Gd alimentare, alta variabilità di quote per regioni e province

Urbanistica real estate & cci – ci sono margini di crescita importanti anche in province dove le quote di mercato sono alte

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1. Tra 2003 e 2009 la quota di mercato complessiva della Gd alimentare è passata dal 45,7% al 53,3%
2.
Il dato varia molto sul territorio: si va dal 60,9% nel nord-ovest
al 37,8% del sud (isole escluse)

Michel gira l’Italia per capire la grande distribuzione alimentare. La sua società, leader nel suo paese d’origine, vuole entrare nel mercato italiano.
Mi avevano anche detto che Michel era interessato a tutto di tutto: perché la produttività dei supermercati al sud è diversa che al nord, perché quella nota insegna straniera vuole vendere i negozi a sud di Roma, e così via.
Lo incontrai e mi fece una domanda che mi prese in contropiede: “Quanti superstore devo aprire in Italia per raggiungere il fatturato alimentare di un grande ipermercato”?
La domanda m’incuriosì molto, tanto che gli chiesi perché voleva sapere una cosa simile.
Te lo dirò quando mi avrai risposto, mi disse, e ci salutammo cordialmente.
Qualche settimana dopo gli comunicai il responso: caro Michel, per raggiungere il fatturato alimentare di un grande ipermercato (inteso come punto di vendita con superficie di vendita uguale o superiore a 4.500 mq) ti servono, mediamente, 1,7 superstore; qualche anno fa, nel 2005, te ne sarebbero serviti 2,4 e due anni fa 2,0.
E adesso, come promesso, mi devi dire perché t’interessa questo dato.
“Perché - mi rispose (e mi sembrava felice) - era l’ultima informazione che mi serviva per concludere definitivamente quello che già avevo intuito: aprire grandi ipermercati in Italia, salvo rare eccezioni, è roba da matti; noi non li svilupperemo mai”.

Ipermercati: crescita o ridimensionamento?
Chissà se Michel ha ragione. Per adesso il ridimensionamento degli ipermercati di grande superficie è poco più di un argomento di studio basato su ipotesi piuttosto semplici; una delle quali è che, quando l’ipermercato fece i suoi esordi, non c’erano i grandi specialisti non-food. Oggi, invece, abbiamo grandi specialisti nel non-alimentare che stanno crescendo in fretta e spesso la loro offerta (prezzo/servizio) convince di più di quella dei reparti di un ipermercato.
In realtà, negli ultimi 6 anni la crescita numerica dei grandi ipermercati è risultata importante (+44%), la loro dimensione totale media si è ridotta di ben poco, passando dai 7.200 mq del 2003 ai 7.100 del 2009, così come la superficie mediamente destinata ai prodotti alimentari (da 3.410 a 3.387 mq).
Devo ammettere che Michel si ascolta con grande piacere quando teorizza che gli esercizi grandi sono “legnosi” (spero di aver tradotto bene il termine, perché Michel non parla tanto bene l’italiano e io parlo ancora meno la sua lingua), ma mi sembra di aver colto il senso.

Ipermercati di grande dimensione
 (=>4.500 mq di Gla) 2003 2005 2007 2009
Esercizi 258 282 332 372
Superficie media mq 7.199 7.269 7.139 7.123
Superficie media alimentare mq 3.410 3.431 3.392 3.387


I vantaggi delle piccole superfici

Lo slogan “piccolo è bello” cozza con il gigantismo del nostro tempo alimentato dalla globalizzazione e riporta a un periodo non lontano in cui noi, giovani (allora) illuminati, sognavamo di cambiare il mondo attraverso comportamenti e azioni capaci di incidere sul divenire delle cose. Da questo punto di vista Michel mi riaccende una speranza che la brutalità del quotidiano rischia di spegnere definitivamente.
Quanto meno le sue idee sulla capacità vincente di imprese distributive che per scelta si pongono l’obiettivo di rispondere al meglio alle esigenze della domanda e che per poterlo fare devono essere elastiche per reagire alle rapide mutazioni del mercato - e che quindi devono operare con esercizi di dimensioni non pachidermiche - mi affascinano.
Sempre meglio rispetto a imprese che, dominate dall’ossessione dell’“ultima riga” di bilancio, agiscono quotidianamente per rispondere alle esigenze di una proprietà - magari ampia tipo “public company” - che richiede risultati per domani mattina e che, per questo, sacrifica i fondamentali del business, pretendendo e imponendo una rete fatta da cloni i cui risultati possono essere facilmente analizzati da manager mastermuniti, su un foglio excel.

