Embargo Russia costato 1 mld al cibo made in Italy

Le esportazioni agroalimentari made in Italy hanno perso oltre un miliardo di euro a causa del blocco applicato a una lista di prodotti con il divieto all'ingresso in Russia di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia.

Il dato emerge da un'analisi di Coldiretti in occasione della visita del vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini in Russia a poco più di quattro anni dall'entrata in vigore dell'embargo con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, più volte rinnovato, come ritorsione alle sanzioni europee. All'azzeramento della spedizione di questi prodotti agroalimentari made in Italy in Russia e alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni si sommano –sottolinea l'associazione- quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy.  Il costo è insostenibile per l'Italia e l'Unione Europea ed è importante che si riprenda la via del dialogo poiché ancora una volta il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.

"A potenziare la produzione del falso made in Italy non è stata però solo l'industria russa, ma –riferisce la Coldiretti – anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall'embargo come la Svizzera, la Bielorussia, l'Argentina o il Brasile, che hanno aumentato le esportazioni dei cibi italiani taroccati nel Paese di Putin.  In Russia  è possibile infatti trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine brasiliana o argentina".

Coldiretti, in riferimento al testo dell’accordo UE-Vietnam -adottato dalla Commissione europea che evidenzia l’ultimo risultato negativo della nuova stagione di accordi commerciali inaugurata dall’Unione Europea con il Canada (Ceta)- denuncia anche che con il via libera all’accordo l’Unione Europea autorizza l’importazione a dazio zero dal Vietnam di 20 mila tonnellate di riso semigreggio, 30 mila tonnellate di lavorato e 30 mila tonnellate di riso aromatico in una situazione di grave difficoltà per la produzione nazionale.  “Il settore agricolo non deve diventare merce di scambio degli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale e ambientale sui territori" ha affermato il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “sono queste le decisioni che allontanano i cittadini dall’Unione Europea come ha evidenziato il sondaggio Eurobarometro”. Ancora più grave è il fatto –conclude il presidente– che l’accordo non prevede l’approvazione dei parlamenti nazionali e sarà inviato direttamente a Consiglio e Parlamento UE per ratifica.

Si tratta – chiarisce l'associazione dei coltivatori diretti- di una decisione sbagliata e contraddittoria in virtù della difficile situazione del comparto per le importazioni di riso da Cambogia e Birmania e alla luce dell’apertura da parte dell’Unione europea di un’inchiesta in merito al regime particolarmente favorevole praticato nei confronti dei Paesi meno avanzati (accordo Eba), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero. "Le importazioni da Paesi asiatici che non rispettano le stesso norme sanitarie, ambientali e sul lavoro delle produzioni europee sono  la causa principale della crisi del settore risicolo Made in Italy. La campagna risicola è appena scattata, ma le prime stime danno un calo produttivo, frutto delle condizioni climatiche avverse e dei continui sbalzi di temperatura, ma anche del crollo dei prezzi causato dalle importazioni che ha messo in ginocchio le aziende italiane".

 

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