Intervista esclusiva a Pierluigi Bernasconi

Intervista di copertina – L’amministratore delegato di Mediamarket parla del gruppo che ha lanciato un modello di analisi dei costi di gestione dei prodotti in vendita. Facendo consumerismo. (Da MARK UP 184)

Mediamarket ha affidato all'Università di Brescia (vedere il riquadro) il compito di certificare l'impatto ambientale di una serie di prodotti in vendita, a cominciare dai bianchi.

I risultati accompagneranno in forma sintetica i brand/prodotti esposti nelle grandi superfici del gruppo, ma il consumatore potrà anche calcolarseli da solo andando sul sito, scaricando la metodologia o facendoseli suggerire dal personale di vendita.

È un vantaggio competitivo strategico in un settore, quello della vendita di bianco&bruno, particolarmente distratto a proposito di impatto ambientale e risparmio di energia dei prodotti che commercializza, una svolta senza precedenti, targata Italia più che Germania (e questo è, a giudizio di MARK UP, il vero valore aggiunto).
Sentite come sintetizza il tutto Pierluigi Bernasconi, Ad del gruppo e dirigente mai contento, anima candida ma anche anima critica, mercante e cittadino, manager e mecenate:
“Stiamo evidenziando nella nostra offerta i prodotti effettivamente eco-compatibili, dando un segnale preciso al cliente”.

I fornitori non balleranno dalla gioia…
Non siamo qui per far ballare dalla gioia i produttori ma per servire il cliente. È una questione di punti di vista e, soprattutto, di strategie di lungo periodo.

Avete illustrato loro questa variazione di programma?
Abbiamo cominciato…
E…
Mah… Finchè non si vedrà bene dove vogliamo andare, cioè l'esposizione completa delle informazioni nel punto di vendita, i fornitori fanno i complimenti, poi vedremo. Quando un certo brand con un prezzo alto si vedrà affibiate determinate performance, magari più ridotte di un altro brand con un prezzo più basso si arrabbierà, ma dovrà anche tenerne conto”.

Come chiamare questo Bernasconi: anima candida o anima critica? Noi propendiamo per tutte e due, come quando in occasione dei campionati del mondo del 2006, lanciò un programma promozionale mozzafiato per la vendita di televisori. Fece gridare molti allo scandalo per l'audacia, ma l'anima candida si era già precautelata con una super polizza assicurativa e calcoli con tanto di radici quadrate. Benvenuti, allora, in questa intervista a un manager sofisticato, molto diretto, che risponde a tutte le domande, anche le più aspre. L'ho sentito sbuffare una sola volta, dopo aver cercato di capire qualcosa di più su una sua relazione durante un convegno, ma, per il resto, Pierluigi Bernasconi ha il carattere e i tratti di Marcello Lippi piuttosto che di Giovanni Trapattoni anche se, probabilmente, ammira più il secondo.

