Intervista esclusiva a Vincenzo Tassinari

Intervista di copertina – Il presidente del comitato di gestione Coop Italia svela, dalla Croazia alla Sicilia, dalle produttività per mq ai margini, il cammino del leader. (Da MARK UP 185)

Conversare con Vincenzo Tassinari è facile. Ed è un piacere. Il suo animo emiliano, schietto e sanguigno, ti mette subito a tuo agio. È raro incontrare un manager, leader per di più nel mercato del largo consumo, con un'onestà intellettuale evidente dalle prime risposte. Soprattutto Tassinari è rispettoso del mestiere altrui: non mette paletti all'intervista, risponde a tutte le domande e cerca di far capire strategie e operatività del gruppo in cui opera. Dopo un'ora e tre quarti di incontro vorrebbe ancora andare avanti, far capire la diversità di Coop, il suo modo di stare sul mercato, la sua ricchezza imprenditoriale, il suo contributo alla vita economica e sociale del paese.

Vincenzo, Mediobanca (ndr: Il Sole 24Ore del 20 gennaio, pag. 41) ha redatto un'analisi di bilancio approfondita sullo stato patrimoniale e il conto economico delle vostre più importanti cooperative (vedere anche il box). Proviamo a fare un esercizio: togliamo il prestito da soci, come va la gestione senza questo apporto?

L'analisi di Mediobanca è severa. Io sono un uomo che parla sempre con i numeri alla mano e i numeri non si possono confutare. L'analisi eseguita prende però in considerazione un unico esercizio contrassegnato da una profonda crisi finanziaria mondiale. Anche i nostri conti economici, come quelli di tutti, ne hanno risentito, soprattutto la parte finanziaria, mentre la parte relativa alla gestione caratteristica ha tenuto. I nostri stati patrimoniali, come del resto sottolinea Mediobanca, rimangono comunque consistenti e stabili.


Di quanto è diminuita la marginalità nel 2009 rispetto al 2008?

Probabilmente, anche se di poco, è aumentata.


Com'è successo?

La gestione del 2008 non ha impattato drasticamente sul margine, le nostre vendite hanno osservato lo stesso andamento riscontrato nel settore e sostanzialmente abbiamo mantenuto le quote di mercato.


Ma i margini di secondo livello del 2008 rispetto al 2007 e del 2009 rispetto al 2008 come sono stati?

Come ti dicevo c'è stato un miglioramento. Nel 2008 il margine di secondo livello è aumentato dello 0,2% e nel 2009 ci sarà un altro aumento, analogo all'anno precedente.

Scusa ma allora di che crisi stiamo parlando?

Di quella che ci ha investito e che ha investito tutta la business community, dalla finanza ai consumi. Per affrontare la situazione Coop ha saputo registrare bene le leve della gestione caratteristica.

Perdonami Vincenzo, prendo un'altra strada. La produttività delle vendite a metro quadro, in ipermercati e supermercati com'è andata nel 2008 e nel 2009?

I dati percentuali sono questi. La produttività a metro quadro dei supermercati nel 2008 è stata +1,9 e nel 2009 +1,1. Mentre gli Ipercoop hanno registrato un +0,1 nel 2008 e -1,2 nel 2009. Come vedi il format che soffre di più è l'ipermercato e in esso principalmente il non food dove i mercati di sostituzione sono stati quelli più colpiti dalla crisi economica e dalla diminuzione del potere d'acquisto dei consumatori.

Allora come avete affrontato questa situazione nel 2009?
Innovando la nostra proposta commerciale, lavorando sui processi di fidelizzazione e su tutte le leve del cosiddetto marketing mix, prezzi, promozioni, assortimenti. Abbiamo dato un'interpretazione concreta al concetto di crisi. Nel 2009 non abbiamo fatto una mera politica promozionale ma bensì di convenienza e di difesa del valore della spesa dei nostri soci e clienti.

Mi sembra ci siano alcune contraddizioni. Avete diminuito del 20% i prezzi dei prodotti a marchio, avete acquistato contemporaneamente delle location nel sud che Carrefour ha rifiutato come inidonee al suo sistema e alle sue attese; le vendite a metro quadro diminuiscono, il margine è altalenante. Come fate a essere competitivi in un contesto economico davvero inusuale?

