Ikea: vogliamo emozionare e ispirare i clienti

Web, lancio di concept innovativi, sperimentazione di nuove relazioni con la clientela e con i propri collaboratori: questi i temi al centro dell’intervista con il nuovo Amministratore Delegato di Ikea, Belém Frau, secondo la quale l’integrazione tra online e rete fisica sia una strategia irrinunciabile per qualsiasi retailer che vogliano giocare un ruolo da leader anche nel prossimo futuro.

Come sta cambiando la cultura del retail? Quali i passi che questa industry deve fare, anche a livello internazionale, per evolvere?
Oggi quello che conta è sviluppare un rapporto diretto con i clienti, coinvolgerli e farli diventare ancora più parte del processo creativo e produttivo: la possibilità di scambio attraverso il web ha aperto in questo senso opportunità importantissime, moltiplicando la capacità di scelta dei consumatori. La sfida da cogliere è la vitalità del web e del punto di vendita insieme a quella dell’assortimento dei prodotti: è fondamentale dare emozioni ed ispirazioni continue. Un altro aspetto molto importante di cui tener conto è il consumo responsabile, in difesa di valori come l’ambientalismo o la solidarietà. In questi aspetti i grandi gruppi internazionali hanno la possibilità di giocare un ruolo centrale per il futuro del nostro pianeta e dell’umanità.

Come sta cambiando il rapporto con i dipendenti e quali strade vede per il futuro? Quali gli obiettivi del gruppo nei cambiamenti che avete proposto sino ad ora ai sindacati?
Alla base della crescita di IKEA ci sono da sempre tutti i suoi collaboratori. Ciò che in Italia è cambiato, rispetto al passato, è il contesto di mercato in cui stiamo lavorando, totalmente diverso da quello del 2000, anno in cui vide la luce l’impostazione del Contratto Integrativo Aziendale andato in scadenza lo scorso anno. Ecco perché abbiamo fatto nuove proposte al Sindacato per il rinnovo del CIA, ispirate a principi di equità tra i coworkers e di un riconoscimento della centralità di un ruolo attivo del coworker nell’incontro con il cliente. L’obiettivo è duplice: assicurare una solida sostenibilità economica ad IKEA Italia per il futuro, lontano dalle criticità che hanno colpito altri retailer del settore, e continuare a garantire buone condizioni di lavoro a tutti i nostri 6.219 collaboratori.

Oggi state sperimentando nuovi format, in prima linea la Spagna. Quali sono le linee strategiche che hanno portato alla definizione di questi concept?
Sperimentare nuove forme di retail, avere il coraggio di essere diversi fa parte della cultura di IKEA. Abbiamo iniziato a vendere mobili smontati in pacchi piatti dall’idea di un commesso di smontare le gambe di un tavolo per farlo entrare nell’auto di un cliente. Questo approccio a trovare soluzioni diverse fa parte del nostro Dna. Il nostro impegno costante nel tempo è sempre stato quello di rendere il nostro assortimento accessibile alla maggioranza delle persone. Grazie alle nuove tecnologie oggi questo è possibile in diversi format e non solo attraverso i nostri negozi che rimangono e rimarranno comunque, insieme al catalogo, una fantastica fonte di ispirazione per la vita in casa. In Italia abbiamo iniziato nel 2012 a vendere via e-commerce: oggi abbiamo anche testato alcuni punti di ritiro in Sardegna, Sicilia e Toscana. Sul multicanale, stiamo lavorando con un approccio diversificato con l’obiettivo di offrire ai nostri clienti un “menù” di servizi, tra cui scegliere sulla base delle esigenze personali.

