Consumare italiano dà lavoro e crea valore

di Patrick Fontana

L'amministratore delegato di Generale Conserve, Vito Gulli, lo ha dimostrato sul campo investendo in impianti produttivi in Italia e in forza lavoro locale. All'8° Consumer & Retail Summit l'imprenditore genovese è intervenuto in maniera perentoria sulla ratio del sistema etichettature in Europa e sul fatto che questa possa finire per esprimere solo gli interessi di una parte dei protagonisti del mercato. Nell'etichetta non si deve creare uno iato fra prodotto e sito produttivo che lo ha immesso sul mercato: non per una questione di qualità o di sicurezza (ovviamente ci sono anche quelle). Il punto di Gulli è un altro ed è rimarchevole: acquistare prodotti sapendo dove sono stati trasformati significa fare consapevolmente una scelta di supporto a quell'impresa, che dà lavoro in quell'area geografica ed eroga stipendi di sostegno in quello specifico mercato. Molte famiglie -non solo in Italia e non solo in Europa- l'hanno capito da tempo: ogni prodotto è anche veicolo di un valore monetario erogato a chi lo ha trasformato industrialmente o artigianalmente. Esserne consapevoli grazie a un'etichettatura chiara e senza ambiguità consente di effettuare opzioni di acquisto mirate a privilegiare un modello economico piuttosto che un altro. L'etichetta non deve essere lo strumento che neutralizza la competizione, omogeneizzandola in una parziale, limitata e semplicistica arena di marketing edulcorato. Per certi versi -è la conclusione del ragionamento di Gulli- ridistribuire valore tramite il lavoro è la via più sana per ridare fiato alla domanda interna di tutti i mercati.

GeneraleConserve_Markup.pdf

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