Il sì al trattato Tpp favorisce il Ttip

Dopo cinque anni di negoziati segreti, con il Tpp si è giunti a un accordo che riguarda il 40% dell’economia globale e darà vita a un nuovo blocco commerciale (da Mark Up 246)

Lo scorso 5 ottobre Stati Uniti, Giappone, Australia e altri 9 paesi del Pacifico hanno firmato il Trattato di libero scambio Trans Pacific Partnership (Tpp). Dopo cinque anni di negoziati segreti, si è giunti a un accordo che riguarda il 40% dell’economia globale e darà vita a un nuovo blocco commerciale attraverso la riduzione delle tariffe doganali. Cambieranno le regole sullo scambio di beni e servizi, i prezzi dei generi alimentari, il costo delle cure ospedaliere e gli standard per lo scambio di dati. Il trattato introdurrà anche nuove regole sugli investimenti, sull’ambiente e sul lavoro. Il Tpp ha però anche un alto valore strategico nella definizione degli equilibri geopolitici mondiali, perché nasce dalla volontà, statunitense e giapponese, di contrastare l’avanzata della Cina. Un tema importante, con risvolti anche europei, dopo la richiesta all’Unione europea da parte del premier cinese Jiabao del pieno riconoscimento della Cina come economia di mercato a fronte degli aiuti offerti dal Dragone ai paesi dell’Eurozona. Un’eventualità che, senza gli opportuni strumenti di difesa commerciale, potrebbe rimettere in discussione l’intero sistema economico Ue.

Il Trattato Trans-Pacifico gioca indubbiamente un ruolo “esterno” anche sul proseguimento dei negoziati del trattato Trans-Atlantico (Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership, quello primario per gli interessi europei), perché se inizialmente era stato causa di un “calo di interesse” da parte degli americani nei confronti dell’Europa, dall’altra ha definito regole e standard che, se non dovessimo siglare a nostra volta un accordo con gli Usa, potremmo trovarci costretti a rispettare. Uno dei punti di contatto tra Tpp e Ttip riguarda nello specifico le nostre produzioni agroalimentari di qualità e il loro riconoscimento. Dal testo del Trattato (Tpp) si evince, infatti, che uno o più paesi aderenti possono opporsi al riconoscimento di singoli prodotti a indicazione geografica concordato da un altro contraente. Un precedente pericoloso, che può minare la tutela delle eccellenze agroalimentari europee, e in particolar modo di quelle italiane, nei futuri accordi commerciali, primo tra tutti proprio il Ttip.

Il riconoscimento e la tutela delle Indicazioni Geografiche, come più volte ricordato,  sono per noi punti chiave del negoziato, direttamente connessi alla trasparenza delle informazioni rivolte al consumatore statunitense spesso vittima di misleading al momento dell’acquisto. Su questi temi bisognerà trovare una convergenza tra un’etichettatura che restituisca immediatamente la reale provenienza di un alimento o di una bevanda e le forme più “mediate” (codici a barre, QR-code) prospettate dagli americani. Una soluzione che giocherà un ruolo importante anche nel contrasto dell’Italian sounding molto diffuso oltreoceano.

Una proposta di accordo positiva e ampiamente condivisa sul capitolo agricolo – come ricordato dal segretario si Stato Usa per l’Agricoltura Vilsack lo scorso 30 novembre in Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo a Bruxelles – potrà far sì che il Ttip si configuri come la cornice di opportunità che guiderà un importante processo di crescita e consolidamento economico per entrambe le sponde dell’Atlantico. L’iter negoziale è ancora lungo e complesso, ma è fondamentale tenere bene a mente che l’obiettivo più alto, comune a entrambe le parti, è quello di definire standard elevati che dovranno diventare un modello a livello globale.

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