Gli Stati Uniti dichiarano guerra ai formaggi italiani

“Impose the same restriction on them that they do on us” è la richiesta ufficiale che il Consortium of Common Food Names (CCFN) ha fatto arrivare alla Casa Bianca

È guerra tra l’Italia e gli Stati Uniti. Motivo del contendere? Il formaggio. Il Consortium of Common Food Names (CCFN) ha, infatti, recapitato al presidente Trump una lettera dove si chiede il blocco delle importazioni di formaggi europei (soprattutto italiani). L'associazione dei produttori americani di formaggio – parmesan, romano e gambonzola – accusa, inoltre, l’Unione europea di eccessivo protezionismo e, al contempo, chiede di chiudere le dogane, rivendicando la genericità di molte Indicazioni Geografiche europee.

“Una richiesta simile è inaccettabile e preoccupante – ha dichiarato Giuseppe Ambrosi, Presidente di Assolatte – e per questo chiediamo alle istituzioni italiane ed europee di intervenire al più presto. Chiediamo rassicurazioni sul fatto che la posizione e le richieste dei nostri competitor siano respinte dal Governo USA. Se così non fosse, sarebbe un durissimo colpo per il nostro settore”.

Nella sua lettera la lobby statunitense del formaggio si chiede per quale ragione gli operatori europei possano vendere negli USA il Grana Padano, il Gorgonzola e il Parmigiano Reggiano, mentre quelli statunitensi non possono esportare in UE il parmesan del Wisconsin, il grana o il romano cheese.

La risposa di Assolatte è semplice: i nostri sono formaggi che si attengono a rigidi disciplinari nel rispetto dell’origine territoriale richiamata dai nomi degli stessi prodotti; quelli americani sono imitazioni che sfruttano la fama delle nostre eccellenze casearie.

Gli Stati Uniti sono il principale mercato di sbocco extra-UE dei formaggi italiani – con un valore di quasi 300 milioni di euro – ma anche quello in cui la convivenza tra prodotti originali e Italian sounding è tra le più aspre.

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