Gli opinionisti di Mark Up – Andrea Notarnicola

Alcuni brand uniscono, altri dividono. Da un lato le marche, attraverso processi inclusivi, diventano agente politico del cambiamento sociale per l’inclusione delle diversità. Dall’altro spesso si confrontano con pratiche e linguaggi in rete sempre più aggressivi e invasivi. Sarà presentato a Trieste il “manifesto della comunicazione non-ostile”, una carta che riunirà le riflessioni raccolte sul web per ridurre, arginare e combattere le pratiche e i linguaggi negativi della rete. “La ferita provocata da una parola non guarisce”: tweet, post e status feriscono, fanno arrabbiare, offendono, denigrano, allontanano. Sono cioè il contrario di un modello di comunicazione inclusiva. Se è vero che i social network sono luoghi virtuali dove si incontrano persone reali, viene da chiedersi chi siamo e con chi vogliamo condividere questo luogo. Un panel speciale dell’evento “Parole O_Stili”, al quale partecipano brand impegnati nello sviluppo di un linguaggio inclusivo, sarà dedicato al mondo del business e dell’advertising. Il mondo del web è infatti inquinato da strategie di marketing vissute dai clienti come aggressive e spregiudicate. Molti utenti reagiscono a loro volta, sfruttando gli spazi della rete per denunciare ingiustizie vere o presunte, per lamentare disservizi, per sabotaggio ideologico o gusto del trolling, per sfogare frustrazioni e rabbia accumulate contro marche che continuano a rappresentare negli spot figure nelle quali non si riconoscono. Che responsabilità ha un brand nella definizione del mondo che ci circonda? È possibile vendere al consumatore e sensibilizzarlo in modo costruttivo?

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