Bolkestein, un esempio di recepimento all’italiana

Esperti – Il contenuto innovativo della direttiva rischia di infrangersi contro burocrazia e lobbysmo delle associazioni di categoria. (Da MARK UP 198)

1. Il decreto 59/2010 fatica ad attuare lo spirito della direttiva Ue, soprattutto per quanto
attiene alla distribuzione moderna

2. L’opportunità di una definizione centrale dei concetti distributivi

In seguito al recepimento italiano della direttiva Ue 123/2006, comunemente nota come “Bolkestein” (si veda MARK UP n. 188 alla pag.159), le regioni avrebbero dovuto adeguarsi alle nuove regole. Poche l’hanno fatto, e anche in questi casi sporadici, le affermazioni di principio contenute nel decreto legislativo 59/2010 per quanto attiene alla distribuzione moderna, sono ben lungi dall’aver trovato adeguato riscontro. Il contenuto d’innovazione della direttiva rischia di essere svuotato, di fronte a un atteggiamento che vede affermarsi un nuovo livello della burocrazia su scala regionale e un accrescimento del lobbysmo delle associazioni di categoria.

Come prima…più di prima

In sostanza tutto continua come prima, e anche la disposizione sulla “cedevolezza” (fino
ai provvedimenti regionali vale la norma nazionale) è rimasta di fatto inapplicata. Eppure
questa poteva, e potrebbe ancora essere, l’occasione per mettere ordine nel labirinto di leggi e leggine che hanno portato a un travisamento delle funzioni ai vari livelli istituzionali, chiamando sempre più spesso in causa la giurisprudenza a dirimere conflitti istituzionali o interpretazioni fuorvianti. Trascorsi tredici anni dalla riforma
Bersani, si possono fissare alcuni punti fermi acquisiti dal Dlgs 114/98, dalla sua prassi
applicativa e dalla giurisprudenza costante:

1) Le grandi strutture di vendita non possono più essere autorizzate sulla base del contingentamento, rapporto fra domanda e offerta: lo vieta la legge.

2) La programmazione regionale deve attenere ai rapporti tra grande distribuzione e territorio, nella loro accezione generale: viabilità, infrastrutture, ambiente.

3) L’evoluzione delle forme di vendita (centri commerciali, entertainment centre, factory outlet centre, parchi commerciali, centri tematici) è generale e non tipica delle varie realtà regionali. La loro classificazione riporta quindi alla legislazione in materia di concorrenza (di esclusiva competenza dello Stato) e non di quella del commercio (attribuita alle regioni).
Scorrendo le diverse normative regionali, si trovano almeno 4 diverse definizioni dei factory outlet centre. Ancora più varia la nozione di parco commerciale, che in alcune regioni non è neppure disciplinato. Sono almeno una decina le classificazioni del tradizionale centro commerciale. È evidente la necessità di un intervento centrale sulla definizione delle tipologie, unica per l’intero territorio nazionale.

Oltre la norma, il piano industriale

La valutazione del piano industriale rappresenta il livello di condivisione del territorio rispetto all’iniziativa e genera gli accordi territoriali per la gestione dell’impatto. La presentazione di un piano industriale richiede precise credenziali come la presenza di un operatore affidabile, che gestisce (direttamente o in partnership) l’iniziativa assumendosene i relativi impegni. È questa una condizione basilare per non affidare le iniziative alla sola valorizzazione immobiliare di un’area, elemento che spesso genera colpi mortali alla corretta concorrenza e falsa il mercato delle aree. E non premia i migliori.

Se l’esempio viene dall’alto…

Il Governo avrebbe dovuto promulgare nel giugno 2010 la legge annuale sul mercato e la concorrenza (vedi MARK UP giugno 2010, n.189, pag. 59) prevista dall’articolo 47 della legge 99 del 23 luglio 2009. A marzo 2011 non si hanno ancora notizie precise in merito, nonostante l’Antitrust abbia presentato ancora nel maggio 2010 il proprio rapporto propedeutico alla legge e abbia espresso nel dicembre 2010 una precisa sollecitazione in merito.

Cosa dice la direttiva Bolkestein

L’autorità garante della concorrenza e del mercato può procedere a indagini conoscitive di natura generale nei quali l’evoluzione degli scambi, il comportamento dei prezzi o altre circostanze, facciano presumere che la concorrenza sia impedita, ristretta o falsata.

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