La filiera del riso chiede correttivi alle importazioni agevolate dall’Asia

I Paesi europei produttori di riso si sono riuniti a Milano e hanno elaborato una piattaforma comune da sottoporre alla Commissione Europea per risolvere il problema delle importazioni extra UE

Milano capitale del cibo sostenibile. I rappresentati europei della filiera del riso (provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria) vi si sono riuniti per elaborare una piattaforma comune da presentare ai rispettivi Ministeri dell’Agricoltura. L’obiettivo è la apertura di un tavolo con la Commissione Europea per la revisione delle norme vigenti sulla importazione di riso dagli Stati extra comunitari.

La produzione europea di riso ammonta a 1,8 milioni di tonnellate annue per un fatturato annuo di circa 3 miliardi di euro. L’Italia è il maggior produttore di riso con i suoi 234 mila ettari coltivati a riso, 4.265 aziende risicole, 100 industrie risiere per un fatturato annuo di 1 miliardo di euro

La filiera europea del riso protesta contro la abolizione dei dazi sulla importazione di riso dai Paesi Meno Avanzati - PMA (come Cambogia, Myanmar ed altri) voluta dalla Commissione europea nel 2009. Questa liberalizzazione ha portato a un forte afflusso di riso asiatico che ha determinato una grave riduzione della produzione europea di riso del tipo Indica ed al calo significativo delle quotazioni di mercato. Oggi il consumo UE di riso è coperto per il 50% da prodotto di importazione che per i 2/3 non paga i dazi di importazione. Le rappresentanze dei produttori e dei trasformatori di riso hanno così elaborato le loro richieste da sottoporre alla Commissione Europea sintetizzate in cinque punti.

Primo punto, il settore chiede il riconoscimento della qualifica di “sensibilità” per il comparto riso, cosa che consentirebbe di non applicare concessioni alle importazioni da Paesi extra comunitari. Secondo. È richiesta la rimozione degli ostacoli, veri o presunti, che impediscono l’effettiva applicazione della “clausola di salvaguardia” nei confronti delle importazioni dai Paesi Meno Avanzati. Su questo punto i partecipanti al forum e L’Ente Nazionali Risi sono concordi nel sostenere che l’attuale clausola di salvaguardia di fatto non è applicabile in quanto richiede un iter burocratico troppo complesso e il verificarsi di condizioni considerate illogiche e non realistiche. Terza richiesta. La fissazione di regole reciproche sia tra gli Stati membri dell’UE sia tra i gli Stati membri dell’UE e i Paesi Terzi, sia in ambito fitosanitario sia in ambito commerciale, al fine di favorire un mercato trasparente nel rispetto dei diritti sociali e dei lavoratori. Quarto. Il mantenimento della qualifica di “specificità” del settore riso nell’ambito della prossima pianificazione della Politica Agricola Comune. Una specificità che significa anche un’importante ricaduta in termini tutela del territorio dove sono presenti le coltivazioni di riso e di tutela delle “culture” umane che da secoli si sono sviluppati intono al riso. Quinto. L’attuazione di campagne promozionali finanziate con fondi comunitari per incrementare il consumo di riso coltivato nell’Unione Europea.

Conferenza stampa 1“Negli anni scorsi era solo l’Italia a protestare -spiega Paolo Carrà, Presidente dell’Ente Nazionale Risi-, ma con l’incontro di Milano è stato creato un fronte compatto di tutti i Paesi europei che producono riso e la Commissione non potrà non ascoltare. La cosiddetta liberalizzazione dei dazi non ha certo favorito i produttori asiatici bensì le multinazionali asiatiche che sfruttano i Paesi più poveri aprendo in loco stabilimenti di trasformazione. Abbiamo già chiesto al Ministro Martina, che da tempo ha mostrato sensibilità verso questo problema, di farsi portavoce delle istanze del settore presso le competenti sedi europee. Del resto è stata Bruxelles a creare il problema, concedendo unilateralmente dei vantaggi di importazione ad alcuni Paesi asiatici, adesso dovrebbe essere la stessa unione Europea a porvi rimedio in qualche modo”.

Entro novembre di quest’anno la Commissione Europea sarà chiamata a redigere una relazione sugli impatti derivanti dalla importazione di risi dai Paesi Extra UE, quella potrebbe essere l’occasione per rivedere il quadro normativo di riferimento e per introdurre i correttivi necessari

“Con la piattaforma comune elaborata a Milano -dichiara Salvador Loring, vice presidente di Uniade (Associazione delle industrie risiere spagnole)-, non stiamo certo proponendo una politica protezionista ma una presa d’atto della realtà. Cosa succederà in Europa se i Paesi che oggi esportano verso l’UE dovessero trovare altri mercati o limitare le esportazioni per diverse ragioni? Se tutto ciò avverrà, considerata l’inevitabile riduzione della superficie europea a causa della perdita di redditività della coltura, si ridurrà la disponibilità di prodotto europeo, arrivando a creare perfino un problema di food security”. E Giuseppe Ferraris, presidente del Gruppo di lavoro Riso al Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea (Copa-Cogeca) così afferma: “La riunione di Milano tra Paesi produttori e Ministeri di competenza certamente spingerà la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE ad intervenire per assicurare un futuro alla risicoltura comunitaria e questo ci consente di essere più ottimisti”. “Tra le proposte elaborate -conclude Paolo Carrà-, una delle più importanti è la richiesta di campagne promozionali per sostenere i consumi di riso europeo: un buon modo per rispondere all’importazione e sostenere le coltivazioni di qualità”.

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