La sfida dei talenti

Percorsi di crescita personalizzati, linguaggio adeguato, centralità della persona: sono alcuni elementi da mettere in campo per attrarre e valorizzare le giovani promesse (da Mark p n. 270)

Non è solo una questione di tecnologie. Se la digitalizzazione è senza dubbio un must per le aziende di tutti i settori e tipologie che vogliono restare competitive, la sfida non può essere giocata solo sul terreno degli hardware e dei software. La diffusa disponibilità dell’It fa sì che a fare davvero la differenza siano in realtà le persone presenti in azienda, che devono essere capaci di valorizzare le infrastrutture esistenti non solo da un punto di vista tecnico, ma anche strategico. Un discorso che riguarda aziende del retail e dell’industria.

Gioia Ferrario, hr director di Boston Consulting Group Igt (Italia, Grecia, Turchia), offre una panoramica delle strade seguite per individuare i talenti. “Per capire i giovani si deve usare il loro linguaggio: per questo li ingaggiamo attraverso i social e le competizioni online, senza dimenticarci di incontrarli e di ascoltarli anche dal vivo. Dopo averli selezionati -spiega- li aiutiamo a crescere e a sviluppare le capacità fondamentali per diventare i leader di domani: visione strategica, sensibilità di business, capacità di strutturare pensieri complessi, ma anche innovazione, creatività, propensione al rischio uniti ad abilità di lavorare in team, empatia e una buona dose di umiltà”.

Le aziende italiane su questo terreno devono fare i conti con la minore attrattività rispetto a piazze come Dubai, Londra e New York. Le dinamiche diventano globali e oggi occorre fare i conti con modelli organizzativi meno gerarchici. “Gestiamo la voglia che hanno i giovani di crescere fornendo loro feedback continui, facendo loro capire quali sono le loro aree di forza ma anche identificando chiaramente quali sono i punti su cui devono migliorare: la trasparenza e la valutazione del loro potenziale è il migliore strumento per gestire l’ansia di crescita che hanno soprattutto le nuove generazioni”, annota Ferrario. Che cita, tra le azioni di sviluppo Training, Mentors & Buddies. “Siamo molto vicini ai nostri colleghi aiutandoli nella loro crescita, non solo con strumenti manageriali e percorsi di formazione strutturata, ma anche con un programma di affiancamento continuo da parte di colleghi più senior. Questo approccio consente loro di apprendere dall’esperienza dei colleghi i trucchi del mestiere”. E cita anche Pto-Predictability, Timing and Open Communication, iniziativa che Bcg ha sviluppato insieme al professor Leslie Perlow di Harvard Business School volta a favorire un Work-Life Balance sostenibile. “I talenti si muovono su metodi di recruiting innovativi. Maggiori sono le informazioni pubblicate in rete, maggiori sono le possibilità di attrarli”, analizza Christian Vasino, ceo e fondatore Chaberton Partners, con un passato come direttore risorse umane di gruppo per Adecco e Pirelli. “È fondamentale usare i social network per diffondere gli annunci di lavoro, oppure la cosiddetta gamification, ovvero il lancio di contest ludici a neolaureati o nelle università per testare le loro capacità in un contesto che simula quello lavorativo”. Grazie ai big data e all’uso degli algoritmi predittivi sarà possibile a breve ottenere tramite i dati del candidato, il percorso di carriera a lui più indicato. “Quando parliamo di talenti stiamo generalmente parlando della generazione dei Millennials, una generazione che si differenzia totalmente dalla precedente per quanto concerne la mission lavorativa”, ricorda Vasino. “Oggi i giovani vogliono lavorare per qualcosa che li faccia sentire parte integrante della società e del mondo, vogliono essere partecipi di qualcosa di costruttivo.

È questo il concetto base da cui occorre partire per stabilire come attrarre e mantenere il talento: in un contesto lavorativo altamente concorrenziale, in cui i candidati sono spesso molti, ma pochi di questi con la giusta formazione, la prima cosa che l’azienda deve offrire è una fortissima brand identity. I talenti lavorano in aziende che diano un senso al lavoro svolto”. Un altro aspetto fondamentale è che l’azienda garantisca al talento l’employability, ovvero che lo sostenga in una crescita personale e professionale. Il concetto di base è quindi che, se l’azienda è stata capace di costruirsi un’immagine innovativa è il talento stesso che andrà dall’azienda.

