Cerved: tempi di pagamento delle imprese non più in calo

Torna a crescere il numero di società con almeno un assegno o una cambiale protestati e si arresta il trend virtuoso che vedeva in calo da ben 6 anni i tempi di pagamento delle imprese: secondo l’ultimo Osservatorio protesti e pagamenti di Cerved, primario operatore in Italia nell’analisi e nella gestione del rischio di credito, tra luglio e settembre sono state protestate 7656 imprese non individuali, il 7,5% in più rispetto al minimo storico dello stesso periodo del 2017 (-28,6% sul 2016).

L’aumento dei protesti ha riguardato tutta la Penisola, con la sola eccezione del Nord-Est, e in particolare i settori delle costruzioni (+12,9%) e dei servizi (+9%). L’industria nel suo complesso è invece in calo (-1,5%), se si eccettuano l’automotive (+28%), la meccanica (+8,1%) e la chimica (+14%).

Quanto ai pagamenti, i dati di Payline, il database di Cerved con informazioni su oltre 3 milioni di imprese italiane, indicano che per la prima volta dopo sei anni i tempi di pagamento, costantemente in calo, sono invece rimasti stabili nel terzo trimestre 2018. In media, infatti, le aziende italiane hanno pagato i fornitori in 71,7 giorni, cioè 13,1 in più rispetto alla scadenza, proprio come lo scorso anno.

I ritardi sono però cresciuti tra le Pmi (da 10,9 a 11 giorni), tra le società che operano nei servizi (da 14,7 a 15 giorni) e nel Mezzogiorno (da 19,7 a 20,2 giorni). Di contro, è aumentato il numero delle società puntuali (dal 47,7% al 51%) ma anche quello dei casi di grave ritardo, cioè oltre i 60 giorni (dal 6% al 6,1%), che possono sfociare in mancati pagamenti o veri e propri default.

A livello territoriale, si allargano i differenziali tra le aree più e meno virtuose: sempre in calo i tempi di pagamento nel Nord-Est, nel Nord-Ovest e nel Centro, mentre al Sud il miglioramento si è interrotto. I dati regionali confermano il quadro di una Penisola spaccata a metà, con una eccessiva presenza di aziende in ritardo grave in Sicilia (11,7%), Calabria (11,5%), Sardegna (9,1%), Campania (8,7%) e Puglia (8%). Viceversa, le regioni meno a rischio risultano Veneto (3,6%), Trentino Alto Adige (3,9%) e Lombardia (3,9%).

Calabria, Campania e Lazio (che con il suo +24,5% compromette la buona performance del resto del Centro) sono anche tra le regioni dove maggiormente aumentano i protesti, mentre calano in Sicilia, Sardegna e in tutto il Nord-Est con l’eccezione dell’Emilia Romagna. Non bene nemmeno il Nord Ovest (+11%), in particolare Liguria e Lombardia che crescono a due cifre.

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