La digitalizzazione e le aree di disruption per l’industria

Aziende di marca costrette a ripensare radicalmente le proprie strategie. Lo studio di Roland Berger (da Mark Up n. 254)

La  digitalizzazione  della  “shopping  experience” (intesa come l’utilizzo delle tecnologie digitali, in primis il “mobile”, anche nelle fasi che precedono l’acquisto stesso del bene) è il trend di consumo più forte e che sta forzando le aziende  di  marca  a  ripensare  anche  radicalmente alle loro strategie. Alcuni  dati  fotografano  il momento:  nel  2015  le  vendite  eCommerce  B2C  nel settore Food & Personal Care sono state  pari  a  89  miliardi  di  dollari  (solo l’8,8% del eCommerce B2C globale), ma si stima che più che raddoppieranno nel corso dei prossimi 5 anni (quasi 220 miliardi di dollari nel 2020), con un tasso di crescita annuale medio del 16%,  superiore  ad  ogni  altra  categoria  di spesa. Ci sono paesi che rappresentano già delle best practice nel settore, quali Corea del Sud e Regno Unito: la percentuale di internet user ad aver acquistato prodotti alimentari confezionati online è pari al 51% per il primo e al 37% per il secondo.
E l’Italia? Le percentuali di chi compra food online sono ancora basse (al di sotto del 10%) ma i dati sono destinati a  crescere  consistentemente,  soprattutto se vi saranno sostanziali evoluzioni nell’offerta. Si pensi al ruolo che sta avendo  Amazon  e l’impatto  che  il  servizio Amazon Fresh avrà sul retail grocery:  ad  esempio  in  Germania  Amazon detiene oggi una market share del 4% ma si stima che raddoppierà entro il 2021, diventando difatti il secondo più grande retailer del mercato. I retailer tradizionali hanno avuto fino a  qualche  anno  fa  un  approccio  prudenziale  sia  al  canale  eCommerce  (vedendolo  quasi  come  un  rischio  cannibalizzazione) sia alla digitalizzazione della customer experience  presso  il  punto  vendita (si pensi a tutte le opportunità di offerte real time e personalizzate facendo leva sulla tecnologia beacon). In Italia il canale e-food è ancora poco sviluppato con l’eccezione di Esselunga, ma anche in questo caso la situazione è in continua evoluzione.E  per  le  aziende  produttrici? Le  nuove tecnologie digitali rappresentano una incredibile opportunità di interagire direttamente con il consumatore finale, ma anche una concreta minaccia se non sapranno integrare tali tecnologie digitali  nei  loro  modelli  di  business.  Anche perché la competizione si sta allargando a nuovi player come gli internet specialist  che  adottano  un  modello  di  vendita  “pure online” (come ad esempio Mymuesly e Naturabox). La “disruption” è pertanto prossima. Ma da dove cominciare?
Quattro aree di disruption stanno portando profondi cambiamenti nel largo consumo. Roland Berger ha condotto uno studio sui i nuovi modelli di business  digitali  che  si affermeranno  nei  prossimi anni. Lo ha fatto andando a selezione le top 100 più promettenti startup Fast Mover Consumer Goods in tutto il mondo, che ridifineranno pertanto le abitudini consumo dei prossimi anni. Da tale ricerca sono emerse 4 principali aree di disruption che stanno già influenzando, e lo saranno sempre di più, il futuro delle aziende di produzione di beni di largo consumo.

L'intero articolo su Mark Up n. 254

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