La tecnologia corre più del legislatore che la regola

Nelle pagine di Mark Up spesso si dibatte e si racconta di come le tecnologie digitali stiano cambiando il mondo, osservando il fenomeno dal lato del consumatore. Questo è senza dubbio un buon punto di vista in quanto, mai come in questa epoca, il concetto di consumatore sormonta e condiziona quello di persona. La prova si può avere osservando con attenzione quali nuovi concetti sono formulati e coniati per misurare e capire la realtà. Uno di questi è quello di customer journey con il quale si considera tutto il percorso dell’utente dal momento in cui coglie l’esistenza di un prodotto/servizio fino all’istante in cui il consumatore ne chiude l’esperienza. Estendendo questo concetto al limite è possibile rappresentare in un diagramma servizio/prodotto - tempo la vita reale (nel mondo fisico) del consumatore attuale. Dal momento in cui si sveglia al mattino a quello in cui si corica attiva numerosi customer path, spesso consecutivi o sovrapposti che ne permeano la giornata.

Con la pervasività della rete e dell’always on (sempre connessi al Internet e geolocalizzati) si è creato però un fenomeno nuovo: le barriere di spazio e tempo sono cadute e il consumatore è libero di connettersi e interagire con un brand in qualsiasi istante. Non solo. L’attività di acquisto di beni e servizi sta progressivamente diventando un “background process”. Il consumatore (e quindi la persona) durante la sua giornata assume sempre più una condotta per la quale lo shopping diventa un’attività quasi neurovegetativa, si inserisce nella vita come respirare: si acquista consapevoli ma si arriva in quella fase senza una progettualità. Un esempio di questo trend? Si è partiti dalle email commerciali che oggi ci raggiungono (spesso con notifica) nello smartphone in qualsiasi ora del giorno all’iWatch che, grazie ad apposite App come quelle di eBay, è in grado di “dare gli acquisti possibili” come un orologio “dà l’ora”.

Il consumatore tecnologico sta quindi rischiando di assimilare lo shopping come processo sempre attivo e in background. A questo fenomeno se ne aggiunge un altro ancor più complesso e di difficile interpretazione. Lo smartphone oggi e ancor di più domani la tecnologia wearable, costruiscono un avatar commerciale del consumatore con una definizione “atomica”. Spostamenti, abitudini, gusti, incertezze (si misura anche l’abbandono della pagina e Amazon formula proposte basate anche su questa fenomeno), conoscenze, conversazioni e altri dettagli, stanno costruendo la controparte digitale dell’individuo. Con il dettaglio che tale avatar è di proprietà altrui. Per accorgersi del fenomeno è sufficiente avere la pazienza di leggere con attenzione le condizioni che il consumatore è chiamato ad accettare nel momento in cui scarica e attiva una delle app gratuite che costituiscono il paradiso artificiale del software. Tutto, disponibile immediatamente e gratis. Ma non è gratis.

Non appena l’app si attiva inizia a produrre la miniera d’oro dei dati individuali che il produttore della stessa App saprà valorizzare in una seconda fase vendendoli. I dati individuali, inseriti in un contesto esperienziale sempre più mixato tra realtà fisica e digitale, hanno potenzialità di influenzare il consumatore in ampia misura. Difficile prevederne il limite. Tuttavia questo mondo “ombra” di dati sta crescendo a dismisura. Un enorme problema è legato al fatto che il legislatore è molto più indietro delle tecnologie e non solo non interviene per regolare il presente ma ancor meno può contare su una vision per regolare il futuro. La legge prevede che il consumatore deve accettare i termini e le condizioni posti dal produttore di un software quando decide di avvalersi dei servizi per cui tale software è programmato. Tuttavia il concetto di consapevolezza delle concessioni che il consumatore sottoscrive al produttore del software è ancora ignoto. Non solo. Alcuni servizi richiedono l’accettazione da parte del consumatore al fatto che il fornitore possa cambiare le condizioni stesse senza avere la responsabilità di informare il consumatore. Non è un cortocircuito: semplicemente si dice al consumatore che è sua responsabilità tenersi informato circa l’utilizzo dei suoi dati.

Uno dei problemi che sta emergendo in modo sempre più pressante è come conservare, proteggere e rendere inviolabili i contenitori dei dati personali. Gli avvenimenti recenti dimostrano come nessuno è al sicuro neppure gli stati con le proprie forze armate che spesso vedono violati i vari account da organizzazioni illegali. Il motivo per cui tutto ciò accade è nel fatto che i sistemi di protezione dei server e del cloud sono concettualmente obsoleti. In altre parole una rete costruita per essere aperta e per garantire la veicolazione dei dati anche in caso di disastro dei suoi nodi (così è stata pensata Internet) non può essere blindata con sistemi convenzionali. Sull’argomento si inizia a dibattere e una recente intervista rilasciata da Craig Mundie mette a fuoco il problema. Craig Mundie è l’ex Chief Research and Strategy Officer di Microsoft e recentemente ha rilasciato un intervista per il sito Ovo.com nel quale dichiara che gli attuali sistemi di protezione dei dati sono medievali. Seocondo Mundie occorre cambiare sistema, passare da una logica statica a una dinamica dove i computer nella rete si possano organizzare con sistemi di intelligenza artificiale e modelli comportamentali per scoprire in anticipo azioni e manovre insolite, fraudolente, inopportune.

Indubbiamente l’opinione di Craig Mundie è logicamente ineccepibile. Serve un approccio dinamico e proattivo perché nessuna protezione è tanto robusta da resistere ad un attacco studiato con dettaglio. Tuttavia, tale passo in avanti comporta un cambiamento epocale di Internet: si comincerebbe a rendere la rete reattiva, non consapevole (ma è solo questione di tempo) ma sicuramente adattiva. Immaginare le conseguenza di tutto ciò per il consumatore (quindi per la persona) su ampia scala non è semplice. Ma immaginare dei servizi che abbiano nei termini e nelle condizioni (che il consumatore accetta senza consapevolezza) la possibilità di costruire sub-internet per quell’individuo limitandone lo spazio di manovra interattivo, è un passo non impossibile con pesanti ripercussioni sui comportamenti. Inoltre una rete che diventa reattiva desta qualche suggestione non piacevole anche perché come detto, il legislatore brancola. Come si dice spesso la realtà supera spesso la fantasia e quest’ultima, in questo ambito è spesso catastrofica. Consumatore avvisato...

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