eCommerce, opportunità per il retail o nuovo category killer?

Secondo Roberto Zoia (Igd) bisognerebbe spostare il focus del discorso dal tema eCommerce/affitti e online versus offline alle capacità delle insegne di creare nuovi ambienti di vendita, senza nulla togliere all'importanza dell'argomento canoni

Offline vs online, cioè negozi fisici (tradizionali) versus eCommerce. Oppure online & offline, come una coppietta alla Peynet? Non sono due dimensioni necessariamente e teoricamente in conflitto, qualora il negozio/catena integrino l'eCommerce nella loro strategia omnichannel; sì, può darsi, ma andatelo a raccontare ai 33.000 dipendenti di Toys R Us in Usa (800 negozi chiusi, anche a causa dell'eCommerce) o andatelo a dire ai commessi senza più lavoro di Media World e Trony, altre due vittime del ciclone eCommerce, secondo alcuni più dannoso di Katrina. Un grande punto interrogativo incombe sui ragionamenti dei professionisti del real estate commerciale: i negozi fisici avranno ancora motivo di esistere o dovranno trasformarsi, come già sta accadendo, in showroom esperienziali, in teatri e musei del brand, giuste alcune espressioni in voga?
Nessuno ha la sfera di cristallo, ma non è un caso che il terzo Legal Forum del Cncc sia stato aperto da una tavola rotonda dedicata al tema: "vendite fisiche vs vendite online". Anche se non tutti sono persuasi dall’irriducibilità dell’opposizione tra due formule di vendita al dettaglio oggi sempre più integrate nella sintesi (secondo molti, hegeliana) della visione omnichannel, il fenomeno avrà notevoli, anche se per ora difficilmente quantificabili, implicazioni sulle relazioni negoziali e contrattuali tra proprietà (o società di gestione) e tenant; per tacere delle strategie di marketing e del valore complessivo, anche in sede valutativa, dei cespiti.

Ospite del panel di introduzione, Pierluigi Bernasconi, ex ceo di Media World, la più famosa catena di grande distribuzione CE, ora nelle secche della crisi e delle chiusure, e attualmente Ceo di Mondadori Retail, la più grande catena di libreria italiana, con 600 punti di vendita, fra diretti e franchisee), ha aperto il legal forum con un flash-back interessante: "Quand'ero in Media World, il second leader nella vendita al dettaglio di musica registrata era Autogrill: nessuno ci credeva quando lo raccontavo, ma Autogrill vendeva tantissimo in alcuni picchi promozionali, era vissuto come un canale di acquisto eccezionale nel senso di occasionale, discount, mentre noi eravamo visti come canale di acquisto specializzato di riferimento per gli acquisti regolari, intenzionali e programmati. Quello che sto vedendo oggi è, mutatis mutandis, un fenomeno esattamente contrario: i punti di vendita fisici stanno diventando e temo diventeranno sempre più luoghi eccezionali di acquisto, mentre il web sarà la fonte di acquisto primaria e abitudinaria".

Esiste anche un problema al quale Bernasconi ha solo accennato: la motivazione del personale e la mancanza di prodotto nel retail fisico che, nel caso delle librerie, è figlia di uno squilibrio tra mercato teorico disponibile e offerta reale nel punto di vendita. In Italia si pubblicano 420.000 titoli all’anno, più della metà dei quali vende meno di 100 copie.

Da sinistra, Letizia Cantini (Direttore patrimonio Unicoop Firenze), Patrizia Vola (Responsabile affari legali Gallerie commerciali Italia), Francesco Ruffino (coordinatore Commissione consultiva legale Cncc, Studio Legale Frau Ruffino Verna), Ermanno Niccoli (imprenditore), e Rosemarie Serrato (Partner Nctm Studio Legale associato)

A professionisti dll'immobiliare commerciale e degli shopping centre in particolare, l'aspetto squisitamente commerciale e retail dell'erosione esercitata dall'eCommerce sulle vendite al dettaglio nei negozi tradizionale interessa meno del problema "come ricalcolare il canone e come impiutare le nuove vendite immateriale sugli affitti".

"Il canone non è però l’unico e vero problema - aggiunge Roberto Zoia, direttore sviluppo IGD Siiq S.p.A. e presidente commissione consultiva sviluppo e investimenti Real Estate del Cncc-. Per noi proprietari e gestori di centri commerciali l’importante è, e sarà, sempre più quello di avere tenant vivi, capaci, che attirino il pubblico: il fatto che il tenant mi paghi regolarmente l’affitto, ma poi nessuno entri nel suo negozio perché, ipotizzo, il personale è assente o demotivato, non è un plus. Bisogna creare traffico, vitalità, fedeltà al punto di vendita; il pagamento trimestrale o mensile, il percentage rent o solo il Mgr, sono dettagli tecnici".

"Fra le clausole contrattuali più richieste vi sono i cosiddetti green leases, legati all’ottenimento di certificazioni ambientali come la Breeam-in-use o il Leed Gold, che avvalorino la sostenibilità e il risparmio energetico della parte building, interno compreso -commenta Marianna Vignapiano, Associate Director legal and compliance JLL-. Questi contratti comportano alte spese iniziali, ma garantiscono un ingente risparmio oltre che un ritorno d’immagine. Un green lease  è un contratto di locazione che ha lo scopo di garantire che una proprietà venga utilizzata e gestita in modo da favorire la sostenibilità ambientale".

LE PRINCIPALI CLAUSOLE CONTRATTUALI

  • Il locatore non può fare manutenzione straordinaria durante i periodi di massimo picco
  • Proporzionalità aggiornata del variabile (laddove previsto) secondo l’andamento del vacancy rate
  • Richiesta di garanzie e informazioni sul centro commerciale da parte dei tenant in sede preliminare del contratto
  • Clausole che garantiscano un adeguato livello di servizio, anche e soprattutto nella parte ristorativa (es. menù veg, celiaci, bambini)
  • Penalizzazioni per chiusure dei negozi anche di breve durata

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome