Editoriale – Tutto ha un prezzo: molti principi vengono aggirati se l’offerta è vantaggiosa

Cristina Lazzati, direttore responsabile di Mark Up e Gdoweek
Mark Up – Quale è lo spartiacque tra essere cittadino consumatore o solo consumatore? Il limite tra la propria convenienza e il benessere della società?

Tutto ha un prezzo. Ci piaccia o meno questa affermazione, numeri alla mano, può di dimostrare che molti principi vengono aggirati o dimenticati se l'offerta è vantaggiosa.
Cinico? Certamente. è vero, da queste pagine ho scritto e scriverò che oggi un'azienda per essere profittevole deve essere etica, rispettosa dell'ambiente e delle persone. Sempre da queste pagine, ho scritto e scriverò ancora che un brand da solo non basta, ci deve essere un prodotto di qualità dietro o dentro il brand. In linea di massima queste affermazioni sono vere, ma c'è un limite. Facciamo un esempio: Amazon oggi rappresenta quello che per gli americani per decenni ha rappresentato Walmart: convenienza di prezzo e di location, la massima espressione di entrambe, scelta quasi infinita e aperture 24 ore su 24. Questi due retailer hanno anche altro in comune, oltre ai volumi astronomici del business: la scarsa qualità della vita dei loro lavoratori, cosa risaputa, su cui sono stati scritti articoli e creati gruppi d'opinione, ma il cittadino consumatore, qui più in veste di consumatore che di cittadino, non sembra turbato “as long as...”, come direbbero in Usa, i prezzi continuino ad essere imbattibili e la qualità del servizio ineccepibile. Altro esempio, su un altro fronte, Magnum. Avete presente lo stecco gelato? In occasione dei suoi 25 anni ha lanciato una serie di referenze griffate. Quindi, ecco che Dolce e Gabbana firmano una preziosa scatola in cartone, in cui campeggiano riferimenti raffinati al made in Sicily, perfettamente coerenti con quanto gli stilisti stanno producendo per le loro linee di alta moda; altrettanto coerenti anche gli ingredienti ... pistacchi, cioccolato e così via. Ed ecco che con un prezzo raddoppiato o quasi rispetto ad uno stecco qualsiasi, ma assolutamente sostenibile, ognuno di noi, si può appropriare del suo pezzo di sogno luxury, a tiratura limitata per giunta. Non è un caso isolato, lo hanno fatto nel passato noti marchi di acque minerali e persino una marca di assorbenti.

Peddy Mergui, un artista israeliano, ha fatto di più e in una mostra per il museo Arts & Craft di San Francisco, ha “ribrandizzato” una serie di prodotti alimentari basici, dalla farina Prada al caffè Gucci, dalle uova Versace allo yogurt Tiffany, per finire con il salame Louis Vuitton. Un gioco? Forse. Analoghi esercizi si fecero, alla fine degli anni Novanta, per poter dire che la marca era morta, per inneggiare al no logo, ora si ripresentano, ma con un'allure completamente diversa. Mi faccio e vi faccio una domanda, brand manager, retailer, esperti, o solo interessati, Quale è lo spartiacque tra essere cittadino-consumatore o solo consumatore? Il limite tra la propria convenienza e il benessere della società? Il trade-off tra cinismo e valori? Quanto “valgono” le agognate GG del lusso o una consegna a domicilio gratuita? ...

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