Liberalizzazioni, la Consulta chiude la vicenda degli orari

Urbanistica, Real Estate & CCI – Con la sentenza n. 299 del 19/12/2012 la Corte Costituzionale ha scritto la parola 'fine' alla vicenda delle aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali e alla loro possibilità di restare aperti 24 ore su 24. (da MARKUP 217)

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Tutto era iniziato con la conversione in legge (la 214 del 29/12/2011) del DL 201 del 5/12/2011 che prevedeva, al primo comma dell'articolo 31, la liberalizzazione di aperture e orari dei negozi in tutte le giornate della settimana e in tutte le ore della giornata. Lo svolgimento dell'attività di vendita non poteva più essere disciplinato sotto il profilo temporale dagli indirizzi regionali e dalle delibere comunali, ma veniva interamente affidato alla libera scelta dell'imprenditore. A sostegno di tale decisione, il governo Monti portava il diritto dello Stato di intervenire in materia di concorrenza e, di conseguenza, di rimuovere, laddove esistenti, pregiudizi all'assetto concorrenziale del mercato.

I ricorsi delle Regioni
Come risposta a tale rivendicazione di accentramento governativo, sono fioccati i ricorsi ai Tar da parte di Comuni e Regioni, ma gli organismi della Giustizia amministrativa furono concordi in tutto il territorio nazionale nel ritenere il provvedimento governativo non solo conforme, ma giustificato, e respinsero tutte le istanze di sospensiva e di annullamento delle nuove disposizioni. Anche il Consiglio di Stato restò fermo su tale orientamento, di fronte agli appelli proposti.
Alle Regioni non restò che la via dell'impugnativa della nuova norma di fronte alla Corte Costituzionale. Otto di esse, le più importanti sotto il profilo dell'offerta commerciale (fra le quali Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana, Veneto) richiesero in modo esplicito un pronunciamento di illegittimità costituzionale del DL 201/2011 alla Suprema Corte. Nella diversità delle motivazioni (ogni Regione ha proposto un proprio ricorso) il filone giuridico che le unificava era sostanzialmente: la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il titolo V della Costituzione, ha attribuito alla Regione la competenza in forma "esclusiva" nella legislazione del commercio. L'intervento governativo, calato dall'alto e immediatamente applicabile sull'intero territorio comunale, aveva di fatto soverchiato e reso nulle le molteplici discipline definite a livello territoriale, privando le Regioni di esercitare una facoltà ad esse attribuita in modo esclusivo regolamentando gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali.

La risposta della Consulta
Nel dichiarare non accoglibile nessuno dei ricorsi presentati dalle Regioni, la Corte Costituzionale ha sottolineato nuovamente, come aveva già fatto in precedenti pronunciamenti, che l'inserimento della disciplina degli orari degli esercizi commerciali nella materia commercio non può determinare un vulnus alla tutela della concorrenza di cui all'articolo 117 della

Costituzione.
La tutela della concorrenza, ad avviso della Corte, si manifesta in più modi, tra i quali quello della promozione della concorrenza nell'ambito dei sistemi economici e dei mercati e pertanto la natura delle nuove disposizioni rientra pienamente in questo ambito in quanto si propone una più ampia liberalizzazione, l'innalzamento degli standard di servizio al consumatore, un accrescimento dei consumi, agevolando l'accesso ai beni di consumo.

Allegati

217_Cci-Straolzini-liberalizzazioni

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