È ancora un’incompiuta, la pescheria va rilanciata

MARK UP LAB – A fronte di una propensione d'acquisto meno spontanea e consolidata, il reparto richiede maggiori attenzioni gestionali da parte dei retailer (da MARKUP 206)

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Con un -2,4% totale a volume e un -5,7% per il solo prodotto fresco, l'ittico è il comparto che nel corso dell'anno ha sofferto maggiormente, a causa di una dinamica di prezzi crescenti che ha inciso in modo negativo sulla propensione all'acquisto.
Spostando il baricentro dell'analisi al primo semestre del 2011, la tendenza pare, inoltre, accentuata, visto che la categoria arriva a segnare, in un caso e nell'altro, flessioni quantificabili nell'ordine del 4,8 e del 6,4%, con l'agroalimentare tutto fermo, invece, a -1,5%. Data questa istantanea, risulta fondamentale guardare ai processi di valorizzazione in atto, al fine di coglierne le opportunità operative per la stagione in corso.

Le barriere
Punto di partenza di questo processo è il consumatore, la sua percezione ed il suo orientamento all'acquisto. Il consumatore contemporaneo mostra un dinamismo che va, per certi versi, al di fuori delle mere logiche di prezzo. Ha come driver distintivi quelli della ricerca del gusto e del "wellness", la scelta di acquistare sempre di più all'interno della grande distribuzione (circa il 77% degli acquisti domestici agroalimentari, secondo fonte Ismea), l'esigenza di ridurre il tempo da dedicare ai pasti, la consapevolezza di essere informato e chiede di essere guidato all'atto di acquisto. In questo senso il mondo dell'ittico, con un consumo domestico pro capite stabile a 20,9-21,0 kg (il 32% in meno rispetto ai 27,6 kg della Spagna), ha connaturati tutti gli elementi necessari a sostenerne una crescita in grado di creare e distribuire valore lungo tutta la filiera.
Se ci focalizziamo, in particolare, sul comparto pesce fresco, 51,0% a volume degli acquisti ittici, vediamo che esso presenta nel vissuto del consumatore un elevato appeal legato agli aspetti salutistici (per esempio l'apporto di Omega 3), all'appagamento sensoriale (gusto) e alle più attuali tendenze culinarie (per esempio la cucina giapponese e, più in generale, la diffusione del consumo crudo).
Il panorama delle barriere all'acquisto risulta, però, contestualmente, altrettanto nutrito. Innanzitutto quelle legate al prezzo e al tempo percepito come necessario per la pulitura e la preparazione. A questi fattori vanno, inoltre, sommate la scarsa cultura nell'uso del prodotto, in particolare nelle aree interne e fra le nuove generazioni, e la diffidenza legata ai temi della sicurezza alimentare e della conservabilità.

La potenzialità
Il ruolo della distribuzione moderna è stato e sarà fondamentale per l'espansione del settore in esame. Sulla base dei dati divulgati da Ismea, la quota di mercato a volume per l'ittico fresco relativa al complesso iper+super ha toccato nel 2009 un livello prossimo al 54%, facendo registrare un incremento di quasi 7 punti percentuali rispetto al 47% misurato solo cinque anni prima. I numeri al 2010 confermano il primato della grande distribuzione sul dettaglio tradizionale, con l'insieme dei format moderni (iper+super+liberi servizi+hard discount) ad incidere per il 68,4% sugli acquisti domestici di orate e spigole, per l'83,9% su quelli di trote e trote salmonate e per il 56,6% sulle vendite di mitili e vongole veraci. Da questo punto di vista, la Gda si è, dunque, appropriata di una delle categorie che compongono e referenziano il "paniere dei freschissimi", come generatore di fatturato e marginalità. Dati alla mano, secondo Chiodi Consulting l'ittico incide oggi, in media, dal 2 al 3% sul fatturato di un ipermercato, con una profittabilità che varia al di sopra del 20% in funzione della professionalità e delle capacità espresse dal personale di reparto. In un supermercato medio, il contributo al giro d'affari complessivo si attesta, invece, di norma, dal 2 al 4-5%, a seconda che si tratti di uno store locato nell'entroterra piuttosto che in una zona costiera. Considerato che i prodotti ittici rappresentano il mercato più giovane all'interno di tali superfici di vendita e assumendo come benchmark l'incidenza media sul sell out di punto di vendita relativa al principale prodotto sostitutivo, la carne, - 13%, oggi, nel format super -, innegabili appaiono i potenziali margini di crescita futuri del reparto pescheria per le catene. La discriminante fondamentale sarà, in tal senso, rappresentata da una riscrittura della categoria capace di semplificare e, al contempo, stimolare il processo decisionale d'acquisto dello shopper, attraverso proposte in grado di intercettarne in misura crescente le esigenze.

