Industria 4.0: sfida da vincere per chi gestisce il cambiamento

Robot collaborativi, sensori, realtà aumentata, intelligenza artificiale segnano la quarta rivoluzione industriale. Ma alla tecnologia va corrisposta una formazione permanente anche dei manager (da Mark up n. 264)

A circa un anno dalla presentazione del piano industria 4.0, si comincia a fare il primo tagliando del progetto che vuole rilanciare la produttività e la competitività del settore manifatturiero. I dati diffusi da Ucimu-Confindustria e relativi agli ordini di macchinari del primo (+22,2%) e secondo trimestre 2017 (+28,5%), destinati a svecchiare il parco macchine delle aziende che ha in media 13 anni, fanno ben sperare. Ma i numeri vanno letti in filigrana. C’è da una parte l’attrattiva del superammortamento del 140% e, in particolare, dell’iperammortamento  del 250% per l’acquisto di attrezzature, macchinari e software, il credito di imposta in R&S. Opportunità che hanno risvegliato la voglia di investire (il 31 dicembre 2017 finisce l’agevolazione: Anima, l’organizzazione industriale di categoria dell’industria meccanica, legata a Confindustria, attraverso il suo presidente, Alberto Caprari, ne ha chiesto il prolungamento).
Bisognerà però poi disporre del necessario know how. Di manager capaci di far fruttare l’enorme massa di informazioni forniti da Big data, learning machine.
E sapersi districare tra sensistica robotizzata, Internet of thing, cloud computing, realtà aumentata, stampanti in 3D, robot collaborativi interconnessi, intelligenza artificiale, manutenzione predittivi, simulatori dinamici con applicazione di realtà virtuale. Ovvero decifrare e far fruttare il linguaggio della quarta rivoluzione industriale. Una bussola di comando per orientarsi nella giungla di questa rivoluzione del piano, con i digital innovation hub e i competenze center, è fornita dai cosiddetti cluster nazionali. Uno degli 8 previsti dal Miur (altri 4 se ne aggiungeranno per un totale di 12) si chiama Fabbrica Intelligente, di cui è presidente Gianluigi Viscardi.
L’associazione, senza fini di lucro, attualmente raccoglie oltre 450 aderenti tra imprese di grandi e medio-piccole dimensioni (il 76 per cento dei soci industriali è rappresentato da Pmi), università e centri di ricerca, associazioni imprenditoriali, distretti tecnologici, organizzazioni non governative, enti regionali e altri stakeholder attivi nel settore del manufacturing. Il suo compito è disegnare la roadmap di trasformazione del settore manifatturiero.
Cuore della trasformazione sono i Lighthouse Plant impostati secondo i parametri industria 4.0. Si tratta di impianti di produzione faro, reali, creati per avere dei sistemi produttivi che diventeranno il riferimento principe per il settore manifatturiero italiano nel mondo. “In molte aziende -rileva Viscardi- c’è il deserto sulle nuove tecnologie, allora bisogna creare delle fabbriche, che abbiamo chiamato fabbriche faro, dove c’è un percorso di digitalizzazione. Abbiamo cominciato a lavorare su questo. Non devono essere fabbriche pilota ma produttive, dove viene anche fatto il revamping: non solo macchinari nuovi, perché con dei sensori anche il materiale vecchio può essere interconnesso. Devono essere visitabili, far toccare con mano anche ad altri imprenditori e fungere da best practice per il nostro Paese. Al momento ci sono quattro aziende che hanno dato la disponibilità, tra cui Abb e Hitachi Rail”. La creazione del Lighthouse Plant prevede una prima fase con la realizzazione dell’impianto, acquisto di macchine, dispositivi, software da parte dell’utilizzatore che si avvale dei benefici automatici dell’iperammortamento.
Quindi la seconda fase con la realizzazione del progetto di ricerca industriale e innovazione che vede tra i partecipanti, oltre alle aziende di produzione, fornitori di tecnologie, system integrator, enti di ricerca e università. Quindi una terza fase con la realizzazione di progetti internazionali. Il cambiamento delle attrezzature è uno dei punti nodali.  “Vengono tutte sensorizzate -sottolinea Viscardi-. E devono essere pronte ad analizzare tutti i dati come le automobili che vanno da sole, le quali percepiscono, codificano e gestiscono l’imprevisto. E più va avanti, più la macchina diventa intelligente. Funziona con learning machine e algoritmi. Oggi queste tecnologie hanno prezzi alla portata di tutti, è questa la novità. I robot costavano 100mila euro, oggi con 10-15-18mila euro si può montare un antropomorfo”.  Un punto nodale è la formazione. Che deve coinvolgere l’intero personale della fabbrica, persino a livello di top management. Un punto delicato. “Cambierà la gerarchia nelle fabbriche -profetizza Viscardi-. Spariranno i capi. Verranno valorizzate di più le persone. È la macchina che dà informazioni e non c’è più il colletto bianco che dice al colletto blu cosa fare. Come Fabbrica Intelligente abbiamo anche una sezione che lavora sul management, come supporto formativo. Non possiamo avere industria 4.0 e amministrazione 0.1. Vedo che spuntano master 4.0 che fino allo scorso anno non esistevano: ma poi sono gli stessi professori di prima”.

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