Flash Mob: coreografie e copioni di marketing

MARK UP LAB – Il primo Flash Mob va in onda a New York, da Macy a Manhattan nel 2003 e già da qualche anno è arrivato nelle nostre città. È interessante tenerne conto. (da MARKUP 213)

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Pare che nelle intenzioni di Bill Wasik, l'ideatore del flash mob, dovesse essere semplicemente una performance inedita e anticonformista fine a se stessa. Se questo fu il primo passo, molti altri sono stati i passi a seguire. Si è nel tempo affermato come fenomeno di comunicazione istituzionale e di utilizzo sociale per dar voce a cause condivisibili.

Per aziende
Ha contemporaneamente svoltato verso i territori del marketing ed ha polarizzato l'attenzione delle aziende. Va in onda in luoghi di elevato passaggio e passeggio: stazioni, aeroporti, centri commerciali, piazze centrali. Immaginate piazza Duomo a Milano o la Grand Central Station a New York, in un pomeriggio qualsiasi: brusio e frenetico corri-corri di gente che va per la propria strada. All'improvviso, uno, dieci, cento, duecento di loro si avvicinano lentamente uno all'altro, si levano giacche e cappotti e, tutti con la stessa T-shirt (ma altre volte anche senza l'abbigliamento di riconoscimento), creano un'omogenea macchia umana, proprio in mezzo alla gente che va. C'è un segnale di via che può essere un fischio, un orologio in piazza ad un'ora stabilita, una campanella stile inizio lezioni o un gesto pattuito di un capofila. Parte ad alto volume una colonna sonora, scelta strategicamente perché emozionale e ballabile, ma altre volte va in scena il silenzio. Tutti insieme, in ossessiva sincronia, i duecento mobbers danno inizio a passi precisi ben organizzati da una coreografia a sorpresa, ma disegnata da accurato backstage.

Sorpresa
Tutto avviene all'improvviso, creando curiosità e stupore tra i passanti. Nasce all'improvviso e all'improvviso finisce. Dura tre, cinque minuti o poco più: l'allungo dei tempi smorza l'effetto adrenalinico dello stupore. Con uno strategico ciak-si-gira va in onda e con un altrettanto pianificato ciak si chiude. Così come si è aggregato, con la stessa naturalezza e in tutta calma, ogni flash mobber si rimette la giacca e se ne va, da solo, in silenzio. Esce di scena. L'invito a partecipare è tutto virtuale, niente di cartaceo: sms, e-mail, social network, blog, coinvolgimento di community. Gli stessi passi vengono illustrati e appresi via internet. Vietati volantini e pubblicità e vietato l'applauso finale, anche se è difficile frenare il coinvolgimento di chi assiste: musica, passi e copione sono trascinanti. Già, perché, prima ancora della coreografia, ci vuole il copione: ci sono i silent flash mob che mettono in scena il silenzio, i frozen flash mob che congelano e ingessano i mobbers come fossero statue, i flash mob con auricolari dai passi silenziosi, ma sincronizzati. Più il canovaccio si fa marketing oriented, più la sua elaborazione si fa strategica e su misura del singolo messaggio aziendale. Ma perché il Flash Mob è strumento di marketing per un'azienda? Perché sceglie come palcoscenico luoghi e location dove il consumatore finale passa il proprio tempo o almeno è di passaggio. Fattore cruciale in una società in cui il consumatore è stanco di promozioni, non legge giornali e brochure, evita la pubblicità in televisione, è saturo, prevenuto, stressato da telemarketing, assolutamente non disposto all'ascolto e tanto meno a dare il proprio tempo.

Mobilitazione
Il Flash Mob ha una forza di mobilitazione, aggrega elevati gruppi di persone, innerva fierezza di partecipazione. Polarizza l'attenzione di migliaia di passanti in un colpo solo e, anche solo per pochi minuti, li cattura. Lascia impresse tracce ed emozioni connesse al proprio brand molto forti, indelebili. Il Flash Mob parla alla gente con un nuovo linguaggio, la sua comunicazione non è convenzionale, è nuova, fresca, leggera, diversa. E, soprattutto, viene filmato, trasferito su internet e ripreso su altri media. Perché non provare?

Allegati

213_Milesi

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