Il food innovation una strada obbligata

L’introduzione di tecnologie innovative nel mondo agricolo sta rivoluzionando i sistemi produttivi. Che richiedono un adeguamento di approccio, di metodo e nella compliance (da Mark Up n. 268)

L’efficienza con cui si utilizzano le risorse naturali nell’agricoltura è piuttosto bassa, con grandi sprechi e dispersioni. Ma lo scenario è destinato a cambiare rapidamente e la rivoluzione è già in corso. Mark Up ha incontrato Marco Gualtieri, ideatore e presidente di Seeds&Chips e The Global Food Innovation Summit, l’evento mondiale di riferimento nella Food Innovation.

L’utilizzo massivo di tecnologia digitale nel campo agricolo è un trend consolidato. Qual è il drive principale?

Gli strumenti digitali oggi a disposizione presentano grandi opportunità di cambiamento in positivo. Il sistema del food, come si usa dire negli Usa, “is broken”, in altre parole non è più sostenibile già da oggi e lo sarà sempre meno man mano che la demografia aumenterà. Gli anni a venire presentano delle sfide molto importanti che partono da un dato di partenza: il sistema di produzione del cibo è il primo fattore di cambiamento climatico. Inoltre, la prima vittima del cambiamento climatico è proprio il sistema agricolo caduto all’interno di un circuito vizioso che va interrotto. L’opportunità di innovare è quindi una necessità e i cambiamenti climatici sono il drive principale verso la sostenibilità. Occorre dire che con sostenibilità si comprende anche tutto ciò che attiene alla salute delle persone. Oggi, la cause principali di malattia e morte tra la popolazione mondiale sono correlati all’alimentazione, al cibo e alla sua qualità.

Il concetto di cibo sviluppato in questi tempi ha presentato il conto da ormai diversi anni. Negli Usa la cattiva alimentazione genera dei costi per il sistema sanitario che è stato stimato in 300 miliardi di dollari. Una cifra enorme per il contribuente americano.

Per quanto riguarda il tema della sostenibilità verso la salute delle persone, come impatta la food innovation?

Le persone stanno iniziando a rendersi conto di quanto incida la qualità del cibo. Soprattutto i Millennials ma non solo. E questo si traduce nell’esigenza di trasparenza che è legata alla divulgazione delle informazioni sul cibo. Operazione che diventa concretamente realizzabile nel momento in cui si dispongono di tecnologie economiche e puntuali.

E quali le innovazioni introdotte dalla food innovation maggiormente rilevanti?

Ce ne sono molteplici ma l’obiettivo principale è l’agricoltura di precisione. Droni, sensori, satelliti e sensori, per produrre all’origine con minor spreco di risorse e di sostanze. Una rivoluzione che parte dai piccoli agricoltori alle grandi aziende. Abbiamo già delle esperienze molto significative. Per esempio, una startup del milanese, grazie a una tecnologia che fa uso di droni è riuscita a individuare solo con le riprese di un drone elaborate con l’intelligenza artificiale un’infestante di patate in modo preciso. Questo ha permesso di non usare pesticidi. Ma nono solo. Con lo stesso principio si può utilizzare un quantitativo di acqua molto inferiore rispetto alle metodologie classiche.

La tecnologia favorisce una convergenza tra i diversi attori?

Nella filiera del food, attori che erano distanti devono avvicinarsi. L’agricoltura inserita nel territorio deve determinare un contesto armonico con altri temi legati al territorio, dalla raccolta delle acque alla gestione del dissesto idrogeologico ecc. E la tecnologia è sicuramente un elemento favorevole a questo avvicinamento.

Parliamo di novel food. Qual è l’approccio migliore per affrontare questa onda di cambiamento?

Partiamo dagli insetti. È necessario guardare al cibo in modo globale, guardare il sistema nella sua complessità. Gli insetti non fanno parte della nostra cultura, ma un paese come l’Italia sbaglia a “condannare” gli insetti perché non rientrano nella nostra cultura. Il nostro Paese potrebbe benissimo cavalcare questo cambiamento mettendo in campo tutte le sue caratteristiche di eccellenza come Paese trasformatore. Il sistema del food italiano, secondo me, dovrebbe mantenere un mix equilibrato tra produzione e trasformazione con attenzione a cosa il mondo richiede. Dobbiamo essere in grado di cambiare il sistema produttivo in funzione di queste richieste.

Ma questo si traduce anche nell’utilizzo di tecnologie di cui per morfologia territoriale non abbiamo bisogno?

Sì, perché se è vero che abbiamo condizioni territoriali favorenti a molte coltivazioni, vi sono diversi aspetti correlati che si possono raggiungere solo con l’impiego di precise modalità tecnologiche. Prendiamo per esempio le vertical farm che il Katar ha implementato nel deserto. Da un lato consentono di ottenere coltivazioni con l’utilizzo di pochissima acqua (e questo è un obiettivo soprattutto per quella latitudini) ma dall’altro consentono di raggiungere la food security, obiettivo valido anche per il nostro Paese. Il Katar è uno di quei Paesi che investirà moltissimo in tecnologie che vanno in questa direzione e l’Italia, con le sue caratteristiche nell’agrifood non può farsi sfuggire questo tipo di business: idroponico, aeroponico ecc.

Parliamo del quadro normativo e trasparenza. Nel prodotto finito, deve essere riportato tutto in etichetta circa le caratteristiche del prodotto?

Trasparenza è fiducia. Per cui, in etichetta devono essere riportate tutte le informazioni sul prodotto, provenienza della materia prima compresa. E le tecnologie di innovation food lo consentono facilmente.

Pensiamo alla blockchain: con questa tecnologia siamo in grado di certificare tutte le informazioni.

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