Il successo dell’abbigliamento sta nell’integrazione di filiera

Esperti – La moda va interpretata come fenomeno permanente nel quale le rotazioni hanno performance paragonabili al settore alimentare. (da MARK UP 199)

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Il gruppo spagnolo Inditex, tanto per intenderci quello di Zara, ha comunicato di recente i dati del bilancio 2010 che issano un eclatante valore assoluto delle vendite: 12.527 milioni di euro. Con questo risultato il gruppo della Coruna si è inserito, per giro d’affari e numero di punti di vendita, nel ristretto novero dei leader mondiali dell’abbigliamento che comprende l’americana Gap e la svedese H&M.
La lettura dei dati svela molti indizi su quelle che sono le leve organizzative e di marketing del successo di questa impresa che meritano una segnalazione distinta. Alla base di tutto c’è una visione del business moda/abbigliamento come fenomeno commerciale permanente che si contrappone a quella dell’alta moda, basata sulla ritualità e la ricerca dello straordinario delle sfilate stagionali primavera-estate e autunno-inverno. Gli assortimenti delle varie categorie merceologiche sono interpretati a seconda dell’andamento delle vendite e naturalmente dell’alternanza delle stagioni, con un approccio metodologico che potremmo definire “Ecr aziendale”, in cui tempi e programmi della produzione sono dettati dall’uscita dei prodotti dalle casse.

Logistica imprescindibile
Motore di questo sistema è la logistica che si avvale di nove piattaforme distributive, per oltre un milione di metri quadrati, suddivise per categorie di prodotti e/o insegne che riforniscono due volte la settimana gli oltre 5.000 punti di vendita del sistema. Rotazioni e attualità delle proposte di abbigliamento alle richieste di mercato hanno performance da distribuzione alimentare, con tutte le ricadute commerciali ed economiche che si possono immaginare. Come in tutti i sistemi integrati, l’impresa è vista come una filiera multi prodotto, senza trasferimenti interni, che concentra il margine sul prezzo al pubblico in una ideale configurazione retail. La combinazione di questi due fattori fa si che il margine lordo di Inditex - 59% - sia simile a quello conseguito nello stesso periodo da Prada, e che il valore dell’utile netto sia cresciuto del 32%, in aumento costante, nonostante la flessione dei prezzi al pubblico del tessile che si è verificata fra il 2007 e il 2010. Cifre e modalità di sviluppo indicano chiaramente come la crescita sia il prodotto dello sviluppo, soprattutto nei paesi asiatici, visti non più come semplice fonte di approvvigionamento, ma anche come area di sviluppo in cui si sono verificate un terzo delle 437 aperture dello scorso anno.

Marketing della scarsità
Le strategie di marketing che governano l’attività della rete, ormai è presente in 77 paesi, sono un caso esemplare di scomposizione per consumer target di un unico posizionamento, che è quello discount, giocato in location d’immagine superiore che mettono in moto un meccanismo di auto gratificazione dei consumatori che ne amplia i confini ben oltre quelli definiti dal posizionamento dei prezzi. In funzione dell’organizzazione logistica e della capacità di pianificazione e stilizzazione interna, Zara e le sue sette insegne sorelle dell’abbigliamento - a cui si aggiunge Zara Home - applicano il marketing della scarsità (se un prodotto non lo compri rischi di non trovarlo più) che è un forte stimolo all’esaurimento degli stock e al rinnovo continuo dei modelli sugli scaffali. Va ricordato, non so se con orgoglio o con rammarico, che nella storia di Zara c’è un pizzico di Italia. Nella fase di lancio, partner del successo di Inditex è stato il gruppo Percassi di Bergamo a cui si deve fra l’altro il primato (fa il primo giro d’affari del gruppo) e, secondo l’apprezzamento del suo patron, il più prestigioso punto di vendita, quello nell’ex cinema Astra in corso Vittorio Emanuele, incastonato in una delle più belle passerelle della moda del mondo.
L’universo dell’abbigliamento nazionale, produzione tessile e abbigliamento vero e proprio, dimostra ancora una sua forte vitalità, la sua bilancia commerciale è in forte attivo (quella della Francia, patria dell’alta moda non lo è) e la contemporanea presenza a Milano, lo scorso marzo, delle quattro fiere degli accessori e la partecipazione alle giornate della moda (hanno portato 18 miliardi di contributi) hanno rafforzato questa posizione di forza. La mancanza di un polo distributivo integrato come Inditex, però, rischia di penalizzare in futuro le nostre aziende e l’export del settore come accade per l’alimentare e di far diventare Milano la capitale del turismo dello shopping, non del sistema moda abbigliamento.

Allegati

199-MKUP-Danilo Fatelli

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