In fasi di così forte discontinuità e turbolenza, bisogna tenere la barra dritta. Nel breve si possono incontrare criticità, ma le scelte e le azioni debbono essere indirizzate ad un chiaro orizzonte strategico. Distintività e sviluppo sono temi sui quali Coop non deve assolutamente arretrare. Per quanto riguarda l'acquisizione di Carrefour vorrei ricordarti che all'ultimo vostro Consumer e retail summit che si è tenuto al Sole24Ore nell'autunno scorso, il presidente di Auchan, Philippe Le Grignou, ha sostenuto pubblicamente che Coop ha fatto un buon affare ad acquistare gli ipermercati di Carrefour in Puglia, Basilicata e Sicilia.

Tu condividi questo giudizio?

Faccio una considerazione di tipo strategico: se quegli ipermercati non fossero stati acquisiti da noi li avrebbe acquistati Auchan.

E perché non l'ha fatto Auchan?

Perché li ha acquistati Coop.

Questo vuol dire che voi avete offerto una cifra più alta?
Diciamo che noi abbiamo presentato condizioni complessive migliori.

Quindi avete fatto un affare.

Lo vedremo nel tempo, ce la metteremo tutta per avere buoni risultati. Ma è indubbio che questa acquisizione è avvenuta per scopi strategici. Primo: siamo entrati in piazze dove non eravamo presenti e che hanno diritto a presenze della distribuzione moderna italiana e della cooperazione in particolare. Secondo: se Auchan avesse acquistato quegli ipermercati da Carrefour sarebbe diventata leader in Puglia e Sicilia. Ciò senza dubbio, a mio parere, non sarebbe stato positivo per la Coop ma anche per il sud, e per l'Italia. I leader, adesso, siamo noi e cercheremo di rimanerlo per un bel po'.

Le pressioni mafiose in Sicilia sono continue. Siete subentrati a cuor leggero in un territorio complesso o avete preso dei provvedimenti? Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, è stata molto chiara in questi giorni a proposito delle pressioni mafiose e ha invocato l'unione di tutti gli associati a Confindustria. Voi che situazione avete trovato?

È inutile negare che in Sicilia, ma anche nelle altre regioni meridionali, ci siano situazioni ambientali complesse. Coop ha una storia quasi ventennale nel sud, partita con l'acquisizione di Mongolfiera in Puglia da Coin. Abbiamo vissuto due questioni parallele. Quella politica: abbiamo dimostrato che siamo un soggetto imprenditoriale cooperativo che sa stare sul mercato e che arricchisce le regioni in cui opera, lavorando costruttivamente con tutte le istituzioni ed amministrazioni pubbliche senza distinzione di colore. Quella ambientale: l'abbiamo affrontata facendo capire che non avremmo ceduto a pressioni anche forti con reazioni altrettanto forti.

Neppure rispondendo a certe prassi di assunzioni di lavoro guidate?

Abbiamo agito al meglio, come qualsiasi buon imprenditore, con selezioni rigorose spesso fatte da società specializzate.

Uno dei motivi per cui Carrefour ha abbandonato il sud è stato l'alta incidenza del costo del lavoro. La vostra scenderà?

Abbiamo in corso trattative con il sindacato per essere più efficienti nei costi. A lui chiediamo di capire che non possiamo avere le stesse condizioni contrattuali in regioni molto diverse fra loro con produttività per addetto differenti.

Passiamo alle relazioni con l'industria. A fine anno hai parlato di un coinvolgimento su un nuovo modello relazionale commerciale dei fornitori del 40% delle categorie del grocery. A che punto siete?

L'attuale modello è lungo, lento e costoso. Non è colpa di nessuno, ma è tale; è il frutto della nostra storia dagli anni '70 a oggi, fatta di grandi cambiamenti negli assetti del nostro sistema: le Cooperative di territorio, i Consorzi Distrettuali, la Centrale Nazionale. Dovevamo cambiare. Ci siamo preparati per tempo: abbiamo cambiato la nostra “governance” nazionale, dividendo la proprietà per scelte strategiche (Consiglio di Sorveglianza) dal management per la gestione (Consiglio di Gestione).
Questo modello è stato il risultato di una analisi severa ed approfondita dei nostri processi commerciali.
Le negoziazioni, centrale, dei distretti e delle singole cooperative, erano in contrasto ai processi di efficienza e efficacia. Abbiamo capito che il sistema non reggeva più. Il progetto della nuova relazione con i fornitori partirà ad aprile e verificheremo la sintonia con l'industria. Dopodiché a ottobre se i risultati saranno positivi allargheremo il nuovo modello al 100% dei fornitori nazionali. Opereremo per non trovare intoppi o ostacoli lungo la strada.

