Il nostro futuro? Tra beni e intelligenza artificiale

Amazon
Le direttrici di sviluppo del leader dell'eCommerce a livello mondiale e i progetti per l'Italia, secondo il country manager Francois Nuyts (da Mark Up n. 255)

È alla guida di una azienda che, in sei anni, dal 2010, anno dell’apertura ufficiale delle attività, a oggi, ha investito nel nostro Paese 450 milioni di euro; che è passata dalle 30 persone che costituivano lo staff iniziale agli attuali 2.000 dipendenti; che, dopo essersi appoggiata alla logistica europea, ha aperto un proprio centro di distribuzione a Castel San Giovanni (Pc), un customer service a Cagliari e si prepara all’arrivo di un nuovo centro di distribuzione a Roma, oltre a un centro di sviluppo a Torino. Francois  Nuyts,  country  manager  di  Amazon  Italia (sua anche la responsabilità delle attività in Spagna)  ha  ben  chiaro  lo  scenario  della  realtà  affidata  alla sua guida. “Con le nostre attività non diamo solo  lavoro  ai  nostri  2.000  dipendenti,  ma  supportiamo 5.700 posti di lavoro nelle imprese che vendono sul marketplace”, tiene a precisare.

Arrivati alla fine del 2016, possiamo tracciare un primo bilancio sull’anno appena trascorso?
Non  posso  dare  numero  dettagliato,  ma  posso  dire che registriamo crescite significative su base trimestrale. Ascoltiamo i nostri clienti e questa capacità di ascolto si traduce in una crescita veloce del numero di clienti che acquistano sulla nostra piattaforma.

Oltre a questa capacità di ascolto, quali sono i driver della vostra crescita?
Fondamentali anche gli investimenti, indispensabili per sostenere la crescita. E poi dobbiamo sempre tener presente che i clienti si rivolgono a noi non semplicemente per il prezzo, ma perché garantiamo benefici addizionali. Quattro le parole chiave: selezione,
che si traduce nell’assortimento dei prodotti disponibili; prezzo; naturalmente, convenience, nel senso inglese di comodità; ed esperienza.

Anche le consegne veloci rappresentano un investimento?
Certo. Anzi, devo dire che il fast delivery rappresenta per noi un puro investimento, che si è tradotto in Amazon Prime prima e, poi, in Prime Now.

Proprio Prime Now ha rappresentato uno dei servizi più nuovi dell’anno. Come è stato accolto?
In  Italia,  l’accoglienza  è  stata  molto  positiva  e  devo dire che Milano è una delle città con la maggiore  penetrazione  del  servizio,  con  un  tasso  del  tutto  paragonabile a Londra e ad altre città nelle quali il servizio ha una storia più lunga. E questo nonostante in Italia l’eCommerce sia ancora poco rilevante in molti  segmenti  di  mercato  e  in  molte  merceologie.  In alcuni di essi, anzi, Amazon intende investire in modo sempre più significativo.

Può farci un esempio concreto?
Uno dei segmenti più interessanti per Amazon sono i  prodotti  consumabili.  Siamo  sinceri:  chi  ama  andare a fare la spesa per comprare i rasoi, i fazzoletti di carta o la carta da cucina? Abbiamo introdotto questa merceologia nel nostro assortimento, un anno
fa, perché siamo convinti che ci sia bisogno, da parte dei consumatori, di semplificare questo tipo di acquisto. In quest’ottica, abbiamo recentemente introdotto Pantry, il servizio che consente di pianificare i riacquisti su base mensile, e lanciato il Dash Button.

Sono business sostenibili per voi?
Certo,  sono  mercati  a  basso  margine,  ma  noi  sappiamo come farli su larga scala. Si tratta di lavorare  sui  processi  e  sui  servizi;  gli  stessi  investimenti  nei  nostri  centri  di  distribuzione  vanno  nella  direzione del miglioramento del servizio senza penalizzare la sostenibilità.

Quale pensa  sarà l’accoglienza da parte del pubblico italiano?
I consumatori italiani non potranno non abbracciare la proposta di Amazon, una volta che ne comprenderanno  la  convenienza.  Non  dimentichiamoci  che  i consumatori amano la scelta. Un Paese come l’Italia, nel quale c’è un’incredibile ricchezza nel grocery, nel food -come dimostrano anche gli accordi che abbiamo  in  essere  con  insegne  come  Unes  e  NaturaSì-, e tutto quanto ha a che fare con il made in Italy, abbinato alla possibilità di accedervi utilizzando strumenti online, non può non attirare il consumatore così come attira anche i compratori dall’estero.

Si riferisce al food soprattutto?
Non solo. Penso anche al marketplace dell’artigianato, al quale partecipano botteghe di diverse regioni italiane e che sta funzionando particolarmente bene in un Paese come il Giappone. Non ne faccio solo una questione di specialità o di prodotti tipici. Amazon, e l’eCommerce in generale, rappresentano uno strumento  di  aiuto  anche  per  gli operatori  più  piccoli, quelli che spesso operano a livello locale e fanno fatica a sostenere la propria attività. Uno degli esempi  che  mi  piace  raccontare  è  Baldiflex,  società produttrice di materassi, che in un momento di crisi, nel quale il bacino di utenza tradizionale non era sufficiente a sostenere l’azienda, ha scelto di aprire un canale addizionale su Amazon, dando nuova linfa al suo business.

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