Variabilità dei formati e potere d’acquisto
Se Michel ha ragione allora il “piccolo è bello” può essere una risposta. Ma “piccolo” non significa “minimo”: basti pensare alla variabilità dimensionale dei supermercati e dei superstore: in un mercato come quello italiano possiamo parlare di 1.500/3.500 mq di superficie di vendita, cioè di 2.500/5.000 mq di superficie totale.
“Ma Michel - chiedo - come si sposa tutto questo con la globalizzazione? Se vado in Danone, o Coca-Cola, il prezzo che posso spuntare è strettamente legato ai volumi degli acquisti: se sono piccolo il prezzo che potrò spuntare sarà superiore a quello dei miei concorrenti più grandi e, di conseguenza, non sarò competitivo”.
Michel ha una risposta semplice e ovvia: è evidente - dice - che il piccolo esercizio in quanto tale non ha capacità contrattuale, ma questa risiede nella contrattualistica dell’insegna o, aggiunge, delle insegne”.
“Stai teorizzando che i piccoli si debbono mettere insieme?” “Certo, o sono tanti piccoli di una sola insegna, o sono tanti piccoli che comprano insieme; non hai capacità contrattuale con produttori che occupano il 40% degli spazi pubblicitari televisivi”.
“E quali sono, Michel?”
“Vedi tu, basta guardare la televisione”.
“Ma la ‘signora Mariuccia’, figlia di uno storico e quotato macellaio, dovrà scomparire?”
“No, ma dovrà trovarsi una nicchia di mercato - e ce ne sono tante di nicchie se nel mondo occidentale continueremo a essere ricchi - che né io, con i miei superstore, né i grandi ipermercati, saremo in grado di presidiare”.

I piccoli resistono
La capacità di resistenza della piccola distribuzione è notevole tanto che a fronte di un incremento della superficie della grande distribuzione alimentare del 30,5% in 6 anni la quota di mercato della stessa Gd si è incrementata solo del 16,6%.

Incremento della Gd alimentare
Nell’intervallo temporale 2003-2009 la quota di mercato complessiva - considerando tutti gli esercizi di almeno 200 mq di superficie di vendita - della Gd alimentare, è passata dal 45,7 al 53,3%. Per quota di mercato s’intende il valore delle vendite sul consumo di prodotti alimentari, dato piuttosto variabile sul territorio: si va dal 60,9% nel nord-ovest al 37,8% del sud (isole escluse).
Michel dice che si arriverà al 75% (medio nazionale). Gli faccio notare che - se le attuali tendenze venissero confermate - per arrivare a questa quota si dovrebbero aggiungere 19,2 milioni di mq di superficie di vendita agli attuali 13,6, cioè la rete dovrebbe ben più che raddoppiare.
Non si scompone e commenta che anche in questo scenario resterebbe un mercato adeguato e sufficiente per le figlie degli storici e quotati macellai, così come per i mercati coperti che, anzi, vivranno una seconda giovinezza e anche per i produttori che vendono direttamente al pubblico.
“Ma, Michel, ti rendi conto che un simile incremento della rete scatenerebbe una reazione feroce di tutti quelli che vogliono il mantenimento dello status quo?”
Anche su questo Michel ha le idee chiare: in tutti i paesi europei, grassi ed egoisti, sono state introdotte norme per rendere più difficile l’apertura di nuovi esercizi moderni e produttivi, cioè l’accesso al mercato, teorizzando che deve essere ricercato un equilibrio tra domanda e offerta.
Questo fantomatico equilibrio, assai cervellotico da determinare e ancor più difficile da realizzare, è una stupidaggine ed è in antitesi con le logiche più elementari del mercato: cosa significa equilibrio tra domanda e offerta, concetto che tante volte ho letto sui documenti di programmazione dello sviluppo delle reti distributive?
Significa forse che, trovato l’equilibrio, chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori? Bel mercato! Mercato significa competizione continua, che poi, guarda caso, è quella che ha creato le condizioni per lo sviluppo.
Se togli la competizione, cioè il fatto che io, nuovo arrivato, vengo a rompere le scatole a te che sei già lì e ti costringo a darti una mossa per reagire inventandoti nuove cose vincenti, allora viene a mancare l’energia per far funzionare la macchina.
Stai certo che fino a quando i nostri paesi occidentali saranno basati sull’economia di mercato i tentativi per bloccare la crescita delle reti distributive sarà destinata al fallimento.
D’altra parte, ti chiedo, le norme italiane, che tutti consideriamo piuttosto restrittive in materia di nuove aperture e che non sono una novità di oggi, hanno forse prodotto risultati apprezzabili?
“Dimmi quanti erano gli esercizi e i mq della Gd alimentare 6 anni fa e quanti sono oggi?”
Non mi risulta che nessuna autorità preposta alla programmazione abbia ipotizzato un incremento della rete in sei anni del 31%, come si è verificato, tanto più in una situazione in cui la domanda (mercato) è cresciuta solo del 12%.
I dati esposti sono riferiti alla media nazionale e le situazioni territoriali all’interno del paese variano molto e, quindi, la crescita della rete - e con essa delle quote di mercato - non è stata omogenea e non lo sarà nemmeno in futuro. Basta dare un’occhiata alle quote di mercato nelle diverse macro aree per rendersene conto.
Se dalle macro aree si scende a livelli territoriali inferiori le differenze risultano ancor più marcate. Alla scala provinciale, per esempio, la quota di mercato della Gd alimentare nel 2009 è risultata pari al 28,7% a Caserta, contro l’80,2% a Novara.
L’enorme differenza dipende da molte variabili: la quantità e la diffusione territoriale degli esercizi, la tenuta della distribuzione “altra”, la propensione dei consumatori, la produttività (leggi: vendite per mq) delle varie tipologie, il livello del consumo pro capite. Queste variabili sono fortemente interconnesse, sicché, prese isolatamente, non spiegano il fenomeno: è necessario quindi considerarle complessivamente, ma non lo faremo in questa sede.
Qui ne citiamo solo una, che interessa molto Michel: la produttività - leggi vendite per mq alimentare.
Quelle degli ipermercati risultano decisamente più alte al nord rispetto al sud; ma non è la stessa cosa per i discount, seppure sia riscontrabile una differenza.

