Casa Chiaravalle: un progetto d’accoglienza in cerca di aziende

Chiaravalle, estrema periferia sud di Milano, oltre alla famosa Abbazia cistercense del XII secolo accoglie anche una casa sequestrata alla mafia, Casa Chiaravalle, appunto, dove all’interno di Passepartout, un contratto di rete tra cinque imprese sociali, si realizza un progetto di accoglienza diffusa focalizzata sul bisogno delle donne, in particolare quelle che hanno subito violenze. L’accoglienza va ben oltre la disponibilità di un luogo dove stare: ci sono percorsi formativi, idee imprenditoriali da sviluppare, luoghi da allestire e progettare. Tutti aspetti che ben si conciliano con gli investimenti delle aziende nel sociale e anche con i bisogni delle imprese, sempre a caccia di spazi in città.

“Il progetto Chiaravalle nasce nel 2017, la realizzazione è di quest’anno -spiega Silvia Bartellini, presidente Passepartout-. Quando si è trattato di costruire il sistema d’accesso abbiamo cercato forme di accreditamento normativo tali da permetterci di accogliere persone diverse, con disagi ed esperienze diverse, sia italiani che stranieri. Da qui la scelta del doppio accreditamento come Cas, Centro di accoglienza straordinaria rivolto ai migranti richiedenti asilo, e come Rts, residenza sociale temporanea per gli italiani”. In tutto 105 persone di cui metà a Chiaravalle e il resto in appartamenti a Milano. L’idea è evitare il dualismo delle nazionalità per affrontare pragmaticamente il problema di tutti, ovvero quello della povertà, oltre alla violenza sulle donne. L’ospitalità è gestita grazie a una équipe multidisciplinare composta da 5 operatori e 2 cuochi, infatti oltre al mandato Casa Chiaravalle ha scelto di attivare anche un intervento educativo: assistenza legale per i richiedenti asilo, sanità ma anche corsi di italiano con l’associazione No Walls, corsi professionali differenziati in base al profilo delle persone, eventi aggregativo-culturali. Questo sfruttando il più possibile ciò che il territorio già offre, per favorire l’integrazione e il dialogo. Forte è il legame anche con l’Abazia, per esempio.

Accanto al sostegno diretto, i privati possono collaborare attivamente per attivare le risorse ancora disponibili della Casa: 7 ettari di terreno con un progetto di una cooperativa sociale agricola previsto nel 2019; due capannoni da 200 mq circa ciascuno, da ristrutturare per farne laboratori e spazi di aggregazione per le aziende. “La logica è trovare un sistema per collaborare -spiega Bartellini- che permetta alle persone di imparare cose utili per l’inserimento, dalla sartoria alla cucina con il catering multietnico. In più c’è la villa della famiglia Schubert che abbiamo ricevuto per tre anni in comodato gratuito”. Si trova sul lago vicino a Oggiono, a Ello, costruita da Vico Magistretti. Passepartout vorrebbe farne una location ricettiva di alto livello affidata in gestione alle donne accolte. “Una di loro, Annette, che ha ottenuto la protezione per 5 anni -prosegue Bartellini- potrebbe occuparsene. Se aggiungiamo il catering e la cultura con Magistretti…”.

Le idee non mancano. Per chi volesse entrare in contatto con Passepartout: www.retepassepartout.it.

 

 

 

 

 

 

 

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