Gli osservatori di MARK UP – Alla carota fa difetto la 4a gamma

Articolo pubblicato su MARK UP 96 settembre 2002 – Segmentazione: decisamente limitata nel caso del prodotto orticolo

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È prodotto nostrano e continuativo. Ma la proposta di maggior servizio finora non ha trovato molto seguito

Non ha stagionalità. Stiamo parlando della carota, ortaggio che insieme a pochi altri, grazie all’esistenza di zone di produzione localizzate lungo tutta la penisola, è disponibile sul mercato italiano con continuità.
Il vegetale è apprezzato per una serie di ragioni: dal prezzo contenuto alle modalità di utilizzo. Le carote, infatti, si prestano a una serie di preparazioni: cotte a vapore, come ingredienti di ricette, soffritte o ancora fresche, grattugiate, tagliate a rondelle e così via.

Il prodotto fresco. La presenza continuativa sul mercato è un requisito fondamentale per impostare una strategia di valorizzazione dell’offerta.
Per la carota il sistema produttivo nazionale è ancora alla ricerca di un elemento che sia di forte appeal per il consumatore. Le confezioni in sacchetto a marchio del coltivatore (con indicazioni di categoria, varietà e origine) sono ancora l’eccezione.
In circostanze simili, altri ortaggi hanno potuto enfatizzare le diversità cromatiche o la provenienza. Per esempio, l’asparago dispone di una proposta commerciale articolata su varietà bianche e verdi; il carciofo sfrutta la zona di provenienza - romanesco, spinoso sardo e catanese - per segnalare varietà con caratteristiche di gusto diverse tra di loro.
Al contrario, la carota non dispone di varietà che le consentano una segmentazione così marcata.

La catena del valore. L’analisi condotta sulla formazione del prezzo di vendita mette in luce un fatto comune ai prodotti dell’agricoltura, evidenziato in queste stesse pagine dall’osservatorio di Nomisma. La quota destinata al produttore, pari al 23% del prezzo finale di vendita al consumo.
Una soluzione potrebbe essere quella di dare più valore aggiunto al prodotto facendo crescere il contenuto di servizio, per esempio con proposte di 4ª gamma come carote a fili o tagliate julienne. Peccato però che la proposta non sia in grado di garantire uno sbocco alternativo al mercato del fresco a causa dei volumi ancora contenuti. Solo l’8,4% di chi si dichiara consumatore abituale di prodotti di 4ª gamma mette le carote tagliate in cima alle proprie preferenze d’acquisto. La strada dell’innovazione si scontra con la necessità di collocare sul mercato quantitativi di prodotto più consistenti di quelli attuali.

I plus. I tentavi di valorizzazione realizzati finora hanno puntato sulla valenza salutistica del prodotto, che viene presentato come vettore di un concentrato di sostanze benefiche: provitamina A o betacarotene.
Il tentativo è quello di accreditare la carota quale sostitutivo naturale di prodotti vitaminici. I risultati ottenuti non sono stati però finora incoraggianti.
Per questo, varrebbe forse la pena orientare le scelte di marketing più verso l’aspetto legato alla freschezza del prodotto, cioè come passaggio diretto dai campi di raccolta al lineare di vendita. I produttori italiani di carote hanno oggi in mano un prodotto di elevata qualità, pronto a essere introdotto sul mercato in quantitativi che da una stagione all’altra possono essere stimati con esattezza.

La freschezza. Il prodotto fresco ha caratteristiche che lo distinguono anche visivamente da quello conservato: uno stoccaggio prolungato provoca l’ingiallimento della carota, deprezzandola.
Il sistema deve dunque puntare in primo luogo a migliorare la qualità del prodotto percepita dal consumatore. Il tutto presuppone grande efficienza nella logistica e nella raccolta del prodotto per cui il sistema non può venire realizzato in tempi brevi senza condivisione degli obiettivi da parte degli operatori coinvolti. La sfida per il settore primario è quella di sviluppare forme efficaci di coordinamento produttivo a partire dalle quali attivare un marketing di tipo territoriale.

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