Le insidie del trattato Ttip nel settore delle carni

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A Verona, l'ultima tappa del Roadshow di Eurocarne che ha toccato Legnaro (Padova), Reggio Emilia e Milano e che proietta il comparto verso l'omonima fiera, la più importante del settore in programma il 10-13 maggio 2015, si è parlato di Ttip e del suo impatto sullo specifico settore delle carni, in particolare quelle avicunicole. "Se, come temiamo, il negoziato sul libero scambio con gli Stati Uniti porterà ad un’apertura nei confronti delle importazione avicole -dichiara Lara Sanfrancesco, direttore generale di Unaitalia l'associazione dei produttori che raccoglie il 95% della produzione- vogliamo la sicurezza dalla Commissione europea che il prodotto importato rispetti gli standard comunitari in termini di biosicurezza, benessere animale, divieto nell’utilizzo di sostanze chimiche, a tutela in particolare della filiera avicola italiana". "Per contrastare i pericoli del Ttip -spiega Lara Sanfrancesco- stiamo lavorando per far emergere i valori della filiera avicola italiana, anche attraverso l’etichettatura; solo così potremo difendere l’autosufficienza produttiva e tutelare le caratteristiche del Made in Italy che rendono il prodotto sicuro e rispettoso di standard produttivi elevati. Altrimenti il rischio è che l’avicoltura italiana non sia più competitiva in caso di importazioni dagli Stati Uniti».

L'insidia sta nelle leggi a livello europeo non rispettate negli Usa
Le minacce sono di due ordini. "L’utilizzo negli Stati Uniti di antibiotici promotori della crescita e l’impiego di decontaminanti come il cloro per abbattere eventuali agenti patogeni -specifica Sanfrancesco-. Entrambe le procedure sono vietate nell’Unione europea". Altri rischi, inoltre, sono di ordine economico, perché: "I costi di produzione in Italia sono molto più elevati, anche per garantire una tracciabilità della filiera che risponde ai massimi requisiti di sicurezza alimentare".

Carne avicola consumi in aumento
Nel corso degli anni i consumi di carne avicola sono aumentati in maniera considerevole, passando da 1,5 chilogrammi pro capite annui negli anni Cinquanta agli attuali 19,30 chili e le prospettive sono di un’ulteriore crescita nel medio-lungo periodo, tanto che nel 2050 quella avicola sarà la carne più consumata al mondo.
L’evoluzione dei consumi, prosegue il direttore generale di Unaitalia, ha registrato modifiche anche sul fronte degli acquisti. «Fino agli anni Ottanta si consumava solo il pollo intero, mentre oggi il trend si è invertito e il consumatore predilige le singole parti: la coscia, il petto, le ali, la sovra-coscia, grazie anche all’evoluzione delle tecnologie e all’estro tipico del Made in Italy, che ha portato ad avere prodotti ad alto contenuto di servizio".

Forte concorrenza a livello europeo
L’Italia si colloca al sesto posto in termini di produzione, dopo Polonia (2.372.000 tons), Francia (1.872.000 tons), Germania (1.708.000 tons), Inghilterra (1.606.000 tons) e Spagna (1.299.000 tons).

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