I vantaggi del discount
I discount interessano molto Michel che considera questa tipologia il competitor di domani per i suoi supermercati. Il fatto che essi raccolgano attualmente solo il 6% del mercato non lo tranquillizza per nulla. E forse ha ragione anche questa volta: in sei anni il loro numero è cresciuto del 52% (supermercati + 5%) e la loro superficie media è aumentata del 21% (supermercati +5%).
Sono molto agili, la loro crescita dà meno nell’occhio, possono inserirsi in mercati piccoli, hanno cominciato a vendere il fresco, hanno capito che il loro messaggio non può essere più solo il prezzo; e poi ci sono 4 gruppi che raccolgono più del 60% del fatturato della tipologia.
Per adesso la quota di mercato è bassa se rapportata a quella delle altre tipologie ma può crescere rapidamente e a fronte del 6% medio nazionale già ci sono province in cui la quota è più del doppio, un esempio per tutti: Sassari.
L’ultima richiesta di Michel mi ha tolto il sonno per alcune notti; l’incontentabile vuole una valutazione sintetica del potenziale di crescita della Gd alimentare nelle diverse province italiane. Ma, mi precisa, non mi raccontare che il potenziale è più alto dove ci sono meno mq per abitante; voglio un indicatore che sintetizzi tutte le variabili del gioco o, se non tutte, almeno le principali: la domanda (cioè abitanti e loro consumo medio pro capite), l’offerta (cioè mq delle diverse tipologie) e la produttività (cioè vendite per mq per le diverse tipologie nelle varie realtà territoriali).
Qualche notte dopo lo informo che sì la simulazione si può fare, ma solo “a bocce ferme”, vale a dire con i valori che le diverse variabili assumono oggi; l’incontentabile questa volta si accontenta e così gli fornisco (vedi il grafico a fianco) la risposta:
“Come vedi, commenta Michel, ci sono importanti potenziali di crescita anche in province dove la quota di mercato della Gd è elevata e non solo in quelle in cui la quota è bassa. Bene, nel tuo paese ci sarà molto da fare nei prossimi anni”.
E credo che anche per me ci sarà molto da fare, perché l’incontentabile mi ha già preannunciato che non gli bastano i potenziali per provincia (li vuole per comune), né il potenziale complessivo della Gd (vuole anche quello per tipologia). Se verrà fuori qualcosa di interessante vi farò sapere.
*amministratore delegato di Sincron Inova

Gd alimentare: incidenza sui consumi food
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Incidenza dei grandi ipermercati
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Incidenza degli Iper piccoli e dei superstore
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Incidenza dei supermercati
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Incidenza delle superette
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Discount in crescita. Resistono i piccoli
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Sviluppo trainato dalle nuove aperture
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Incidenza dei discount
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Nord...produttivo
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Pdv e superfici crescono più del doppio rispetto al mercato
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Nord ovest e nord est i più avanti
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Popolazione quasi ferma. Impennata di mq
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Allegati

Cci2011-MKUP-Gd_alimentare

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