Blockchain ovvero la macchina della fiducia

Questo è il primo di una serie di tre articoli con i quali apriamo il dibattito su una tecnologia che ha il potenziale di rivoluzionare profondamente il modo con cui effettuiamo e governiamo le transazioni.

“The blockchain is to trust as the Internet is to information. Like the original Internet, blockchain has potential to transform everything.”

Joichi Ito, Director, MIT Media Lab

Nel 2008, una persona, o gruppo di persone, sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, sviluppò un nuovo protocollo, chiamato blockchain, per supportare un sistema di trasferimento di danaro elettronico peer-to-peer usando una cripto-valuta chiamata bitcoin. Le cripto-valute (valute digitali) sono diverse dalle valute tradizionali perché non sono create o controllate dagli Stati. La blockchain stabilisce un insieme di regole, nella forma di elaborazioni distribuite in una rete di computer, che garantiscono l’integrità dei dati scambiati senza dover ricorrere ad una parte terza (la banca centrale ad es.).

Questo fatto, apparentemente marginale, accese una scintilla che ha dato inizio ad un incendio, catturando l’immaginazione di sviluppatori, studiosi, governi, banche, operatori finanziari, giornalisti solo per citarne alcuni. Oggi migliaia di innovatori stanno cercando di comprendere le implicazioni di uno strumento che rende possibile a chiunque “produrre fiducia” sfruttando un protocollo informatico che rende praticamente impossibile la falsificazione e aziende leader quali Microsoft o IBM stanno integrando la blockchain nelle loro piattaforme di sviluppo.

Ecco come funziona. La prova della titolarità di qualsiasi fatto o diritto, come ad es. la titolarità di un bitcoin, non è salvata in un documento da qualche parte, bensì è rappresentata dalle transazioni registrate in una blockchain, una sorta di foglio elettronico globale o registro diffuso (ledger), che sfrutta le risorse di un grande network peer-to-peer per verificare ed approvare ogni transazione. Ogni blockchain, come quella che usa i bitcoin, è distribuita: viene eseguita su computer forniti da volontari in tutto il mondo; non c’è un database centrale da hackerare e se la dimensione del network peer-to-peer è sufficientemente grande diventa di fatto impossibile falsificare le registrazioni. La blockchain è pubblica, chiunque può vederla in qualsiasi momento perché risiede nella rete, non all’interno di una singola istituzione responsabile di verificare le transazioni e conservare le registrazioni. Inoltre la blockchain è criptata, usa pesanti algoritmi di cifratura che utilizzano chiavi pubbliche e private per mantenere la massima sicurezza in quanto nessuno, tranne noi stessi in quanto titolari dei diritti registrati nella blockchain, possiede la chiave per modificare i record relativi alle transazioni che ci riguardano. Non dovremmo insomma preoccuparci della fedeltà dei dipendenti della nostra banca, del ristorante cui diamo la carta, o dello stesso Stato.

Nel caso del bitcoin, ogni dieci minuti tutte le transazioni condotte nel mondo vengono verificate, eseguite e registrate in un blocco, che è collegato al blocco precedente, creando così una catena di blocchi, appunto la blockchain. Ogni blocco deve fare riferimento al blocco precedente per essere valido. Questa struttura registra permanentemente le date e registra gli scambi, impedendo a chiunque di alterare il ledger. Se qualcuno volesse rubare un bitcoin, dovrebbe riscrivere l’intera storia di quel bitcoin nella blockchain su tutti i computer nei quali risiedono tutte le sue copie e sotto gli occhi di tutti.

Questo meccanismo fa della blockchain un registro (ledger) che rappresenta il consenso della rete ad ogni transazione che sia mai intercorsa tra noi e le nostre controparti. Come la World Wide Web dell’informazione, è il World Wide Ledger del valore— un registro distribuito che chiunque può scaricare ed eseguire sul suo personal computer, o tablet, o smartphone.

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