La posizione di Federdistribuzione: “Colpiti per la nostra virtuosità”

Versione integrale pubblicata su Mark Up 236 gennaio-febbraio

Il reverse charge relativo alla gdo rappresenta l’ennesima stangata al nostro settore. Con effetti negativi che si cumulano a quelli dell’art. 62 sui termini di pagamento. L’aspetto paradossale è che la gdo è colpita proprio per la sua virtuosità e la sensazione è quella di essere il “bancomat del Governo”.

Quale potrebbe essere l’impatto? Federdistribuzione si è mossa subito per contrastare questa misura, conscia dei forti impatti. In primo luogo va sottolineato che non riguarderebbe solo la gdo, ma anche l’industria, l’ingrosso e tutti i soggetti che hanno relazioni commerciali con realtà economiche classificate in base ai tre codici Ateco di iper, super e discount. In seconda battuta va riportato un fatto estremamente rilevante: gli effetti del reverse charge (previsto dalla Legge di Stabilità per 4 anni) sulle imprese distributive sono di due tipi, uno finanziario/economico e uno operativo. Il primo è molto diversificato in base alla struttura societaria, penalizzando imprese che hanno centrali d’acquisto che (senza i codici Ateco di iper, super e discount coinvolti dal reverse charge), comprano i prodotti dall’industria e li rivendono ai propri associati (che hanno uno dei 3 specifici codici Ateco), rispetto ad aziende che comprano direttamente. In questo modo si potrebbe creare una discriminazione tra operatori dello stesso settore. Senza considerare che questa norma non si applica a chi opera solo con pdv inferiori ai 400 mq e al dettaglio tradizionale.

Una prima stima (fatta sull’acquisto di prodotti per la vendita) porta a dire che il reverse charge, tenuto conto delle due tipologie citate, potrebbe coinvolgere il primo anno oltre 3,5 miliardi di liquidità per la gdo; liquidità, che verrebbe sottratta alla disponibilità dell’impresa, con un conseguente costo di finanziamento di oltre 110 milioni annui, oltre il 33% dell’utile complessivo generato dalla gdo nel 2013. Poiché in taluni casi relativi alle attività di centrali d’acquisto l’Iva anticipata dalla gdo allo Stato viene restituita solo dopo 2 anni, questi importi sono destinati a crescere dal secondo anno (con un costo totale che diventa di circa 200 mio €) per poi annullarsi al termine del periodo di vigenza del reverse charge. Si può quindi affermare che il reverse charge incide su una liquidità media per anno di 4 miliardi e genera un costo complessivo di finanziamento nel periodo di applicazione di oltre 750 mio €. C’è però un secondo effetto molto rilevante dal punto di vista dei costi, non ancora quantificabile, ma in grado, insieme al primo, di mettere in ginocchio le imprese più esposte. Riguarda l’attività amministrativa di gestione delle fatture e di pagamento dell’Iva che richiederebbe importanti investimenti informatici e che comporta anche l’assunzione dei rischi fiscali relativi alle operazioni che la gdo dovrebbe svolgere nell’identificare l’Iva corretta per decine di migliaia di prodotti, azione ora di competenza di singoli fornitori con portafogli al massimo con decine di prodotti.

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