Il futuro degli iper? Basic o futurista

Economia e analisi – Il Sole 24 ore del 28 aprile 2012 riportava un'analisi sullo stato della rete globale degli ipermercati Carrefour: a fronte di 132 nuove aperture, sono stati chiusi 181 punti di vendita e ceduti 42 ad altre insegne. (da MARKUP 211)

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Morte dell'ipermercato? Se l'inventore del format è in queste condizioni e le altre insegne non stanno sicuramente meglio, viene da dire che forse siamo arrivati veramente alla fine di una storia, al capolinea di un viaggio. I motivi sono noti, tanto ai profani quanto agli addetti ai lavori: i modelli di consumo sono cambiati, le insegne specializzate la fanno da padrone nel non food, il concetto commerciale è troppo dispersivo, il livello di costi fissi insopportabile. Tutti argomenti corretti e indiscutibili: ma chi ha un ipermercato (e di solito più di uno) cosa deve fare? Non si può chiudere da un giorno all'altro, svuotare gli scaffali e lasciare a casa i dipendenti: è un dilemma quasi amletico, chiudere non si può ma rimanere aperti vuol dire perdere quotidianamente dei soldi.

Hockey o food?
  A Toronto al posto di una delle più famose arene dell'hockey canadese ora ha aperto la superficie alimentare più bella degli ultimi anni, Maple Leaf Gardens dell'insegna Loblaws: 7.000 mq dedicati a food, ristorazione, laboratori artigianali del fresco, stile sobrio, senza eccessi in termini di teatralizzazione dei reparti o comunicazione invasiva. Più un mercato all'ingrosso che un ipermercato.

   

È un problema, ma anche un'op- portunità per rivedere un modello di business, rilanciarlo, innovarlo. A questo proposito esistono, e lo scrivo con un pizzico di provocazione, due alternative che chiamerò “basic” e “futurista”, lascio ai lettori la scelta e come mixarle. La prima soluzione (basic) nasce dalla constatazione che l'ipermercato ha ancora senso se ridimensiona il format, diminuendo le superfici, concentrandosi sull'alimentare, mantenendo e rivedendo il non-alimentare o per lo meno le categorie ancora valide (toiletries, elettronica elettiva), diluendo la spinta promozionale rendendola umana. Alla fine qualcosa tipo un superstore rivisto e corretto, diciamo un Tesco extra per dare un'ispirazione, una macchina per fare fatturato senza tanti fronzoli. I metri quadrati che avanzano possono essere reinterpretati con concept totalmente nuovi, e diversi dall'ipermercato: corner di prodotti non alimentari non presenti nelle gallerie, affittati ad altri operatori. Nella versione “futurista” l'ipermercato si trasforma in luogo che accolga i cambiamenti nei modelli di consumo, con focus sull'esperienza dello shopping, e nuovi servizi affiancati agli assortimenti più classici: ristorazione, servizi per la casa (lavanderia, sarto, elettricista). Un iper mai visto e forse non ancora pensato: i metri quadri in questa versione non sono un vincolo ma un'opportunità. Riassumendo: un mini-ipermercato “no frills” con tanto spazio che avanza o un nuovo iper strabiliante da riempire con tante sorprese?

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