Innovazione #nonsolostartup

Con la pervasività delle tecnologie, l’innovazione è sempre più design dell’esperienza. Il fattore chiave è la globalità dell’impatto sulla vita della persona. Che sempre più vuole intensità o gratificazione. Industria, retailer ed esperti per una visione convergente. (da Mark Up n. 262)

L’innovazione è un viatico ineludibile per migliorare complessivamente la condizione umana e per rompere uno status quo che altrimenti diverrebbe asfissiante. Oggi, il motore dell’innovazione è la rivoluzione digitale che sta producendo un cambiamento che coinvolge tutte le attività umane. Non solo perché aggiunge nuove possibilità all’esistente, ma perché è in grado di aggiungere valore anche ad ambiti ormai “commodizzati”. Il concetto di trasformazione digitale non può essere sganciato da quello di innovazione in quanto la prima è la scintilla scatenante della seconda ma la funzione tra tecnologia e innovazione non è biunivoca in quanto, quest’ultima, può anche prescindere dalla trasformazione digitale.
Come l’industria del largo consumo e il retail hanno accolto la sfida dell’innovazione?
Alcune risposte sono emerse in un convegno organizzato da Mark Up, in collaborazione con Henkel, in cui si sono confrontati alcuni player primari del mercato.
Un approccio utile circa l’analisi del concetto di innovazione è quello fenomenologico. Dopo l’era dell’informatica che si può, all’incirca, individuare negli anni 90 e nel primo decennio del terzo millennio, oggi viviamo un’epoca successiva, quella della mobilità e dell’interazione continua. Si è passati dal processo dei dati, a quello in cui sono processate le azioni quotidiane delle persone in un continum tra mondo digitale e reale sempre più destinati a compenetrarsi. Probabilmente lo spartiacque di queste due ere è stato il 2008, anno in cui Apple ha presentato il primo iPhone. L’innovazione in quel caso è stata dirompente per almeno due motivi: per la prima volta un intero computer fu ridotto alla dimensione di un piccolo oggetto tascabile di 10 cm di lato maggiore, in grado di rendersi energeticamente autonomo per almeno una giornata. Il secondo milestone fu l’introduzione su larga scala dei primi sensori di movimento, gli accelerometri, che permisero di dare ad un oggetto una precisa posizione nello spazio oltre che nel tempo. La sensoristica è un elemento di innovazione stravolgente, in grado di aprire le porte ad applicazioni ed esperienze inedite perché, in ultima analisi, permette un’interazione tra persone e macchine contestualizzata e in modo naturale. Un primo esempio fu nell’introduzione di videogiochi a elevato grado di simulazione fisica: la consolle Wii di Nintendo, grazie agli accelerometri permette a un giocatore di utilizzare i propri movimenti per simulare la realtà. Così, per giocare a tennis contro il computer non si muove più un joystick, ma si roteano le braccia impugnando una racchetta elettronica esattamente come se si stesse giocando realmente.
Il mobile e la sensoristica hanno quindi cambiato alla radice il nostro modo di interagire con l’ambiente circostante e questo ha aperto le porte a un cambiamento pervasivo, che fonde esperienze e produce un coinvolgimento completamente differente da ciò che si è sperimentato in precedenza. Tuttavia, prima di entrare nel merito di come si possa interpretare la progettazione dell’innovazione, occorre dire che la trasformazione digitale, accanto ai benefici tangibili che tutti noi sperimentiamo, sta introducendo un elemento di rottura dalla portata dirompente che rappresenta la sfida dei prossimi anni. In sintesi, il digitale, per la prima volta nella storia dell’umanità, sta separando il concetto di lavoro da quello di reddito. I grandi investimenti in innovazione ricadono sempre più su asset non umani, producono pochissimi posti di lavoro rispetto all’impatto quantitativo che generano e bruciano l’esistente. La sfida di rendere compatibile l’innovazione con i modelli economici e sociali è cogente anche perché le tecnologie più impattanti sono di tipo “esponenziale”, crescono in modo accelerato.
