Il marchio unico: una marcia in più

di Luca Geninatti Saté, Gabriella Rubino, Legance - Avvocati Associati

L’agroalimentare italiano attende a breve -rumors dicono con l’avvio di Expo 2015, nel prossimo mese di maggio- il lancio del marchio unico italiano, strumento essenziale per arginare il fenomeno dell’Italian sounding, che sottrae all’economia italiana quote importanti di mercato. Per capire di cosa si tratta, si pensi ai parmesan, ai mozzarella cheese, agli Italian tomatoes che affollano gli scaffali delle principali catene distributive estere e che, pur mostrando richiami al tricolore e portando nomi che riecheggiano la tradizione italiana (da “contadina”, ad “antica ricetta” per citarne alcuni), nulla hanno in realtà a che fare con il nostro paese. Per questo l’Italia sta anche combattendo in sede europea affinché diventi nuovamente obbligatorio indicare sulle confezioni lo stabilimento di produzione. A livello economico, secondo stime del settore, il giro d’affari collegato a questo fenomeno è stimato, su scala mondiale, in circa 54 miliardi di euro l’anno: oltre il doppio dell’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari, una cifra vicina al PIL del Lussemburgo. Vi è dunque spazio, e molto, per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Di questo ha piena coscienza il Governo italiano, che, con il decreto “Sblocca Italia”, definitivamente convertito in legge nel novembre 2014, ha adottato misure urgenti per la ripresa delle attività produttive e ha stanziato 260 milioni di Euro a sostegno del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia.
Strumento strategico per il rilancio di questo settore importante dell’economia italiana è il marchio unico: infatti, il Decreto Sblocca Italia prevede, tra le azioni chiave, la realizzazione di un segno distintivo unico, la valorizzazione delle produzioni di eccellenza, attraverso la tutela all’estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine, e lo svolgimento di campagne di promozione strategica e di lotta all’Italian sounding.

Ma cosa è questo marchio unico, come lo vedremo utilizzato, da chi? Intanto non è un marchio collettivo. Quest’ultimo viene usualmente registrato da un soggetto che intende svolgere la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di un prodotto o servizio (si pensi a “pura lana vergine”), è concesso sulla base di un regolamento d’uso, uguale per chiunque voglia utilizzare il marchio, e prevede necessariamente controlli e sanzioni. Ma, per gli scopi prefissi, un marchio collettivo non è adeguato, perché si scontra con la definizione di cosa è “Made in Italy” (solo ciò che è interamente realizzato in Italia con materiali e manodopera italiani? Ciò che è prodotto con principale apporto italiano? E se ad essere italiano è “solo” il know-how, la creatività, vero e principale motore del nostro paese, non è sufficiente?).

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A ben vedere, il marchio unico non è neppure un marchio. E bene fa, il decreto “Sblocca Italia”, a definirlo segno distintivo unico. Funzione primaria di questo nuovo strumento, infatti, sarà si quella di indicare l’origine del prodotto, ma nel senso di “paese” di origine, non nel senso classico di “imprenditore”. Lo scopo del segno distintivo unico, infatti, è la promozione del Made in Italy all’estero. Per questo, non lo si vedrà apposto sulle singole confezioni, dove continueremo a vedere il marchio del produttore, ma lo si vedrà utilizzato nel contesto di iniziative istituzionali di promozione del settore agroalimentare italiano. Non dimentichiamo, infatti, che se il segno distintivo unico è l’arma per la lotta alla pirateria alimentare, la battaglia andrà combattuta attraverso importanti campagne promozionali, soprattutto in quei pesi in cui il fenomeno dell’Italian sounding è più sviluppato (e non si parla, in questo caso, della Cina, ma dei paesi in cui ci si aspetta, nel medio termine, un aumento della c.d. classe media nella popolazione, in primis Canada e Stati Uniti).

Auspicio Aspettiamo, dunque, il lancio di questo marchio unico (ormai è entrato così nel lessico di tecnici e non), auspicando che abbia, da un lato, tutte le caratteristiche che consentono di intuire facilmente l’origine italiana dei prodotti, e sia, dall’altro, in grado di trasmettere l’unicità e la creatività italiana.

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