Calzolari: “Per Granarolo la priorità è la filiera”

La rotta non cambia. Materia prima italiana di allevatori associati, per prodotti che sappiano fare margine in Italia e all’estero (da Mark Up n. 268)

Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, non si sottrae all’analisi sulle complessità del mercato italiano del latte, dei suoi derivati e dei formaggi. Una complessità che incide in maniera crescente sul modo di far impresa nel comparto e su come i rispettivi protagonisti siano chiamati a interpretare nuovi ruoli per restare un punto di riferimento primario. Anche e soprattutto per gli allevatori: anello cruciale della filiera e, nel caso del gruppo bolognese, proprietari e controllori del gruppo industriale al 77,5%. L’incremento significativo del fatturato del 2017 (7,8%) deriva dal consolidamento delle vendite delle società di recente acquisizione. L’incremento del risultato a perimetro costante (0,4%) è frutto della strategia di internazionalizzazione e diversificazione di prodotto. Mentre il contesto italiano di mercato registra sul latte anche nell’ultimo anno la perdita di ulteriori pesanti volumi.

Presidente, come va a modificarsi il comparto?

Dobbiamo accettare questi cambiamenti repentini che generano dinamiche dove nulla si può mai dare per acquisito. In un passato anche recente, quando introducevamo nuovi prodotti sul mercato, questi avevano respiri di medio-lungo periodo, sui quali potevamo costruire oggettivamente la nostra reputazione di impresa. Oggi di iniziative che abbiano una portata così lunga nel tempo non crediamo di poterne lanciare ancora. Dobbiamo studiare e cogliere singole componenti di consumo cui dare delle risposte precise.

Il latte ha una sua sofferenza tutta italiana?

È in sofferenza sui consumi in Europa e, in maniera particolare, in Italia. In realtà gli italiani non sono mai stati dei consumatori di latte liquido al di fuori della prima colazione. Il latte viene considerato un ingrediente di ricettazione oppure diventa la materia prima per formaggi e altri prodotti. Se poi viene meno anche il tradizionale consumo della mattina la situazione si fa critica. All’interno di singoli segmenti possono aprirsi delle opportunità di creazione di valore che bisogna saper cogliere. Ma complessivamente il mercato domestico non ci regala grandi prospettive future. Non nel prossimo triennio, se non con l’ingresso in segmenti che non abbiamo mai presidiato o con l’ipersegmentazione (che però è molto costosa).

Innovazioni e iper segmentazioni. Chi le spinge: industria o retail?

È sempre stata l’industria in Italia a gestire la spinta innovativa. Il retail è bravo a ridurre sempre più i vantaggi competitivi degli industriali proponendo velocemente sul mercato i prodotti Mdd nelle categorie che funzionano.

Resta il fatto che lo scaffale si sta complicando, senza dare soddisfazione di fatturato. Cosa succederà?

Il reparto è sempre frutto di un comportamento. Retail e Idm non ne determinano le caratteristiche, se non nella misura in cui interpretano quelli che sono i segnali in arrivo dal mondo dei consumatori. Oggi il reparto è figlio di un comparto che sta perdendo consumi. Ne derivano logiche di contrazione spazi, di pricing peculiari, di calo del numero di referenze. L’attuale ipercompetività degli attori in gioco si traduce in una riduzione del valore di filiera, si assottigliano le possibilità dell’Idm di investire sulla comunicazione di sostegno.

C’è ancora una partita da giocare: riguarda la notevole frammentazione delle imprese in campo, con la presenza di tante aziende regionali concentrate sul latte. In Granarolo il latte incide per il 35% e riteniamo sia una soglia tuttora troppo elevata. Questo senza ridurre le quantità complessive: che sono anzi passate da 4,8 milioni di quintali a circa 7 milioni in poco tempo, a tutto vantaggio dei nostri allevatori e della filiera nazionale.

Come nasce Granarolo G+?

Il tentativo che perseguiamo è quello di fare entrare nuovi consumatori nella categoria, generando rotazioni aggiuntive. Il punto di partenza non è stato intervenire sulla gamma del delattosato. Ma di intervenire nell’ambito del latte tradizionale. Per farlo abbiamo stuadiato attentamente la situazione all’estero e ci siamo imbattuti in uno spunto molto interessante nel mercato americano, in tema di superfood. Nella fase di test in Italia ci siamo accorti che lo zucchero era un tema ostativo che stava a cuore agli intervistati e ci siamo attivati per arrivare a una sua sottrazione.

Con un vantaggio di lungo periodo?

Il processo è brevettato e l’impianto non è di semplicissima realizzazione. Solitamente siamo alquanto generosi nell’aprire le porte degli impianti. Stavolta abbiamo nascosto un po’ di più il risultato della nostra ricerca. Noi immaginiamo possa essere il punto di partenza per una gamma ampia di prodotti. La strategia di rientro degli investimenti è fatta sui risultati che otterremo in Italia.

L’internazionalizzazione prosegue senza correttivi?

Ci siamo ripromessi un obiettivo del 40% sul giro d’affari e l’ultima acquisizione nel mercato britannico ci avvicina significativamente al traguardo.

State diventando grandi. Cambia la considerazione con cui siete guardati?

In Francia sì. Siamo protagonisti a scaffale. Nel Regno Unito, la nuova entrata Midland Food ci spinge molto di più verso il foodservice. Ci siamo portati a casa una rete distributiva che ci permetterà di portare all’attenzione della ristorazione londinese i nostri prodotti dairy, a base di latte italiano di allevatori italiani.

In Italia state rivedendo le strategie di produzione nell’ambito dei formaggi?

Con un intervento di efficientamento. Spostiamo la porzionatura di duri da Bologna a Parma e gli stracchini in Friuli, dove abbiamo acquisito il 24% di Venchiaredo. A Bologna si tratta di reparti piccoli con produzioni marginali, che hanno in altri contesti declinazioni più efficienti. Il grosso delle produzioni di Bologna rimane invariato. Sono produzione di latte fresco e Esl e la produzione di mozzarella (citrica e lattica). Non tocchiamo i dipendenti Granarolo in alcun modo. E tutto rimane nel portafoglio prodotti.

I formaggi duri 300 e 400 (litri di latte per forma)?

Hanno una funzione complementare e sono prodotti a Verona da un nostro fornitore.

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