Cosa dovrebbe comunicare la nostra politica fiscale

L'opinione – La conduzione della politica fiscale induce dei rischi dei quali è legittimo domandarsi se vi è consapevolezza (da MARKUP 209)

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Mi sembra che non ci sia sufficiente consapevolezza dei rischi cui andiamo incontro se non intervengono modificazioni rilevanti nella conduzione della politica fiscale. Va bene il risanamento dei conti pubblici. Va meno bene che esso sia dato per l'80% da maggiori imposte e solo per il 20% da minori spese, secondo il presupposto tacito che i cittadini italiani possano sopportare qualsiasi livello di pressione fiscale legale. Non mi rifaccio a questioni morali; semplicemente è un presupposto sbagliato.
Trascuriamo, per una volta, i dati macroeconomici riguardanti il reddito disponibile reale, in diminuzione dal 2008 fino a tutto il 2013. Guardiamo ai consumi alimentari pro capite come indice di assenza di disagio economico (parlare di benessere sarebbe eccessivo). La tabella presenta solo alcuni punti nel tempo, per facilitare l'emergere dei fatti salienti. Tra il 1970 e il 2000 la spesa è crescente, salvo episodi. Tutto normale. Poi, tra il 2000 e il 2007 la spesa ristagna e in valori reali pro capite appare moderatamente decrescente. Le ragioni vanno dal progressivo invecchiamento della popolazione all'incremento dei consumi fuori casa dovuto alla crescita dell'occupazione fino all'adozione di abitudini alimentari più oculate; c'è anche un'interpretazione che poggia sul peggioramento del ciclo economico con la conseguente riduzione complessiva degli sprechi (cioè a parità di alimentazione effettiva si acquista un po' meno). C'è, infine, un effetto denominatore: la popolazione, grazie ai provvedimenti di regolarizzazione di crescenti frazioni di immigrati, si sviluppa a tassi più elevati, attorno al 4 per mille, appiattendo la dinamica dei consumi pro capite.

Il fenomeno
Dal 2008, però, si osserva un vero e proprio cedimento, la cui giustificazione non può basarsi su alcuna delle ragioni richiamate. Altri comparti hanno subito riduzioni anche più significative, ma riguardano ambiti di spesa ciclica, come quello dei durevoli, e sono fenomeni che periodicamente si ripresentano nella dinamica dei consumi. Il caso degli alimentari è senza precedenti.
L'unica spiegazione possibile è che le famiglie abbiano percepito meglio e prima degli esperti la gravità e la durata della recessione. Esse, di conseguenza, hanno preso atto che nessuna spesa può essere risparmiata e, dati i cambiamenti nelle gerarchie di consumo, comprimono anche le spese basiche. Ma se si rinuncia a queste, prima o poi si rinuncerà anche al resto, se la compressione dei redditi continuerà. E se tale effetto dovesse intaccare la propensione generale al consumo, facendola scendere, dopo anni di quella continua crescita che ha permesso al paese di reggere l'urto della crisi mondiale, allora diventerebbe probabile lo scenario che possiamo definire "del peggio che deve ancora venire".
Non mi pare che stiamo trattando di segnali deboli. Urge una scossa. L'unico ragionevole suggerimento è di fare leva sulle famiglie, non tartassandole ma stimolandone la fiducia. Dovrebbe passare con chiarezza il messaggio che il 2012 è un episodio di restrizione fiscale cui, dal 2013, stanti le attuali previsioni di indebitamento che implicano già maggiori imposte, seguirà un periodo di parziale restituzione fiscale. Si formuli una ragionevole previsione di maggiori imposte riscosse dovute a maggiori imposte accertate e si stabilisca per legge la frazione di questi proventi che andrà a riduzione delle aliquote legali sulle imposte dirette, fatti salvi i saldi di bilancio (che vanno ben comunicati all'opinione pubblica).

La svolta
La miscela tra le maggiori imposte per ottenere i previsti saldi e le minori imposte derivanti da restituzione di extra-gettito creerebbe consapevolezza e fiducia nei cittadini che le politiche fiscali "vedono" le persone dietro i contribuenti, che pagare e fare pagare le imposte genera benefici concreti, che gli annunci quotidiani e trionfalistici sul recupero di evasione ed elusione hanno qualche reale significato, che in economia come nella vita si fanno sacrifici dai quali un giorno trarremo vantaggi. Cioè che i sacrifici non sono per sempre.■

Il crollo dell'alimentare
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Allegati

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