Influencer marketing: destinazione competenza

Si spenderà di più per farlo, ma si farà anche meglio e in modo più strategico. Cambieranno i protagonisti, ma anche la qualità dell’audience (da Mark Up n. 276)

Inizia sempre così, con un trend che si sviluppa diventando fenomeno. Poi arrivano i brand più trendy che cercano di cavalcarlo con primi tentativi, magari un po’ goffi, ma che fanno scuola per tutti. Arriva infine la disciplina, che teorizza e mette in ordine, creando regole, strutture e parametri più o meno condivisi. Ecco: nel caso degli influencer siamo in quest’ultima lunga fase, quella di definizione di un marketing più strategico dopo l’esplosione del fenomeno e l’arrivo caotico e sperimentale delle aziende. Nell’Italia che pullula di pmi, i numeri ci dicono che siamo in assoluta medias res e non troppo distanti dagli altri Paesi. Secondo il primo osservatorio sul tema di Ied Milano con Akqa e Flu, il 64% di professionisti e aziende intervistati ha fatto ricorso nell’ultimo anno ad operazioni di influencer marketing. Per le pmi parliamo a maggioranza di attività one-shot ed occasionali, più continuative e impegnate invece le multinazionali e le startup, a conferma anche di un’anima maggiormente innovativa. Stabilito dunque a grandi linee dove ci troviamo, la domanda per questo 2019 è: quali sono le direzioni di sviluppo? Qui su Mark Up siamo in grado di fare alcune previsioni forti di esperti, numeri alla mano e un’esperienza bibliografica sul tema. Il nuovo volume di riferimento in tal senso è Professione Influencer di Lino Garbellini (Tecniche Nuove, 2018).

Entrando nel dettaglio, l’influencer marketing si farà di più e meglio. A livello quantitativo, il trend è ancora in fase ascendente sia in termini di “chi” sia in termini di “quanto”. L’evoluzione prioritaria, tuttavia, è quella sul piano qualitativo. Partiamo dall’interno delle aziende. L’88% di queste ritiene infatti fondamentale per il futuro formarsi o accrescere le proprie competenze nell’ambito. Verso la materia e verso gli stessi influencer permane infatti un approccio, da un lato, di diffidenza e sfiducia, dall’altro di insoddisfazione rispetto a una serie di parametri come la professionalità e l’affinità con il marchio. E il crescente aumento del numero di influencer, la loro parcellizzazione d’audience e varietà tematica, ma anche casi di attualità che ne hanno portato alla luce la mancanza di autenticità e coerenza, fanno riflettere non solo le imprese, ma anche i follower. L’azione del seguire da parte degli utenti si sta facendo sempre più consapevole e vincolata al comportamento extra-social dell’influencer. Il rischio del cosiddetto unfollow di massa a seguito di azioni discutibili diventerà un rischio sempre più concreto anche per apparenti intoccabili come Chiara Ferragni. Questo significa che i brand dovranno monitorare di più i loro influencer a 360 gradi, valutarli dal punto di vista etico e sociale, nonché migliorare la loro relazione con essi attraverso collaborazioni più integrate e di lungo termine.

Una chiave di risposta a questo abuso indiscriminato e poco strategico dell’influencer marketing continueranno ad essere i micro-influencer, gli specialisti meno divi e più autorità che parlano a un’audience meglio definita e ricettiva a quel dato tema. I micro-influencer, più genuini ma anche meno costosi e più accessibili, potranno essere veicolo di un influencer marketing di prossimità, un piccolo grande network aziendale capace di intessere relazioni locali, con comunità e territori che loro stessi conoscono davvero. La parola chiave anche in questa materia sarà personalizzazione del contenuto e della comunicazione. Basta a post promozionali standard pagati migliaia di euro e privi di quid creativo. Sì a una co-creazione con l’influencer di messaggi e linguaggi mirati. Ad essere analizzata con maggiore attenzione sarà la qualità dell’influencer, ma anche della sua platea, perché i fan che seguono grazie all’ormai consolidato meccanismo del passaparola diventano a loro volta piccoli testimonial e casse di risonanze del messaggio principale. Dato che in rete il meccanismo è quello delle tribù che condividono valori e orientamenti simili, anche la tribù di riferimento dell’influencer merita una riflessione da parte del marchio rispetto alla propria identità.

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