Il libero servizio
Leva tecnologica e logistica integrata permettono una gestione del prodotto lungo l'intera supply chain in grado di garantire una maggiore shelf life sui banchi, anche mediante soluzioni confezionate e pronte al consumo. Intanto però i prodotti confezionati sono posizionati nelle vasche refrigerate e negli scaffali dei frigo senza una logica percepibile e razionale. Si prenda per esempio il reparto carni: gli elementi di comunicazione non hanno unicamente la funzione di presentare il prodotto, ma anche quella di informare e indirizzare i clienti secondo un criterio crescente di servizio. Al momento solo in alcuni casi e per alcune insegne è possibile cogliere questa attenzione nei reparti pescheria.

Cosa fa Coop
Un approccio diffuso e condiviso è, per esempio, quello a cui si allinea anche Coop Italia, leader di mercato per vendite di pesce fresco nel canale moderno nazionale, con un giro d'affari annuo di 300 milioni di euro. Partendo dall'assunto per cui la freschezza espressa dal banco assistito costituisce veicolo chiave di rassicurazione dello shopper anche con riferimento al libero servizio, il retailer pone fortissima attenzione alla tenuta del display nell'area servita. Check up reiterati nell'arco della giornata, uniti a un'attività di approvvigionamento quotidiano rivolta ai mercati locali sono finalizzati a garantire un visual in cui l'elemento dominante è costituito dalla brillantezza del pesce intero. Un secondo elemento strategico di rassicurazione può, poi, originare direttamente, in alcuni casi, dalla tecnologia di packaging adottata per l'offerta self service: mediante una gestione integralmente terziarizzata della proposta assortimentale in atmosfera protettiva, la catena si propone di ovviare ai dubbi dello shopper circa il reale stato di conservazione degli item ittici referenziati, facendo leva sui temi della tracciabilità e della certezza relativa alla temperatura di confezionamento.

     
  Nuovo approccio al pricing: come affrontarlo

Una migliore gestione del libero servizio e quindi delle referenze confezionate è una delle chiavi praticabili per elevare il valore riconosciuto all'offerta ittica e relativizzare la percezione del livello di prezzo. Funzionale a tale scopo è sicuramente lo sviluppo di modalità alternative di pricing che ragionino su prezzi riferiti alla singola confezione/porzione. Incrementare la veicolazione di prezzi per prodotto in "euro per pezzo o per unità di consumo" genera un impatto positivo sulla convenienza percepita dallo shopper. Diverso è, in questo senso, approcciare un acquisto di orata a 15 euro/kg nel banco assistito, rispetto all'acquisto dello stesso pesce confezionato in pack da 5,25 euro l'uno. E questo nonostante si tratti in entrambi i casi di prodotto dalla pezzatura media di 350 g, che impone un identico esborso monetario per unità di vendita.
Il secondo modello di offerta favorisce nel cliente più sensibile al tema del rapporto qualità/prezzo una superiore percezione del value for money relativo al prodotto in referenziamento, in quanto lo induce più fluidamente a reputare conveniente l'acquisto di 2 porzioni di pesce di pregio al costo di 2,63 euro/porzione (un'orata di 350 g fornisce usualmente due unità di consumo). Indubbi sono anche i ritorni favorevoli nel caso di acquisti nel banco assistito, in quanto, una volta "educato", il cliente tenderà con buona probabilità a mutuare lo stesso "modus cogitandi" maturato nell'area take-away, precedentemente non attivo.

Problem solver
La segmentazione per livello crescente di servizio contribuisce a relativizzare la percezione del livello di prezzo dell'offerta ittica: in particolare con riferimento ai target caratterizzati da scarsa cultura gastronomica del pesce o con poco tempo da dedicare alla preparazione dei pasti. La convenienza percepita sulle referenze con elementi di valore aggiunto diviene in tal caso, infatti, anche funzione dei contenuti di praticità dalle stesse espressi in qualità di "problem solver". Da questo punto di vista, porzionature adeguate, facilità di cottura e di consumo e alta resa rappresentano i driver alla base del progressivo successo di segmenti d'offerta quali pesce crudo, sushi e sashimi e filetti già pronti, puliti e spinati.

 
     

I driver della segmentazione: layout, porzionature, servizio
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Pesce allevato: i potenziali vantaggi di una proposta bio
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Allegati

206_Reparto_pescheria

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