Pierluigi, questo è un cambio di marcia rivoluzionario.
Macchè. Personalmente credo di annoverarmi fra i revisionisti più che fra i rivoluzionari, credo che le cose nel business vadano semplificate facendo passi in avanti commisurati alla propria taglia. Pensiamo questo programma sia un aiuto al cliente e alla necessità di dare un valore alla spesa che effettua da noi. Tutto qui.
Tutto qui?
Ma sì, non fare il dietrologo, il mercato si adeguerà. Gli elettrodomestici che abbiamo preso in considerazione sono quelli per così dire più di lavoro, meno ludici di altri, con un ciclo di vita sufficientemente lungo.
Il punto di partenza qual è stato?
Non ci crederai ma è stata l'esigenza dei produttori di far capire il valore del loro brand e del loro prodotto. Ma anche mia moglie.
Tua moglie?
Si, è una persona rispettosa delle risorse che una famiglia, la gestione di una casa, impiega. Per esempio si è accorta che l'asciugatrice che abbiamo consuma troppo e ha voluto vederci chiaro.
E l'evidenza per tua moglie e per il consumatore quale sarà?
L'informazione nel cartellino del prezzo: questa lavatrice costa tot all'anno, questo frigorifero consuma 80 euro di energia all'anno. Poi possiamo, per esempio, calcolare quanto costa una lavatrice a lavaggio. È lo stesso sistema utilizzato per il calcolo del costo dell'automobile e, per esempio, scegliere fra diesel o benzina.
E i buyer all'interno di Mediamarket come l'hanno presa?
Qualcuno era perplesso, soprattutto quelli esposti verso alcune marche, avevano timore di qualche rampogna, ma poi, alla fine hanno capito.
Le prossime categorie investite dalla certificazione?
Tutte quelle possibili, contemplate dai regolamenti Ue. Computer e televisori.
Prenderete in esame anche lo stand by?
Domanda centrata. Il problema non è semplice, in questo caso, perché non c'è standardizzazione. Ma lo affronteremo. Certificare una tecnologia che muta velocemente non sarà facile, né per noi, né per l'università, ma lo faremo.
E come evidenzierete la vostra anima verde a livello di negozio?
Il nostro gruppo si è impegnato a contenere i consumi di energia elettrica del 20% entro il 2020.
In che modo?
A cominciare dalla coibentazione del manufatto, il tipo di energia utilizzata, le lampade impiegate, ecc.
Pierluigi perché non avete allora in assortimento store brand verdi che sappiano cavalcare a livello di prodotto questa nuova mission?
Perché il consumatore nell'elettronica di consumo privilegia la componente tecnologica e non la cede tanto facilmente. La tecnologia e l'investimento connesso sono il vero vantaggio competitivo.
Sei un retailer anomalo…
Ne siamo consapevoli, ma non possiamo fare altrimenti. In questo settore chi vuole fare il distributore e anche il produttore assommerà due rischi ma mai due vantaggi.
Perché?
Perché la tecnologia è troppo mutevole ed è un rischio di capitale che solo i grandissimi produttori e gli importatori con loro in sintonia possono permettersi.
Prendo per buono questo assunto. Visto che i mestieri nelle Gss dell'elettronica di consumo saranno sempre divisi, perché stai concedendo alle marche dei fornitori una sempre maggior visibilità?
Le marche sono una garanzia a 360° per il consumatore e anche per noi. Media World è la casa delle marche, i consumatori vengono nei nostri negozi sicuri di trovare quel brand e quel modello che cercano. Il nostro compito è farglielo trovare e capire cosa fanno le marche, qual è l'innovazione vera e quale quella meno vera, qual è il servizio reale che danno.
Giusto. Ma tutto questo non rischia di aumentare i livelli e la complessità della negoziazione con i fornitori?
No.
Perché?
La nostra quota di mercato è intermedia, circa il 15%. Il mercato è ancora frammentato. Le industrie, poi, non hanno nessuna intenzione di aumentare la concentrazione delle vendite su poche o addirittura una insegna. E poi c'è la disintermediazione in agguato. Noi dobbiamo fornire un valore aggiunto alle industrie che ci servono: il nostro savoir faire commerciale che diventa vieppiù selettivo: informazione, sollecitazione, garanzia.
Consentimi, allora, questa domanda. Negli ultimi negozi avete introdotto o rafforzato nuove categorie come il vinile, i libri, i gadget per bambini. Scongiurato, come sostieni tu, il pericolo di divenire un insieme di corner di brand industriali, non state però rischiando di diventare una sorta di bazar indistinto e generalista, quasi pronto per essere disintermediato?
Non credo proprio. Le nuove aggregazioni hanno una logica di complementarietà. Nell'intrattenimento personale, dove siamo leader indiscussi, questo pericolo da te paventato si potrebbe presto verificare, ma proprio per questo abbiamo aggiunto e rafforzato i libri, adesso maggiormente segmentati. In futuro, vedremo.
Pierluigi come sarà il negozio Media World fra cinque anni?
Sarà sicuramente più integrato con il mondo internet. Diventerà una sorta di linguaggio liquido continuo, in tutti i sensi. I brand più performanti saranno quelli integrati che lavoreranno su più piattaforme, compreso il negozio fisico creando un universo coerente e completo sempre disponibile, al di là della tecnologia utilizzata. Credo proprio che vedremo presto il negozio di Amazon. I consumatori veramente digitali sono quelli che hanno adesso 10 anni e saranno proprio loro a valorizzare questo dialogo liquido.
Sarà uno show room?
No. Dipenderà dai target di consumatori e dalle occasioni di acquisto e di consumo.
