Centromarca parla chiaro

“Perché non si fanno le liberalizzazioni? Perché non c’è la domanda politica. Nel nostro Paese la concorrenza non è mai stata un valore”. Luigi Bordoni spara a zero su tutti, ma non sulla Gdo

Luigi Bordoni è Centromarca, non solo perché ne è il presidente, ma perché ne rappresenta la memoria storica, “ho avuto la fortuna di lavorare con Vittorio Merloni, quando da presidente di Confindustria ci onorò di prendere la presidenza della nostra organizzazione”. Un onore che non si è più ripetuto, infatti a Confindustria non sembrano premere troppo le istanze dei beni di largo consumo. Figli di un Dio minore? Forse, senz'altro poco ascoltati. Eppure di cose da fare. oltre che da dire, ce ne sarebbero: liberalizzazioni, e non solo per il retail, semplificazioni per lavorare meglio e di più e intanto, mentre la classe politica si ricompone intorno al neo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il settore dei beni di largo consumo sta vivendo uno dei momenti di più accesa competitività della storia, con tutti gli effetti collaterali che ne conseguono...

Presidente parliamo di promozioni.
Siamo arrivati a livelli insostenibili, uno strumento ormai inefficace: se tutto è in promozione, nulla è in promozione.
La corsa al prezzo più basso è una corsa al massacro, perché se è vero che dobbiamo andare incontro alle esigenze del consumatore che fa fatica, altrettanto vero è che stiamo mettendo a repentaglio le imprese e di conseguenza i lavoratori di queste. Se “scassiamo” il comparto dei beni di consumo, più importante e pervasivo comparto economico del Paese, se lo si rompe, sono guai per tutti. Bisogna far capire ai cittadini che i problemi sono da un'altra parte ed è lì che vanno risolti, anche con l'aiuto dell'opinione pubblica. La quale deve esser cosciente che il suo impoverimento non arriva dai prezzi dei supermercati, bensì da una serie di costi fissi che li affliggono e da cui è difficile sfuggire. È possibile immaginare che uno dei nostri prodotti possa aumentare da un giorno all'altro del 50%? Ma questo è quanto succede nei servizi della pubblica amministrazione.

Quali prospettive vede nel prossimo futuro?
Noi guardiamo al neonato governo Renzi con apprensione, perché ci rendiamo conto che è la nostra ultima carta, perché se non riesce anche questa opzione, dobbiamo arrivare alla conclusione che abbiamo una classe dirigente nel ceto politico non adeguata, non capace, perché non c'è solo un problema di mancanza di risorse. Intanto, le risorse si trovano! Si trovano facendo efficienza, noi sappiamo che ci sono aziende importanti che in una situazione di difficoltà e di ristrutturazione propongono dei saving del 50%, un caso estremo certo, ma una via di mezzo tra il 50% e lo 0,2% ci deve essere. Le nostre aziende, quando fanno efficienza, non tagliano sulla qualità del prodotto, perché il sistema punirebbe un tale atteggiamento, lo stesso vale per la pubblica amministrazione che, da un lato, deve migliorare i servizi, dall'altro, deve ridurre i costi. Come? Facendo per l'appunto efficienza: invitando il personale a lavorare di più, meglio e più in fretta.
Tutto questo ci porta a un problema culturale del Paese: perché non si fanno le liberalizzazioni? Perché non c'è la domanda politica. Questo è un Paese dove i concetti di efficienza, di concorrenza, di impresa, sono stati sempre in fondo alla classifica dei valori della società. Oggi, è indispensabile ricominciare da capo: ci lamentiamo che non c'è lavoro, ma abbiamo creato un sistema che fa di tutto per far scappare le aziende o per non farle venire.

Siete il primo comparto economico, eppure… qual è il ruolo che Centromarca ha o vorrebbe avere?
Noi abbiamo un sistema di rappresentanza, le singole associazioni devono esser specialistiche, poi man mano che si sale in questa scala gerarchica il discorso si amplia sempre di più. Non può essere che Centromarca o Federalimentare o Assolombarda si facciano portatrici singolarmente di istanze politiche: noi siamo come una piramide, composta da varie parti, che hanno delle loro specializzazioni e missioni che, poi, si sommano in quella che per l'industria è Confindustria, per il commercio è Confcommercio e così via. Se così non fosse, sarebbe una babele. Capisco che Lei mi faccia domande che vanno sul livello politico, ma il suo interlocutore a quel livello è Squinzi. Io posso avere dei motivi, come ho avuto dei motivi, di dissonanza rispetto a Squinzi, ma questo si gioca all'interno: il mio compito è cercare di convincere la nostra rappresentanza generale.

Lei non crede che sia arrivato il momento di trovare una posizione dentro Confindustria più forte rispetto a quanto è stato finora?

Il problema vero è questo: il comparto dei beni di consumo storicamente in Confindustria conta poco ed è sempre contato poco.

Perché?
Intanto, contano in genere le grandi imprese, Fiat per anni ha condizionato Confindustria, e non è rimasto un episodio isolato. Sulla questione dell'Iva, non abbiamo condiviso la posizione di Confindustria, così come quella sull'articolo 62, su questi temi ho incontrato ripetutamente Squinzi e la Direttrice Generale e siamo arrivati ad una posizione più adeguata. Certo, anche in questa occasione abbiamo rilevato che contiamo troppo poco. Come si fa a superare questo tipo di situazione? Forse non siamo capaci noi, forse la tipologia di imprenditori che operano nel settore dei beni di consumo è diversa rispetto a quella che riesce ad impiantarsi e ad essere influente a Roma. Vale anche per i giornali, imprenditori come Ferrero o Barilla appaiono pochissimo.

Che cosa vogliono da voi i vostri associati?
Contare di più. Si potrebbe fare con un coordinamento interassociativo, che ha funzionato su situazioni molto specifiche, però non si riesce a crearne uno permanente tra le diverse associazioni; troppi i personalismi degli apparati.

Una via di speranza?
Sposo l'impostazione di Francesco Pugliese: è fondamentale influenzare di più la politica della domanda. Dobbiamo intervenire, insieme, sviluppando il massimo delle sinergie tra tutte le organizzazioni del complesso comparto dei beni di consumo. Le istanze specifiche dei singoli settori, rispetto alla politica economica e dei consumi, possono trovare una sintesi su temi condivisi, per i quali sviluppare azioni comuni, esprimendo più efficienza ed incisività. Chiaramente il peso politico complessivo del nostro sistema ne uscirebbe rafforzato.
Ciascuno poi, ovviamente, in totale autonomia, gestirà le istanze specifiche dei propri associati.

Che cosa chiederebbe a Matteo Renzi?
Noi vorremmo un Paese efficiente, quindi, ad ogni neoministro chiederei di iniziare creando efficienza nel proprio ministero. Quindi prestazioni migliori e prezzi inferiori.

Allegati

227_Intervista_Bordoni
006_MARKUP227_03_2014_Intervista_Bordoni.pdf

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome