I copacker degli store brand meritano un altro palcoscenico

Copacker & Store Brand 2011 – Editoriale

Con questo speciale, edito in occasione di Marca 2011, MARK UP vuole portare il mondo dei copacker che stanno lavorando per la grande distribuzione associata al giusto livello di visibilità. Già negli anni scorsi questa fiera bolognese, operata con l'avvallo dell'Associazione della distribuzione moderna, ha fatto molto. Il nostro mensile vuole dare un ulteriore apporto per analizzare appieno questo importante segmento economico e il suo contributo all'innovazione in un comparto, quello alimentare, sicuramente maturo, ma che necessita ancora di robuste dosi di innovazione, che anche il segmento dei copacker può dare.

L'importanza
della leva finanziaria

Ormai la lunghezza dei contratti di copacking sono stabilizzati in 12 mesi, difficile trovare quelli che superano i due anni, anche se, certamente, ci sono. Dopo un anno è tutto da rivedere: le insegne chiamano i fornitori di store brand e si ricomincia la trattativa quasi da capo. È un periodo snervante nel quale, durante il confronto, si tiene conto dell'ambiente competitivo, delle relazioni intercorse, delle vendite raggiunte, dei bisogni dei consumatori (talvolta). Quasi tutti gli accordi non riguardando l'esclusività del rapporto e sono quindi promiscui. Questo fatto genera non pochi problemi perché il copacker si sente sotto pressione. A questo si devono aggiungere gli sconti aggiuntivi previsti dai contratti che sono sì variabili, ma rientrano ormai in una case history fissa, diciamo un'usanza di percorso. Li citiamo in ordine di importanza: sconti promozionali, sconti finanziari, sconti di carico e, infine di quantità. Quest'ultimo non è però il più importante, come la logica dovrebbe imporre. Il più importante in assoluto è lo sconto connesso al pieno carico del vettore; sta prendendo sempre più valore lo sconto legato alla tempistica dei pagamenti. Su questo anche nei rapporti più macro fra Idm e Gda il tema è scottante e lo rimarrà per parecchio tempo.
Diciamo che nei rapporti con i copacker la leva finanziaria rimane di capitale importanza, ma soprattutto per i copacker stessi, che il più delle volte sopportano strappi e urti che i grandi fornitori multinazionali non hanno.

Questo, ma non solo questo, sta contribuendo alla formazione di un'area potenziale di conflitto fra copacker e insegne, alla quale la business community deve guardare con attenzione.
Ancora una volta ne elenchiamo i gradini in ordine gerarchico: standard qualitativi del prodotto, richieste di controlli qualità, tempistica di produzione e richiesta di modifiche, standardizzazione del packaging, consegna dei prodotti nei tempi e nei modi richiesti dal distributore, modifiche del capitolato, errori nell'etichetta. Questo piccolo elenco serve a sottolineare la priorità del prodotto e le sue valenze operative. Gli standard qualitativi sono determinanti per la riuscita commerciale del prodotto. Fino a qualche anno fa gli store brand (le cosiddette private label) erano considerate nell'aspetto e nel gusto molto inferiori alle omologhe referenze di marca. È stato fatto un lavoro approfondito di restyling e di revisione che ha costretto le insegne a investimenti a volte rilevanti e all'istituzione di uffici marketing molto più agguerriti che nel passato. E i frutti si son visti.

Condizioni
più onerose

Tuttavia le condizioni contrattuali sembrando diventate un'area molto più critica che nel passato. Alla base ci sono condizioni contrattuali maggiormente onerose e allungamenti nei tempi di pagamento; dall'altra le insegne hanno chiesto e molte volte imposto maggiori supporti ai copacker nel sistema del controllo qualità. Ultimo, ma non meno importante: sono aumentate le richieste di maggiori oneri logistici. Questo salone di Marca 2011 sarà decisivo per sciogliere almeno alcuni di questi nodi e soprattutto per parlare di innovazione. Come sta facendo MARK UP.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome