Il Brasile è il Paese
più europeo tra i Bric

Le Pmi italiane si interessano sempre più al Brasile. La logica, però non può essere la delocalizzazione

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Il Brasile non è un Paese per dilettanti. Queste parole di Tom Jobim (1927-1994), il celebre compositore brasiliano, uno degli artefici della bossa nova, tornano bene anche per sintetizzare uno dei messaggi-cardine del seminario “Brasile, crisi od opportunità”, tenutosi nella sede della Camera di Commercio Italo-Brasiliana (Ccib).
Uno dei non pochi motivi che rendono attrattivo il Brasile è il potenziale della domanda. Anche se il Pil 2013 (+2,5%) è lontano dagli incrementi a due cifre di qualche anno fa, il bacino potenziale di consumatori, soprattutto nell'area Sud e Sud-Est - che concentra il 70% dell'economia nazionale - è di tale portata da convincere sempre più Pmi italiane a volare in Brasile, nonostante le distanze che non si possono definire brevi (almeno dieci ore di aereo): sulla scia delle grandi companies tricolore, che hanno fatto da apripista al made in Italy in Brasile, come Fiat, Pirelli, Telecom-Tim, Brembo, Barilla, Ferrero, per citare le più grandi, assisteremo a un esodo sempre più consistente di piccole e medie imprese interessate a portare la cultura e le competenze tecniche proprie dei brand e del know-how italiano in uno dei più grandi Paesi del mondo -il Brasile è 2,2 volte più esteso dell'Ue-25, e 28 volte più vasto dell'Italia- ma anche fra i più belli e attraenti.

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