Gda, i prezzi crescono ma meno della fonte

Consumi – Per la prima volta dopo 16 mesi di deflazione, in dicembre aumenta dello 0,3% il costo dei prodotti di largo consumo confezionato sugli scaffali. I rialzi delle materie prime fanno salire i prezzi alla produzione (+4%)

Tradizionalmente la grande distribuzione svolge un ruolo di calmieratore dei prezzi, assorbendo in parte i rialzi che avvengono in fase di produzione industriale attraverso i meccanismi della libera contrattazione e della concorrenza. Un ruolo che in futuro potrebbe essere messo a rischio dall’impennata dei prezzi delle materie prime: un trend iniziato nei primi mesi del 2010 ma intensificatosi a partire dall’inizio del secondo semestre 2010 (a dicembre 2010 rispetto a dicembre 2009 le materie prime del comparto alimentare hanno registrato un +35%).

Da luglio, in stretta relazione anche se in modo più contenuto, hanno iniziato ad aumentare anche i prezzi alla produzione (+4,1% per alimentari e bevande a dicembre 2010 su dicembre 2009 contro un aumento dei prezzi al consumo del +0,9%, dati Istat).

Tanto che a dicembre, per la prima volta dopo 16 mesi di deflazione, è stato rilevato un aumento dello 0,3% dei prezzi dei prodotti di largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati (Fonte: Osservatorio Prezzi Indicod-Ecr - Symphony Iri Group). Comunque molto inferiore rispetto ai prezzi al consumo, all’indice generale dei prezzi, salito del +1,9% ma anche delle spese obbligate (abitazione, acqua, elettricità e combustibili), aumentati dal 2005 al 2010 del +17,1% (i prodotti alimentari hanno registrato, nello stesso intervallo di tempo, un incremento del +12,3%).


In alto, prezzi alla produzione e al consumo per beni alimentari e bevande (indice armonizzato per i prezzi al consumo) periodo gennaio 2006-dicembre 2010;
in basso variazione prezzi produzione a confronto con prezzi al consumo. Fonte: Istat e Osservatorio Prezzi Indicod-Ecr - Symphony Iri Group (prezzi LCC a parità)

Materie prime: perché aumentano

Caffè, grassi, cereali e cotone sono tra i prodotti più colpiti da forti aumenti con punte nell’ultimo anno del +41,6% per cereali e farine (fonte: Indici Prometeia) e grassi (+41,3%), livelli record per il caffè (+56% dati International Coffee Organization) mentre il cotone è arrivato a guadagnare il 90% e non accenna a frenare la sua corsa al rialzo. Con logiche ripercussioni sui costi dei prodotti finiti nei comparti alimentare e moda.

Tra le cause dei rialzi, l’aumento della domanda globale dovuto alla crescita demografica, la progressiva urbanizzazione delle popolazioni dei paesi emergenti (con conseguente modifica delle esigenze di consumo, alimentare e non), la sostituzione di coltivazioni a fini alimentari con altre finalizzate al biofuel ma anche i cambiamenti climatici, con un aumento di fenomeni estremi quali ondate di siccità e inondazioni.

La speculazione finanziaria fa poi la sua parte: ormai anche le materie prime alimentari sono considerate beni rifugio sui quali effettuare investimenti scuri. Dopo l’impennata del biennio 2006-07 (costata alle imprese italiane aumenti sui mercati esterni fino al 46%), si stima che oggi le speculazioni finanziarie determinino il 20% degli aumenti (fonte Prometeia).

Sistema Italia a caro prezzo

Gli addetti ai lavori puntano anche il dito su un “sistema Italia” inefficiente che causerebbe alle imprese costi maggiori rispetto al resto d’Europa, durante e dopo la produzione. In particolare, il prezzo per l’energia elettrica per uso industriale è in Italia di circa 0,15 euro/kWh (nel 2008 nella categoria di consumo fra 2.000 e 20.000 MWh annui), contro una media comunitaria di 0,11 euro/kWh (fonte Nomisma su dati Eurostat) ed è alto il costo chilometrico dell’autotrasporto (1,54 euro in Italia, contro 1,46 in Francia, 1,44 in Germania e 1,18 in Spagna, fonte: Albo Nazionale Autotrasportatori).

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