In letteratura, l’innovazione si suddivide in due grandi tronconi: quella evolutiva e progressiva, che affina l’esistente e lo migliora e quella rivoluzionaria che stravolge tutti i paradigmi esistenti introducendone di fatto nuovi e sostitutivi. Da sempre la filiera dell’innovazione prevede la ricerca di base per consentire la conoscenza dei fenomeni complessi, quindi l’applicazione ingegneristica agganciata a un sistema di marketing in grado di portare sul mercato la novità. Questa filiera sempre valida, oggi si complica in quanto l’ultimo elemento di marketing diventa il fattore primario e dirimente. In altre parole non è sufficiente che una proposta sia effettivamente innovativa, ma deve possedere le prerogative per sconfiggere sul campo sia il tradizionale, sia altri tipi di innovazione presenti. L’elemento di competizione è emerso da tempo con prepotenza ed è un fattore di novità con cui fare i conti. Se si considerano i prodotti del largo consumo o durevoli e i servizi all’utente, un fattore imprescindibile è correlato alla limitatezza dello spazio e del tempo a disposizione delle persone. Così l’introduzione di un’innovazione che impatti nelle attività giornaliere, oltre che essere coinvolgente e efficace, deve trovare le risorse necessarie alla sua estrinsecazione. Risorse richieste alla persona che devono essere strappate all’esistente in una competizione che non risparmia nessuno. In altre parole, l’innovazione che impatta su processi e attività quotidiane deve farsi spazio in consuetudini consolidate e deve interfacciarsi a monte e a valle con altre attività. Il terminale di arrivo è sempre la persona e da quello si parte. Il raggruppamento dei target per anagrafica, pur essendo una delle segmentazioni più antiche del marketing, oggi ha assunto una valenza inaspettata. I millennials hanno nelle modalità di consumo il fattore più differenziante rispetto ai baby boomers. Mentre un’innovazione viene assunta da quest’ultima categoria in un’ottica di integrazione dell’esistente (la spesa online si deve inserire in una customer journey già consolidata), per i millennials è più facile in quanto si parte da un foglio bianco. Si prenda per esempio il mondo dei pagamenti digitali. Oggi si vive in piena era inflattiva dove le proposte sono sovrabbondanti; progressivamente, molti sistemi usciranno dal mercato, altri si consolideranno e si entrerà in piena fase di razionalizzazione. Anche raggiungendo quella tappa, un baby boomer gestirà con tutta probabilità il nuovo insieme al tradizionale e dovrà spendere risorse mentali e temporali per integrare innovazione e tradizionale; i millennials assumeranno come standard corrente l’innovazione.
Comunque sia, l’innovazione oggi non può ridursi alla sola componente tecnologica
per almeno due motivi. Il primo è che qualsiasi tecnologia diventa obsoleta in un lasso di tempo molto ridotto. Così il valore aggiunto veicolato inizialmente, si depaupera e l’oggetto che materializza la novità diventa una commodity. Il secondo è che conta sempre di più l’ecosistema; in altre parole l’innovazione per vedersi riconosciuta dal consumatore come un valore duraturo, deve tradursi in una esperienza coinvolgente. La customer experience diventa quindi l’elemento cardine su cui un’innovazione è accettata o respinta.
Un altro fenomeno emergente è quello della contaminazione e fertilizzazione. Mondi distanti con concept propri entrano in contatto contaminandosi. Oggi i millennials non distinguono più online da offline ma vivono tutto in un continum in cui i concetti portanti sono quelli digitali. L’esperienza come fattore determinante si appoggia necessariamente sull’interfacciamento che le persone hanno con il mondo reale: attraverso i sensi. Oggi la sensoristica, la realtà virtuale rappresentano una frontiera importante tanto che gli investimenti stanno diventando rilevanti. Un esempio è Widiba, la banca online del Gruppo Montepaschi che mette a disposizione dei propri clienti una filiale virtuale sempre aperta, esplorabile mediante un visore Vr che sfrutta uno smartphone. È una vera innovazione oppure un esperimento tecnologico? Come detto la tecnologia è abilitante ma non determinante. Il successo di Widiba dipenderà dal bilanciamento tra esperienza offerta e consumo di risorse temporali e mentali richieste all’utente. Un computo difficile da sintetizzare in fase di progetto e che è possibile ottenere solo in forma empirica, provando. Vale sempre un concetto antico: l’innovazione è tale solo se porta vantaggio. Come somma algebrica, non come valore assoluto.

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