i primi tre anni un canone di locazione contenuto per poi lasciare la scelta al tenant se adeguare lo stesso a livelli di mercato o liberare lo spazio" commenta Clara Garibello, direttore di ricerca di Scenari Immobiliari.
Secondo i dati di Scenari Immobiliari, a Milano i prezzi medi di vendita nel primo semestre 2013 sono scesi del 2,9% e i canoni di locazione del 7,3% rispetto allo stesso periodo del 2012. Per il secondo semestre è atteso un indice di assorbimento del 31,1% con un'offerta sul mercato che raggiungerà i 300.000 mq (affitto + vendita) rispetto ai 264.000 del primo semestre. Le zone con la minore flessione sono la A (centro storico) e la B (Venezia-Buenos Aires, Vittoria-Romana, Città Studi-Argonne) con una variazione negativa dei prezzi dell'1,8% e del 2,2%.
Anche Roma ha ridotto i prezzi in misura inferiore rispetto alla media nazionale: -2,9%, mentre i canoni di locazione sono calati mediamente dell'8,1%. Per la seconda parte del 2013 si attendono andamenti simili al primo semestre, l'offerta dovrebbe raggiungere i 324.000 mq con un assorbimento del 32,7%. "Nel triangolo della moda -precisa Clara Garibello -i canoni sono tendenzialmente più stabili. È prassi pagare un importo per l'ingresso anticipato a un retailer che spesso si trova in difficoltà. I proprietari, soprattutto famiglie, cercano di mantenere stabili i livelli degli affitti, rifiutando la richiesta di sconti".

Centri commerciali
Per quanto riguarda dati e tendenze sul mercato dei centri commerciali, basati sul panel Cncc rappresentativo di circa il 20% (migliore) della numerica. Nel periodo luglio 2012-giugno 2013 la ristorazione (-0,3%) è il settore che tiene meglio nel clima generale di crisi e di forti cali di fatturato al mq; registrare un risultato di segno meno, ma nell'ordine dei decimali è un successo se pensiamo al -6,9% dell'elettronica di consumo, a -6,1% dell'aggregato "cultura, tempo libero, giochi" e al -3,8% dell'abbigliamento personale. Il trend complessivo di mercato è inclinato del -3,8%.
Incredibile auditu, sono le medie superfici a soffrire di più (-6,9%) rispetto ai piccoli negozi (superficie di vendita <250 mq) -3,8%) e ai negozi intermedi (251-600 mq) che registrano rispettivamente -3,8% e -3,2%. Le grandi superfici (> 1.500 mq) sono a -4,2%.

Progetti: pochi, grandi
A livello di tendenze, osservando alcuni dei principali progetti della pipeline 2013-2014 si evince chiaramente la presenza di un discreto numero di progetti di grandi dimensioni (almeno per le metriche economico-demografiche italiane): da Villesse, in apertura a novembre 2013, a Civita Park, da Monopoli (shopping center più retail park) a Valle Aurelia, da Mondo Juve (SC+RP), a Porta a Mare, dal Laurentino di Roma, alle Perle a Faenza (Promos), fino a Parma Retail e soprattutto al grande progetti di riqualificazione dell'ex area Alfa Romeo di Arese a Milano.
"Per il 2014 si prevede uno sviluppo lento, ma di alto profilo qualitativo - ha detto Corrado Vismara, vice presidente Cncc - il mercato rimane limitato dai vincoli di natura urbanistica e legislativa e soprattutto dal perdurare di un alto costo d'investimento".

Ipotesi finali
Il tasso di default/difficoltà dei centri commerciali in Italia non sarebbe superiore al 10%. Cifra comunque considerevole perché se consideriamo una media di 20 negozi a centro, arriveremmo a 2.000 pdv in ipotetica difficoltà.

Allegati

224_Cci-Convegno-confimprese

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