L’equazione errata del non food

Gli opinionisti di Mark Up: Daniele Cazzani, newmarketingretail.com

Dopo gli iper la crisi del non food tocca ora le grande superfici specializzate, come testimoniano le recenti cronache economiche. Si è soliti imputare quanto accade al combinato disposto della crisi dei consumi e all’avanzata dell’eCommerce. Come spesso capita alle risposte semplici per problemi complessi, si tratta di un’equazione errata. Partiamo dal calo dei consumi. Più che un dato, una fake news. In realtà, come dimostrano i dati annualmente diffusi dall’Osservatorio NonFood di Gs1, i consumi non alimentari sono cresciuti nell’ultimo decennio. La realtà è che il retail tradizionale, in primis gli iper quindi le gss, non hanno saputo leggere la modificazione del portfolio di consumi non food, continuando invece a combattere una battaglia a suon di promozioni su un fetta sempre più piccola della torta. La crescita dell’eCommerce è invece un fatto, ma la realtà è che spesso e volentieri la sua quota risulta ancora inferiore ai dieci punti percentuali. Ancora una volta la risposta del retail tradizionale a questa minaccia non è stata quella di attrezzarsi per definire una propria strategia multichannel, quanto rispondere inflazionando gli assortimenti e accelerando su un insensato sviluppo delle reti. Anche in questo caso l’effetto è stato quello di erodere i propri margini e fare esplodere i costi fissi.
Cosa dovrebbe fare ora i retailer nei propri negozi?
Semplice: offrire reale convenienza (value for money), assortimenti leggibili, negozi strutturati come spazi attorno a domande (non come contenitori di prodotti), investire sul personale di negozio, proporre servizi (aftersale), costruire relazioni con un Crm dedicato. In sintesi ascoltare, finalmente, i propri clienti.

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