L’agroalimentare italiano nel segno della continuità

La riconferma del ministro Maurizio Martina nel governo Gentiloni, favorisce l'azione di rafforzamento del modello agroalimentare finora adottato. Dall'export fino alla promozione del Made in Italy, molto è già fatto e tanto sarà fatto nel 2017 (da Mark Up n. 255)

Il 2016 è stato un anno di segno più per il settore agroalimentare. Ci sono state però anche varie crisi, dal grano al latte. E poi stiamo raccogliendo i frutti dell’eredità Expo o c’è anche altro? Quali politiche servono perché non si arresti la crescita? «Il governo in questi mesi -spiega Maurizio Martina- ha rimesso l’agricoltura e l’agroalimentare al centro dell’agenda economica e politica. Expo è stato un grande  successo,  ma  l’attenzione  non  è  scesa  dopo  il 31 ottobre 2015. In questo anno abbiamo lavorato per tutelare il reddito di chi lavora in questi settori. Per  questo,  dopo  la  cancellazione  lo  scorso  anno  dell’Irap e dell’Imu sui terreni agricoli, nella legge di  bilancio  di  quest’anno  andiamo  avanti  con  l’azzeramento  dell’Irpef  agricola  per  coltivatori  diretti  e imprenditori agricoli professionali. Parliamo complessivamente di oltre 1,3 miliardi di euro di tasse in meno in due anni. Non solo: abbiamo definito l’esenzione totale dei contributi per 3 anni per le nuove imprese agricole aperte da under 40 e realizzato misure per favorire l’agricoltura e la zootecnia di precisione 4.0. Puntare sulle nuove tecnologie è una chiave decisiva per rafforzare il modello agricolo italiano, proprio come l’esperienza di Expo ci ha insegnato. Anche su grano e latte siamo intervenuti concretamente,  sia  con  misure  d’emergenza  che  con  politiche di trasparenza che aiutino i consumatori a scegliere il Made in Italy: per primi con la Francia, sperimenteremo da gennaio l’obbligo dell’origine della materia  prima  in  etichetta  e  proprio  in  questi  giorni è partita la nostra richiesta a Bruxelles per fare lo stesso con la filiera grano/pasta».

Parliamo di export e della difficoltà a penetrare nei mercati esteri, soprattutto per le Pmi. Cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?
In  questi  mille  giorni  di  governo  abbiamo  lavorato  per sostenere le nostre aziende nell’affrontare i mercati internazionali puntando su qualità e distintività. L’export  agroalimentare  ha  raggiunto  i  60  miliardi  di euro negli ultimi 20 mesi, non era mai successo. Sono  numeri  importanti,  ma  abbiamo  margini  significativi di crescita. Per questo stiamo lavorando in squadra col ministero dello Sviluppo Economico e con Ice per essere sempre più coordinati e forti.

Al momento del suo insediamento c’era il tentativo  di  superare  la  frammentazione  delle  aziende dell’agroalimentare e favorire l’aggregazione. Quali risultati siete riusciti a raccogliere?
È la partita numero uno per il nostro settore. Da qui passa la concreta tutela del reddito degli agricoltori.  Ci  sono  esperienze  che  negli  ultimi  anni  hanno  funzionato e si sono consolidate, come quella delle mele del Trentino o l’ortofrutta in Emilia Romagna.
Dobbiamo spingere su questi strumenti, soprattutto al Sud. Per farlo vogliamo sfruttare fino in fondo le possibilità che ci dà il collegato agricoltura, rafforzando  il  lavoro  sulle  Op,  le  organizzazioni  di  produttori. Per sintesi direi che puntiamo ad avere più organizzazione e meno organizzazioni.

Che cosa è stato fatto e che cosa si farà durante il 2017 sul versante del sistema della promozione internazionale?
Abbiamo concordato con il ministero dello Sviluppo Economico gli investimenti prioritari, non disperdendo in mille rivoli le risorse pubbliche a supporto  della  promozione.  Per  il  2017  puntiamo  a  sostenere i consorzi Dop e Igp con azioni mirate per aumentare  la  conoscenza  delle  nostre  produzioni,  aiutare l’ingresso nella distribuzione estera e lavorare sulla promozione. Stati Uniti e Cina sono le due frontiere sulle quali concentreremo impegni e risorse, guardando alle possibilità offerte dal web attraverso l’eCommerce.

La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo ha permesso alle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane, con particolare riferimento ai prodotti di qualità certificata, di farsi conoscere meglio all’estero. Quali sono i fondi a disposizione e quali partner vede coinvolti, in Italia e nel mondo?
Questa è una delle tappe fondamentali di un percorso nato a Expo Milano, dove abbiamo compreso come il cibo sia un veicolo straordinario di dialogo tra culture. Vogliamo rafforzare la rete che abbiamo creato grazie al progetto Food Act, tra Istituzioni, mondo della cucina e dell’agroalimentare. È importante raccontare il nostro saper fare e cosa significa essere italiani, legando il tema della cucina a quello del lavoro dei nostri produttori, un tratto distintivo che rende il modello Italia unico nel mondo. Grazie alla collaborazione della nostra rete diplomatica sono stati  organizzati  oltre  1.300  eventi  in  105  Stati  per  diffondere la cultura della nostra cucina di qualità, ma soprattutto per promuovere e valorizzare il vero Made in Italy agroalimentare all’estero.

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