I cinque punti di forza di oggi di Media World quali sono?
Dimmeli tu… Va bene. Andiamo per differenza. Location, banale, no? Parcheggio, no parking no business, banale, no? Accoglienza e ambientazione: non deve creare resistenze sin dal primo momento della visita. L'eccellente illuminazione, un livello di rumore sostenibile. Visibilità, importante ma non essenziale. Bisogna che il negozio sia ben visibile dall'autostrada ma la viabilità deve essere a posto. Addetti alla vendita ben presenti e professionali. Un direttore simile a un local hero.
Perché il direttore non si palesa nell'area di vendita?
Perché ha molto da fare.
E farne una presenza virtuale, magari con una fotografia?
Non badiamo molto alla coreografia all'americana…
Proseguiamo con i punti di forza di Media World.
Il negozio deve essere libero nella circolazione, impossibile pensare a un layout obbligato. Deve saper presentare i prodotti e renderli accessibili per la prova in modo semplice e costante.
E per il futuro?
Bisognerà portare il negozio fuori dal negozio.
Spiegati meglio.
L'integrazione con internet deve essere razionale ma anche emotiva. Una delle grandi sfide di internet sarà integrare le community, i social network, con una realtà fisica, persone e strutture fisiche e con essa l'emozione, l'interazione, elementi ben superiori ad aspetti meramente tecnologici, importanti ma non sufficienti.
E poi?
Assisteremo a una concentrazione dei settori, alcuni saranno ridimensionati, altri ancora diventeranno nicchie, solidi ma nicchie. Il bazar che tanto non ti piace, potrebbe essere la matrice del futuro negozio, ma non tanto nella versione generalista quanto in quella specialistica, con una filiera e le sue competenze ben visibili, dal fornitore al prodotto.
Esempio?
Prendiamo il concetto di benessere e di salute e andiamo oltre al concetto di palestra. Philips ha presentato l'anno scorso un defibrillatore. Chi lo venderà? Chi potrà dare un servizio di tele-diagnostica anche pre- ospedaliera? Noi, con un banale plug&play. E lo venderemo nell'area fitness.
Salute a 360°. E poi verso quali altre aree si allargherà Media World?
La cultura, in tutti i suoi aspetti. E poi dovremo essere intermediari del virtuale, ormai diventato una foresta oscura.
Va bene. Ma il vero piano strategico che diventerà il vantaggio competitivo di Media World quale sarà?
Creare una sensibilità aziendale adatta a fermare il processo di disintermediazione che è sempre presente nel nostro business, in generale e in particolare. Dobbiamo prevederlo e renderlo palese prima che lo faccia lui.
A cosa è dovuto?
A troppi esperimenti senza una vision lineare di molti produttori che producono un mercato fatto a scatti. Pensa al blue ray. Molte industrie non partono dai bisogni del consumatore ma dalla tecnologia, se ne entusiasmano al punto tale che si scordano i bisogni di chi deve comprare. Sulla tecnologia fanno il loro piano di business e, come la storia dimostra, alcune volte sbagliano. E noi perdiamo vendite a fronte di superficie dedicata.
Pierluigi, torniamo alle operation. Il post vendita ti dà ancora affanno?
Sì, mi dà ancora affanno, è la parola giusta. Distinguiamo fra post vendita di servizi come le consegne e le installazioni e le riparazioni. La legge attuale, lo dico senza remore, è dannosa. È stata voluta da una certa lobby, di cui fa parte certa industria, che ha cercato di mettere in discussione la garanzia a due anni introducendo l'onere della prova da parte del consumatore. Mi domando… ma no, hai una domanda di riserva?
No, nessuna. Domandatelo pure.
C'è davvero qualcuno in grado di farlo? Rispondo io: difficile, no? Viceversa Mediamarket sta lavorando sul concetto di assistenza e potremmo farlo sempre meglio, affiancandoci ai centri di assistenza delle marche, se la legge fosse formulata in altro modo.
In che modo?
Eliminando l'onere della prova da parte del consumatore e creando un ciclo virtuoso industria-retailer. È vero che in termini di legge è responsabile chi vende e noi ci possiamo rivalere sul produttore. Ma se la legge fosse stata formulata in altro modo, magari imponendo l'onere della prova al distributore, certo che sarebbe per noi oneroso, ma solo in apparenza, nel breve ma non nel lungo periodo. Funzionerebbe così: il cliente ci riporta il prodotto, noi lo sostituiamo e discuteremmo con il produttore il rimborso. L'industria sarebbe così costretta a contemplarlo nella formulazione del proprio conto economico. Nell'attuale cornice legislativa, comunque, le associazioni dei consumatori dovrebbero prendere atto che c'è qualcosa che non va - il consumatore che ha l'onere della prova - o che c'è qualcosa di molto macchinoso. Possiamo dire in modo sereno che il retailer è il responsabile unico nei confronti del consumatore ed è lui che si deve rivalere nei confronti dell'industria? Possiamo dirlo, magari semplificando l'attuale legge e auspicare che l'intera filiera diventi più responsabile e si metta davvero al servizio di chi sborsa i quattrini per acquistare un brand/prodotto?
Benissimo Pierluigi. Perché, allora, l'indicazione del servizio di post vendita nei Media e nei Saturn è nascosta?
Perché non possiamo farne un punto di forza.
Suvvia: è una contraddizione!
Ne sono consapevole. Ma su questo argomento siamo attualmente in ostaggio. Il post vendita deve essere regolamentato a monte, non a valle. Allora sì che indicheremmo con grande enfasi il post vendita nel Media World!

