In vino, anzi in rete veritas

Il vino è entrato in una fase più matura e consapevole dell’utilizzo dei social media. Alla stregua di strumenti di marketing ormai consolidati, i social rappresentano un elemento di analisi per comprendere i bisogni dei consumatori e raccogliere informazioni sulla community aiutando le aziende a pianificare strategie di mercato vincenti.
Le imprese vinicole virano, dunque, verso un utilizzo completo del digitale che le vede impegnate, non solo nel comunicare con i nuovi media, ma nel saper leggere dati e informazioni che gli stessi consumatori, attraverso i social, diffondono creando un rapporto diretto utente-azienda. Una fabbrica di relazioni che arricchisce le imprese in notorietà e fidelizzazione trasformando i consumatori in brand advocate.

Tutti su Facebook, o quasi. Partendo dal sito internet, la social wine experience si sviluppa principalmente su Facebook dove è presente il 74% delle aziende (fonte Besharable). Seguono Twitter e Instagram con 30% e 16% di presenza.
Le percentuali descritte ci dicono, in ogni caso, che non vi è una forte integrazione dei diversi social. Da un’analisi Maxfone emerge che solo il 4% delle cantine può vantare un account su 8 social media, una quota che sale a 55% se spostiamo la presenza da 2 a 5 social. C’è molto lavoro da fare, dunque, per far sì che il mondo del vino sia totalmente visibile e condivisibile sui social media e lo sa bene quel 48% (fonte Besharable) di aziende che dichiara di voler attivare nuovi canali di comunicazione online.
Il vero problema restano, comunque, i contenuti: parlare di vino online significa relazionarsi con una community raccontando una storia, coinvolgendo con concetti narrativi, comunicando un’esperienza sensoriale. Non basta aprire un account per “essere sui social” e immaginare di poter cogliere le opportunità del mondo digital.

Strategie di comunicazione social. L’evoluzione dei sistemi di comunicazione ha condotto le imprese vitivinicole a fare i conti con modalità meno tradizionali. I segnali di questa consapevolezza ci sono. Uno su tutti, H-Ack Wine ovvero un hackathon, di cui Vinitaly International ne è partner, dove giovani sviluppatori si dedicano alla progettazione di soluzioni digitali per rispondere alle esigenze delle aziende che vi partecipano. L’edizione di quest’anno ha visto presenti il Gruppo Vinicolo Santa Margherita, Zonin1821, Tenuta Col Sandago Case Bianche e Tommasi Family Estates. Ne sono nate idee creative che abbinano la musica al gaming come MoonWine (realizzato per Zonin1821).
Per Santa Margherita, invece, il progetto Contatto mette in relazione vino, musica e gaming profilando i consumatori. Il progetto List Mood per Tommasi Family Estates si compone di una carta dei vini digitale. Punta, invece, sulla gestione dei dati provenienti dai mondi del vino e della cucina la piattaforma Gourmeet per Col Sandago Case Bianche.

Anche le etichette sono digital. Primo veicolo d’informazione per il vino, l’etichetta segue strade diverse legate al mondo fashion (vedi box a pagina 74, ndr) oppure dettate da logiche digital. In quest’ultimo caso nascono delle etichette smart capaci di dialogare, nel vero senso della parola, con il consumatore. Ne è un esempio Ecocoder, un’etichetta realizzata da Modulgraf che con un lettore a forma di penna legge l’etichetta e permette di far ascoltare un racconto. Oppure ARwine che, grazie alla realtà aumentata, fa comparire un’animazione 3D con indicazioni sui negozi dove poter acquistare quel vino oltre a eventuali percorsi enogastronomici. Così come Sixtrue che ha lanciato un’etichetta con pigmenti che identificano l’origine delle materie prime.

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