Esselunga: un’azienda, una squadra, un uomo

Cristina Lazzati, direttore responsabile di Mark Up e Gdoweek

Tiriamo ad indovinare. Un uomo e una squadra -l’uomo senza la squadra non sarebbe arrivato dov’è-, oppure, la squadra senza l’uomo? Questo è il quesito che si pongono in tanti e che fa riflettere su che cosa oggi significhi essere un
leader. Per i più sprovveduti potere e soldi, ma tutti sappiamo che essere leader oggi è responsabilità: verso le persone che lavorano con te e verso il cliente che ogni giorno entra nei tuoi punti di vendita o compra i tuoi prodotti; ma anche verso il Paese.
Un’azienda oggi ha il dovere di essere profittevole, questo garantisce posti di lavoro, stipendi e consumi, in sintesi la crescita di un Pil che in Italia fatica riprendersi. Essere azienda oggi significa rispettare i propri collaboratori e guidarli verso il successo, personale e di gruppo.
Non è facile (non lo è mai stato), essere leader non è un lavoro per dilettanti. Qualcosa è cambiato, certo nel modo di consumare, Vaisa paisol, per prendere a prestito un termine indiano che indica la determinazione del consumatore
di poter acquistare prodotti di qualità a prezzi adeguati ai suoi mezzi economici. Oggi il consumatore chiede alle aziende di ripensare alla loro offerta, non abbassando la qualità, ma rivedendo il loro sistema di costi così da poter
veicolare quanto risparmiato su prezzi più bassi.
Le aziende del mondo dell’industria lo stanno ascoltando?
E i retailer? Per un retailer la risposta risiede in un lavoro continuato di ricerca, di selezione e di offerta, è fatta di ordine e disciplina, di capacità negoziale con l’industria e con il consumatore.
Di capacità di riconoscere in quali categorie è possibile mediare tra la ricchezza di referenze e in quali altri semplificarle. Significa abbattere i costi del backoffice, affidarsi a sistemi informatizzati in grado di fornire risposte in tempo reale, così da trasformarle in decisioni istantanee.
Pensiamo ad un concerto con un orchestra di strumenti che suona in sincrono, e tornando ad Esselunga è così che mi piace pensare a Bernardo Caprotti, come a un direttore d’orchestra che ha scelto ad una ad una le persone di cui circondarsi, per la loro bravura, certo, ma anche per la loro capacità di “sentire” e di abbandonarsi al suo tocco. Perché leader significa anche questo: intuito, preveggenza, sapersi abbandonare all’istinto e, nel contempo, alla capacità di posticipare talvolta le proprie intuizioni, per non rischiare troppo. Significa
pensare al dopo. Non si incontrano imprenditori geniali tutti i giorni, e tanto meno manager.
La magia di Esselunga inutile negarlo dipende molto dall’uomo, ma rimane un valore italiano, un made in Italy che ci rende fieri, per la sua organizzazione,
per la sua capacità di esser sempre in prima linea con una struttura solida che
si è dimostrata in grado di evolversi nel tempo.
Augurandogli una meritata pensione, salutiamo anche noi con un po’ di nostalgia uno degli uomini che ha fatto la storia della distribuzione e gli rendiamo omaggio, certi che nella sua lungimiranza abbia saputo conservare un po’ di magia anche per chi oggi continua la sua opera. Lunga vita all’Esselunga!

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