Tra i format innovativi aperti in Italia, anche come soluzione di format più piccolo per entrare in città, c’è il temporary, aperto a Milano in occasione di Expo e chiuso lo scorso 30 settembre. Quali i risultati registrati?
IKEA Temporary più che l’esperimento di uno store in centro città è stata una vetrina tra “fuori Salone” e “fuori Expo”, dove parlare di un argomento molto importante nella vita domestica: il cibo e il suo futuro in casa, con particolare attenzione al tema dello spreco alimentare attorno al quale ruotava la Concept Kitchen del 2025, sviluppata dall’Università di Eindhoven, oltre che l’occasione per dimostrare la versatilità della cucina Metod, lanciata l’anno scorso e interpretata da tre designer di personalità. Detto questo, il tema dell’accessibilità alle aree cittadine è da tempo sull’agenda di IKEA che, nel corso dell’anno commerciale 2015, accanto a 13 classici punti vendita, ha testato a Pamplona un primo format di prossimità urbana. Si tratta di un Pick-Up Point “a marchio”, dove i clienti possono ritirare articoli ordinati in precedenza online e acquistare direttamente un numero limitato di articoli, in particolare complementi d’arredo. Altri due test simili sono in corso in Norvegia e Finlandia.

A proposito di nuovi format ..., quale il rapporto per il prossimo futuro di Retail e e-commerce?
L’integrazione tra vendite online e punto di vendita fisico è inevitabile. Ciò che è importante è che questi mondi siano profondamente connessi e sinergici. Oggi il nostro impegno per il futuro è proprio quello di offrire un’esperienza di acquisto trasparente, pervasiva e unica per i nostri clienti, ovunque si trovino e qualunque dispositivo o mezzo utilizzino.

IKEA è impegnata anche nei centri commerciali. Quale evoluzione prevede ci sarà e quale il ruolo dei big box? Sempre “locomotiva del centro” o prevedete altre forme?
Il format che IKEA Centres porta avanti per i centri commerciali che realizza e gestisce si fonda sulla presenza del negozio IKEA come ancora principale, grazie alla sua unicità come offerta e tipo di attrazione nei confronti della clientela. Una formula vincente sia per IKEA che per i tennant che aprono i loro store nello stesso complesso, creando una sinergia che soddisfa per primi i clienti. I numeri lo testimoniano: sono oltre 400 milioni i visitatori che ogni anno entrano in uno dei 59 centri commerciali e 4 retail park di IKEA Centres in 14 differenti Paesi, per una GLA di oltre 3,2 milioni di mq. Anche l’Italia è uno di questi e nel 2016 verrà inaugurato il secondo centro commerciale di IKEA Centres nel nostro Paese, che sta prendendo forma accanto al negozio IKEA di Roncadelle-Brescia già esistente.

IKEA e il made in Italy: nuove prospettive.
L’Italia da oltre dieci anni rappresenta il terzo mercato di approvvigionamento per IKEA a livello mondiale, dopo Cina e Polonia, confermando una bilancia commerciale da sempre a favore dell’Italia. Infatti, i volumi acquistati da fornitori italiani del gruppo sono, da sempre, superiori a quelli venduti nei nostri negozi presenti nella penisola. La prospettiva nuova, oltre a quella della sostenibilità irrinunciabile di processi e materiali, temi sui quali l’Italia è ben attrezzata, è la diversificazione geografica. Ad esempio, negli ultimi anni è stata premiata una regione non a vocazione arredolegno come il Piemonte, adesso per noi al quarto posto dopo Veneto, Friuli e Lombardia. Da questo punto di vista, IKEA ha supportato quella regione verso una diversificazione del suo portafoglio manifatturiero storicamente in equilibrio tra metalmeccanico, tessile e alimentare.

Quali sono oggi le vostre priorità in Italia?
La sfida di IKEA in Italia è molto semplice e complessa al tempo stesso: continuare ad essere un leader e un punto di riferimento essenziale per quanto riguarda la vita quotidiana in casa, in un mercato sempre più esigente e interessato da costanti cambiamenti, come non se ne sono visti negli ultimi vent’anni. Sia in Italia che all’estero.

Che differenze ha riscontrato finora nell’approccio al mercato tra Italia e Spagna?
Per quanto ho appreso dell’Italia fino ad ora, forse ancora poco per poter tentare un paragone, credo che siano più le similarità che non le differenze. Va detto che IKEA è tanto globale quanto deve esserlo per raggiungere le necessarie economie di scala, ma nel contempo deve essere altrettanto locale quanto è necessario per incontrare le specificità del mercato attorno al singolo punto vendita ed essere rilevante per i consumatori di quell’area. Da questo punto di vista ci può anche essere molta più differenza tra un negozio di Barcellona e uno di Murcia, di quanto non ci possa essere tra uno store di Barcellona e uno di Milano.

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