Esportare negli Usa: ecco cosa sapere

I passi da fare per entrare sul territorio statunitense, i principali problemi da affrontare e le possibili soluzioni per distribuire prodotti su questo mercato (da Mark Up 248 - 2016)

012_MARKUP04_2016_CoverStory_ExportUSA_dataSul fatto che il mercato americano sia uno dei più importanti, per l’agroalimentare italiano, siamo tutti d’accordo: le esportazioni di Made in Italy superano i 3 miliardi e mezzo e sono in costante crescita. Inoltre, si prevede che la spesa statunitense nell’alimentare, nel suo complesso, aumenti del 23% in valore entro il 2024, superando i 1.500 miliardi di dollari (Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Ihs). È del tutto evidente quidi il potenziale che questo Paese esprime in termini di sviluppo dell’export per i produttori di casa nostra. Tuttavia è bene saperlo: non ci si improvvisa esportatori, soprattutto sul suolo statunitense, dove servono operatori di dimensioni abbastanza grandi da disporre di quella capacità organizzativa, produttiva, finanziaria, negoziale e logistica adeguate per distribuire il proprio prodotto.

L’offerta del food Made in Italy è la preferita 012_MARKUP04_2016_CoverStory_ExportUSA_Ranadagli americani
Si colloca subito dopo il prodotto local. Agli statunitensi piace, oggi più di ieri, comprare referenze agroalimentari italiane. Ce lo conferma anche la recente ricerca “Growing seeds forum” di Nomisma, che ha indagato l’interesse del consumatore americano all’acquisto di prodotti Made in Italy (l’indagine, svolta nel corso del 2015, ha coinvolto 1.820 responsabili di acquisto delle famiglie statunitensi, nelle aree: New York, Los Angeles, Chicago, Boston, Miami, San Francisco). Secondo Nomisma, sebbene il 73% della spesa alimentare della famiglia americana sia rappresentata da prodotti Made in Usa, il rimanente 27% del carrello è costituito soprattutto da prodotti Made in Italy. L’Italia sarebbe inoltre il primo paese riconosciuto per qualità dei prodotti (26%), distaccando notevolmente paesi come il vicino Canada (13%) o con una apprezzata tradizione alimentare come la Francia e la Spagna (che si fermano al 10%). 012_MARKUP04_2016_CoverStory_ExportUSA_LibrettiEstremamente interessante, inoltre, l’elevato livello di reputation di cui gode l’alimentare italiano negli States: oltre il 40% del campione americano giudica la qualità del nostro agroalimentare superiore rispetto alla produzione locale. A patto che si tratti di prodotto veramente italiano, dove “Made in Italy”, per il 33% dei rispondenti, significa “prodotto realizzato con ingredienti al 100% italiani”. L’autenticità degli alimenti, del resto, è importante per l’85% dei rispondenti, percentuale che supera
il 90% quando si tratta di esprimere l’interesse per i sistemi di tutela della produzione, che sono intesi soprattutto come garanzia di sicurezza e di qualità dei cibi. E, per essere certi dell’origine italiana dei prodotto, gli americani sono anche disposti a spendere qualcosa in più: è così per oltre il 70% degli intervistati.

L’articolo completo su Mark Up n. 247 con approfondimenti su:

  • La registrazione per entrare in Usa
  • Barriere tariffarie
  • Società in loco
  • Targettizzazione
  • Investimento in promozione
  • Lotta alla contraffazione

Con le opinioni di:

  • Sabato D’Amico - amministratore delegato D&D Italia
  • Gianluca Rana - amministratore delegato Gruppo Rana
  • Giuseppe Di Martino - titolare Gruppo Di Martino
  • Gianpiero Calzolari - presidente Granarolo
  • Ambrogio Invernizzi - presidente Inalpi
  • Mauro Mantovani - chief commercial officer Lavazza
  • Giuseppe Libretti - presidente gruppo Libretti
  • Leonardo Vena - responsabile marketing Amaro Lucano
  • Dario Roncadin - amministratore delegato Roncadin
  • Roberto Renna - direttore operativo Puglia Sapori

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