Il superamento delle supercentrali di stampo anni '90 gioca a vostro favore o no?

In parte.

Quante richieste avete avuto per entrare in Centrale italiana?

Tante. Non ne abbiamo accettate nessuna.

Interessanti?

Alcune. È in atto un processo di fibrillazione soprattutto nella Da, aggravato dalla crisi ma che passa dall'insoddisfazione sull'efficacia delle supercentrali.

Quindi il futuro che tu prevedi sarà fatto di centrali più che di supercentrali. Scusa la banalizzazione: di un pollaio con un solo gallo. È così?

Qualcosa del genere, ma la nostra è una leadership leale e condivisa.

Centrale italiana dorme sonni tranquilli?

Tutti i soci collaborano con senso di responsabilità e di equilibrio.

Cosa ostacola l'ingresso di Conad nella vostra centrale?
Non ce l'hanno chiesto. È vero però che dopo il divorzio di dieci anni fa avvenuto in modo plateale, come si fa? Prima di sedersi a un tavolo comune dovranno passare tempo e persone. L'ingresso dell'insegna Leclerc in Italia ha rotto le basi del rapporto con loro fondate sulla creazione di un polo strategico di imprese distributive italiane.

Che caratteristiche deve avere un futuro partner che bussa alla vostra porta?

Stiamo lavorando per superare la fase dei contratti, che sono un pezzo del rapporto con la centrale, per arrivare a comprendere anche la supply chain. Oggi in Centrale Italiana (Coop, Sigma, Despar, Il Gigante) abbiamo oltre 100 cedi: possono essere rivisti, in chiave di efficienza, per gli associati alla Centrale e per i nostri fornitori. La prossima frontiera è quella di affrontare l'intera filiera: dal cedi alla logistica al punto di vendita, ottimizzando i volumi di merci acquistate, che, come sai, continueranno ad essere un punto strategico e qualificante per chi lavora nel largo consumo; con buona pace di chi vorrebbe il contrario.

Vincenzo, a proposito di volumi, in Francia stanno studiando di far passare il marge arrière dal 30 all'11%. Una variazione così brusca cosa ti suggerisce?

I francesi sono sempre stati bravi a fare leggi sbagliate come il sottocosto. Penso che se nelle relazioni commerciali intervengono delle leggi pilotate dall'alto siamo fuori strada. Quando poi queste leggi sono orientate verso una sola parte, quella distributiva, sono ancora più sbagliate. In Italia non c'è una concentrazione simile a quella francese: non mi sembra una linea guida da seguire. La distribuzione in Italia farebbe bene a seguire con attenzione gli scenari che si potrebbero aprire e allearsi, per una modernizzazione del nostro sistema, anziché dividersi. Anche se nel 2007 è successo qualcosa che va nella direzione opposta.

Cos'è successo nel 2007?

Federdistribuzione ha fatto un ricorso alla Ue, tutt'ora pendente, contro Coop, denunciandoci per concorrenza sleale. Noi abbiamo rispettato da sempre le leggi del nostro Paese, anche quelle fiscali. È stata una forzatura che ha leso l'unità dei retailer e qualcuno ne ha approfittato per crearsi un vantaggio competitivo. Recentemente sono stato negli Stati Uniti: la competizione è molto accesa, ma i vari competitori si rispettano; da Wal-Mart al più piccolo, nessuno si permette di denigrare un suo competitor. Non c'è una “vis delendi” come in Italia.

E se la corte europea vi desse torto cosa potrebbe succedere?

Do atto che il governo italiano ha sempre difeso la Costituzione e le leggi sulla cooperazione approvate anche recentemente dal parlamento italiano all'unanimità. Il nuovo commissario alla concorrenza Almunia si comporterà come saprà. Ma comunque non sarà un dramma. I prerequisiti per essere cooperatori sono severi e i benefici connessi sono ormai poca cosa.