Clara Bez, hr director di Kelly Services, inquadra il tema all’interno dell’evoluzione che sta caratterizzando la figura di responsabile risorse umane, co-responsabile ed artefice dello sviluppo strategico delle aziende. “Oggi avere una talent strategy è imprescindibile per la direzione hr, che deve essere allineata con gli obiettivi e la strategia di business aziendali. Occorre lavorare su tutti i canali per l’acquisizione e la retention dei talenti, dalla pianificazione di quali talenti acquisire lavorando con scuole ed università, e congiuntamente sul employer branding per attrarre anche le migliori professionalità sul mercato. È importante individuare con quali partner strategici collaborare sui vari fronti della talent supply chain, per individuare, oltre che i talenti da acquisire, anche di quali liberi professionisti l’azienda si potrà avvalere per soddisfare i propri bisogni di competenze, e non ultimo investire sulla crescita interna”. Tra gli strumenti da utilizzare Bez segnala i big data, che “Possono essere utilizzati in maniera predittiva per capire come dovrà essere composta in futuro la propria forza lavoro per non perdere competitività, oppure per individuare le competenze mancanti in azienda”. Quanto agli errori da evitare, al primo posto indica la conduzione del processo di selezione “In modo poco preciso e attento, il che comporta un allungamento dei tempi e un incremento dei costi. Il valore aggiunto del settore resta il capitale umano e di relazione con clienti e candidati, che ogni giorno vengono messi in contatto dalle persone che lavorano presso le agenzie per il lavoro”.

Un giro d’orizzonte tra le aziende consente di ricavare un quadro molto diversificato di opzioni in campo. Il general manager di Granarolo Filippo Marchi, ricorda che “L’innovazione può venire da chiunque e - se è vera innovazione e porta dei risparmi o al lancio di un nuovo prodotto - deve essere premiata”. La priorità per l’azienda, sottolinea, è “Comprendere gli insight dei consumatori e avere una chiara comprensione dei trend attraverso procedure serrate di gestione del processo di innovazione”. Di conseguenza, “Lo spunto per innovare può nascere non soltanto da chi si occupa di ricerca di mestiere, ma anche da talenti interni”. Per questo Granarolo da tempo porta avanti il progetto Archimede, che mira a raccogliere contributi da chiunque in azienda abbia un’idea utile per migliorare i processi, ottimizzare un sistema di produzione o entrare nel mercato con un nuovo prodotto. Granarolo inoltre sta per lanciare AgroFood Business Innovation Center con l’obiettivo di costituire un polo per l’accelerazione di promettenti start-up lungo tutta la filiera alimentare.

Lorenzo Sarvello, managing director di Brita Italia, ricorda una celebre frase di Seneca: “La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”. Lo fa per ricordare che il tema del talento e la necessità di sua riconoscibilità non nasce oggi. “Per riuscire a individuare un talento, all’interno o all’esterno dell’azienda, è quindi necessario conoscere d’un lato le sue performance, dall’altro il suo potenziale ancora inespresso. Il talento, così articolato, si riconosce anche nella dimensione più collettiva del team di lavoro, in cui è fondamentale che ciascun talento, ognuno con le proprie specificità, si senta parte integrante di un common goal. Un’esecuzione singola può creare musica, ma solo un’orchestra è in grado di produrre una sinfonia”. Le strategie messe in atto da Brita Italia sono molteplici. “Il primo approccio -risponde Servello- consiste in una matrice, ‘Nine Box Matrix’, che mettendo in relazione potenziale e performance di un talento, è in grado di classificare competenze e attitudini dei singoli. Il secondo, chiamato ‘Employee Performance and Development Plan’, traduce tale analisi in un percorso di sviluppo mirato”.

Clemente Perrone, chief human resources & organization officer del gruppo Sirti, segnala l’impegno della sua divisione in una duplice direzione: “L’individuazione del talento sia sul mercato, che al nostro interno, attraverso il processo di performance appraisal”. Tre le priorità seguite dall’azienda tlc per individuare chi può aiutare l’organizzazione a fare la differenza: “Performance, organization, people. Sul primo fronte abbiamo rafforzato il modello di appraisal, puntando alla valutazione sia del grado di raggiungimento dei target individuali (il cosa) che dell’allineamento ai valori del Gruppo (il come). In questo modo massimizziamo l’efficacia del processo di identificazione del talento”. Sul fronte organizzazione Sirti sta ridisegnando i propri processi chiave, con particolare attenzione alle metriche in grado di definirne misure di efficacia e sostenibilità. Infine nell’ambito delle persone è ridefinito il modello di leadership, “Identificando skill e comportamenti in linea con i nostri valori e l’approccio al business necessario per conseguire i target di piano. In questo alleniamo i talenti nel sistema valoriale del gruppo”, aggiunge.

Stefania Monini, direttore risorse umane e organizzazione di Cir food, sottolinea l’importanza della programmazione, anche in ottica di integrazione dei talenti nella struttura esistente. “Inserire una persona con ottime qualità generali, ma non in linea con la cultura o con i valori aziendali, non solo non offre vantaggi, ma rischia di diventare un boomerang.” Qual è il profilo-tipo del talento? “Una persona che si adatta rapidamente al cambiamento, impara velocemente, accetta la sfida come stimolo alla crescita, si propone per assumere responsabilità crescenti, ispira gli altri a superare i propri limiti”, risponde Morini. Nei mesi scorsi Cir food ha ideato il progetto We4Future, un programma biennale che coniuga azioni di apprendimento con azioni gestionali mirate, quali job rotation, job shadowing, esperienze all’estero.