Chi è Pierluigi Bernasconi
Inizia la sua carriera come agente di commercio.
Dal 1980 è in una multinazionale giapponese, attiva nel settore dell'elettronica di consumo, fino a diventare direttore della divisione audio-video.
Nel 1990 diventa project leader dell'iniziativa Mediamarket del gruppo Metro.
Oggi è direttore generale e amministratore delegato del gruppo leader nella vendita dell'elettronica di consumo in Italia con una quota del 15%. Tralasciamo volutamente premi e riconoscimenti e concentriamoci sull'uomo che è l'anima, con certamente la sua squadra, di Media World e Saturn.

Il consumerismo passa da “Uso&Consumo”
Per aiutare il consumatore nella scelta degli elettrodomestici Media Market ha sviluppato Uso&Consumo. Un programma informativo per la valutazione di prezzi, dati tecnici ma soprattutto per capire quanto costerà il loro utilizzo quotidiano. Un elettrodomestico non incide sul bilancio familiare solo con il prezzo di acquisto, ma soprattutto con il suo costo di gestione, che è la somma di consumi elettrici e, per il mondo del lavaggio, idrici e di detergenti. Il rischio di farsi abbagliare da un prezzo extrabasso è decisamente concreto, salvo poi scoprire che la voce di costo dei consumi in poco tempo va ad annullare il risparmio iniziale. Ecco le voci contemplate dal programma:

  • costo dell'energia elettrica,
  • costo dell'acqua,
  • costo dei detersivi,
  • costo di ammortamento: prezzo di acquisto/durata lavatrice.

Il programma informativo Uso&Consumo è stato sviluppato dalla sezione apparecchi domestici di Asap Smf (centro di ricerca Scsm di Università Brescia).
Asap è il service manager forum composto da ricercatori di cinque atenei italiani (Università Brescia, Università Bergamo, Università Bocconi, Politecnico Milano, Università Firenze).

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