Quali sono i prerequisiti?

Indivisibilità degli utili, una testa un voto, la cooperativa non può essere venduta e in caso di liquidazione il patrimonio della stessa passa allo Stato italiano. A questo corrisponde una tassazione sul 55% degli utili, tutto il resto è uguale a tutte le imprese italiane. Chi trovasse il sistema conveniente perché non trasforma la propria società in cooperativa?

E il prestito da soci?

Non sono soldi nostri, sono denari prestati che Coop impiega e tutela a fronte di un rapporto di fiducia che viene rinnovato dai soci stessi.

Come viene investito?

Non potendo accedere al mercato finanziario sono le risorse che a Coop servono per lo sviluppo di cui diamo conto pubblicamente e che per il 70% devono rimanere disponibili per l'incasso immediato ai soci.

È aumentato nel 2009?

Sì e non poco.

Andiamo in Croazia. Alla fine dello scorso anno si è sparsa la voce che avreste venduto i vostri punti di vendita. Cos'è successo?

L'avventura di esportare il nostro modello commerciale in quella nazione si è purtroppo conclusa e entro l'anno nelle nostre attività subentrerà la Spar austriaca.

Cosa non ha funzionato?

Abbiamo anticipato troppo l'evoluzione economica di quei territori sbagliando i tempi. La tipologia dell'ipermercato andava bene per città come Zagabria ma non per centri minori e regioni croate povere come la Slavonia.

Cosa avete imparato?

Che nei prossimi piani di sviluppo in Europa sceglieremo la strada delle alleanze con cooperative del territorio, abbandonando l'esportazione del modello cooperativo che necessita di una peculiarità fondamentale: il radicamento sul territorio.

A che Europa stai pensando?

A quella che ha bisogno di distribuzione moderna e cooperativa.

Torniamo in Italia. Vendita di servizi telefonici: alla fine dell'anno Conad è uscita da questo business e lo ha definito non redditizio. Per voi lo è? Che margini avete?

È un mestiere difficile. Oltre a dare un buon servizio siamo in competizione con attori strutturati che investono decine di milioni di euro all'anno in comunicazione. Noi abbiamo superato le 400.000 posizioni attivate. Alla fine dell'anno raggiungeremo il break even con un margine operativo sull'ordine del 2-3%. Stiamo, nel frattempo, emancipandoci dal tutoraggio totale di Telecom.

Cioè?

Abbiamo investito circa 7 milioni di euro in un sistema informativo autonomo e in un nostro call centre per dare un servizio maggiore e più personalizzato ai clienti che hanno scelto Coop Voce.

Una montagna di soldi…

Credo che il ruolo di un distributore moderno e leader non debba fermarsi alla distribuzione di prodotti ma debba affrontare anche i servizi, come insegnano tutte le esperienze straniere dei distributori più evoluti. Questo è un servizio che i nostri soci ci hanno chiesto e ci chiederanno di più.

Perché nei carburanti non siete ancora entrati?

Perché prima di intraprendere nuove sfide vogliamo essere sicuri di riuscirci con una nostra, peculiare distintività. Non è un mercato dimenticato o sottovalutato anche se ha pesato molto l'ambiente vincolistico che circonda la distribuzione dei carburanti. Entro qualche mese vareremo un apposito progetto.

Con un partner?

Non necessariamente uno.

Passiamo all'abbigliamento e alla crisi dell'ipermercato. Lo scorso anno avete fatto un accordo con Olympia, società del gruppo Benetton. Il giudizio di MARK UP è che competere con Zara e H&M con un simile assortimento, poco profondo e un visual improvvisato, con prezzi discutibili, sia perdente. Cos'è successo nel segmento di mercato? Di quanto è diminuita l'incidenza delle vendite di abbigliamento negli Ipercoop?

Questo mercato, che è di sostituzione, è diminuito più di altri. A due cifre con la prima collezione primavera estate, poi abbiamo capito alcuni errori e la collezione autunno-inverno 2009 è andata molto meglio. L'incidenza dell'abbigliamento esterno è diminuita, come sai, in tutti gli ipermercati italiani, ma anche in tutto il settore.