Elisabetta Cremonini, direttore hr e Ad dell’Accademia Olitalia, racconta. “Cerchiamo persone che condividono in primis i nostri valori, persone dinamiche e curiose che sappiano sognare e trasformare i sogni in progetti. Usiamo le piattaforme social talent search come Linkedin (25% delle ricerche), gli head hunter (15%) per figure particolarmente strategiche, ma la metodologia per noi più efficace è la diffusione della nostra cultura, un tempo l’avremmo chiamata passaparola. Il 60% delle autocandidature di peso arriva tramite qualcuno che conosce bene la nostra realtà”. Luca Gatti, responsabile risorse umane di Marazzi, sottolinea gli investimenti in formazione e sviluppo “Finalizzati allo sviluppo delle competenze chiave ed al miglioramento delle performance individuali”. Quindi spiega: “Ricerchiamo talenti che abbiano buona padronanza della lingua inglese nonché visione sistemica, atteggiamento proattivo, spirito di iniziativa ed eventuale disponibilità alla mobilità nazionale e internazionale”. Quanto alle strategie messe in campo, sottolinea che il focus è sui profili junior con alto potenziale da far crescere all’interno dell’azienda, con i colloqui di selezione che “Sono finalizzati all’individuazione principalmente delle soft skill che supportino il futuro dipendente in un percorso di crescita, di cambiamento e di formazione continua”.

Singolare è l’esperienza di Supermercato24, due uffici (a Milano e Verona)e numerosi lavoratori in remoto. Spiega l’Ad Federico Sargenti “La nostra strategia consiste nel ricercare talenti utilizzando risorse e tool di selezione diversi, dalle piattaforme di eRecruitment più comuni, come LinkedIn, a quelle più specializzate. Puntiamo in primo luogo su persone con una precedente esperienza in ambito corporate: questo ci consente di integrare esperienze rilevanti, spesso sviluppate in grandi aziende internazionali, con un approccio imprenditoriale innovativo e coraggioso”.

All’interno di Crai, racconta Monica Purificato, direzione risorse umane, viene seguita una strategia basata sulla coerenza tra organizzazione e strategie aziendali e sulla scelta di figure che abbiano dei curricula professionalmente ricchi, ma completi anche di adeguate soft skill. “Il presupposto che ne deriva è che tutte le figure in azienda siano, almeno potenzialmente, già dotate di caratteristiche di alto potenziale e che potranno, anche in misura e/o modi differenti, contribuire alla crescita dell’azienda”. Per valorizzare il talento l’azienda punta sulla formazione continua “Che lavori sia sulla professionalità che sulla motivazione”.

Sulla crescita dei co-worker punta la Ikea Talent Focus Week, un evento mondiale che coinvolge tutti i Paesi e le unità del gruppo svedese per una settimana, durante la quale oltre 150mila dipendenti sono chiamati a partecipare e a mettersi in luce. “Ai manager va il compito di individuare i punti di forza di ciascuno, assegnare la giusta formazione e assicurarsi che i co-worker abbiano il massimo delle opportunità per sviluppare il proprio talento”, spiega la country hr manager Italia Renata Duretti. “Per questo organizziamo workshop, conferenze e tavole rotonde tra colleghi di diverse funzioni, per scoprire le opportunità”.

Attraverso CoopAcademy, Nova Coop propone percorsi di formazione e di co-progettazione su varie tematiche, come economia circolare, economia collaborativa, ricerca e gestione di fondi e innovazione sociale. “Puntiamo a far incontrare e mettere a disposizione delle generazioni più giovani, in ingresso nel mondo dell’università e del lavoro, le nostre esperienze e le modalità di lavoro tipiche della cooperazione -spiega il direttore politiche sociali e relazioni esterne di Nova Coop Silvio Ambrogio. -Nella cooperativa ci sono attività interne per intercettare i talenti come seminari o gli assesment, verso l’esterno, oltre ai normali processi di selezione e formazione del personale, abbiamo attivato alcuni progetti rivolti ai giovani dei territori con il fine di diffondere la cultura operativa e le nuove generazioni e promuovere il protagonismo giovanile e l’autoimprenditorialità dei talenti”, aggiunge Alessandro Messina, responsabile di zona e coordinatore del progetto Coop Academy. “CoopAcademy è un incubatore di talenti”.

Infine Simona D’Altorio, è direttore risorse umane Metro Italia, “Per noi è indispensabile che i talenti abbiamo un buon fit culturale con l’azienda e quindi con i nostri principi guida, ossia i valori a cui Metro Italia si ispira, ed il purpose, il nostro perché. Cerchiamo persone che sappiano e vogliano sfidare lo “status quo”, che amino l’innovazione, che sappiano ispirare i loro team, per guardare al futuro, pensando fuori dagli schemi”. Da queste considerazioni parte la strategia, che oltre a una serie di career day presso università e master, si estrinseca con le Metro Academy, sei sul territorio, per formare il personale.

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