Il problema risiede nel prodotto, nel visual, nel prezzo o ...?

Il prodotto è di qualità, il prezzo è adeguato. Gli errori si sono verificati nei processi operativi.

Il giudizio di MARK UP è che abbiate trattato l'abbigliamento come se fosse uno stock di scatolette di tonno. Forse bisognerebbe ripensare al reparto in termini complessivi: atmosfera, comunicazione, attrezzature, visual.

Ci stiamo lavorando. Il paragone che fai con le scatolette di tonno è calzante anche se bisogna ricordare che l'ipermercato non deve diventare un negozio specializzato ma scegliere una propria via originale.

La partnership con Olympia-Benetton continuerà nel tempo?

La partnership per noi in questi segmenti di mercato è obbligatoria, affineremo con Olympia strategie e operatività nel punto di vendita.

Passiamo alle vendite online. Bologna funziona ancora?

No. L'unico esperimento che prosegue è a Roma.

È un canale che svilupperete in futuro o no?

Eravamo partiti convinti con cinque cooperative e cinque piloti in grandi città. Ne è rimasto attivo uno solo a Roma con Unicoop Tirreno. Non registro su questo tema molti entusiasmi all'interno del nostro sistema ma neppure sul mercato.

Quanto avete perso nel canale?

Non abbiamo fatto investimenti pesanti come altri operatori. Abbiamo svolto le nostre esperienze senza bagni di sangue. Personalmente ero fiducioso nell'affrontare questo canale, forse siamo partiti troppo in anticipo.

E in futuro?

Vedremo, l'antenna l'abbiamo mantenuta e se ci saranno sviluppi, noi ci saremo.

Parafarmacia. Come sta andando?

Molto bene. È un servizio che i nostri soci e i clienti apprezzano. Le incidenze delle vendite sono in aumento e i prezzi di vendita sono calati. Le liberalizzazioni fanno bene prima di tutto ai cittadini ed all'economia del nostro Paese.

Le vostre ultime campagne di comunicazione non mi sembrano particolarmente azzeccate. Vincenzo: perché continuate a battere la strada del prezzo e della convenienza fine a se stessa?

La competizione in atto ci impone di rafforzare mission e posizionamento, da sempre improntati a dare garanzie di convenienza e qualità. Partiremo fra poche settimane con una campagna che avrà un testimonial importante, sulla scia di quanto fatto con il tenente Colombo a suo tempo.

Chi sarà il testimonial?

Lo vedrai presto in televisione.

A MARK UP risulta sia Luciana Littizzetto. Sarà davvero congeniale alla nuova governance, al vostro impegno commerciale?

Se lo dici tu… se fosse vero…. È piemontese come piemontese è stata la prima cooperativa nata a Torino nel 1854. Poi vedremo.

Chi è Vincenzo Tassinari

60 anni, due figli, laureato all'Università di Bologna in economia e commercio. Ha iniziato nella cooperazione nel 1974 in Camst. Dal 1988 è presidente di Coop Italia. Dal 1996 al 2000 è stato presidente di Ecr Italia, oggi è vice presidente di Indicod-Ecr e co-chair di Ecr. Dal 2004 è incaricato della cattedra di economia e gestione delle imprese commerciali alla facoltà di economia di Milano-Bicocca. Dal 2005 è presidente di Centrale Italiana (soci: Coop, Despar, Sigma e Il Gigante).


“… Lo scopo della cooperativa è diverso: non è ad esempio la remunerazione del capitale investito dai soci, ma fornire ai soci prima di tutto un servizio. I soci non chiedono alla loro cooperativa di fare utili e distribuirli, chiedono di difendere potere di acquisto, risparmio, salute, ambiente. Ci chiedono di essere al loro fianco e loro strumento quando la crisi economica e finanziaria taglia i redditi e mette a rischio i risparmi. Chiedono di dare servizi anche in luoghi dove altri non vanno perché poco o niente redditizi, chiedono informazione e impongono trasparenza, esigono legalità e coerenza con i valori dichiarati”. Aldo Soldi, presidente Associazione nazionale cooperative di consumatori, Ancc. (Il Sole 24Ore, 28 gennaio 2010, pag. 27)

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